Non posso che confermare quanto Michele (che non conosco) scrive. Abbiamo la fortuna di vivere in Israele. I miei figli sono iscritti in varie scuole “americane”. Al momento dell’iscrizione ci e’ stato chiesto di firmare un modulo con il quale ci impegnavamo a non avere la televisione in casa, no internet, casherut, zniuth, etc. Ho firmato senza problemi perche’ condividiamo queste regole: nessuno ci ha obbligato e se non fossimo stati d’accordo, saremmo andati in un’altra scuola.
Molte (se non tutte) scuole religiose in Israele hanno tali regole, piu’ o meno simili. L’impegno (scritto) dei genitori a seguire queste regole ci garantisce che i nostri figli, se invitati dai compagni di scuola, non si troveranno in famiglie il cui stile di vita non corrisponde ai nostri valori. Non e’ razzismo, e’ solo una riaffermazione del dovere/diritto di un genitore di educare i propri figli nel modo che ritiene giusto e secondo la Tora’. Nessuno criticherebbe un genitore che impedisce ai propri figli di frequentare altri ragazzi che fanno uso di droghe, alcool, rubano, etc., ed hanno uno stile di vita “criticabile”. Stesso concetto per noi che vogliamo educare i nostri figli al rispetto delle mitzvot.
Il problema sorge quando alcuni genitori non seguono le regole alle quali si sono impegnate. Io sarei il primo a richiedere che i loro figli fossero allontanati dalla scuola. Se questo accadesse, molto probabilmente queste persone griderebbero al razzismo!
Non stento a credere che in un piccolo insediamento come Emanuel, ove tutti si conoscono, alcune famiglie siano conosciute per il loro modo di vivere “non ortodosso” e che quindi i loro figli non siano graditi in una scuola di stretta osservanza religiosa.
Kol Tuv,
Livio