Scienza. Dal programma Dor Yeshorim nato per «prevenire e eliminare le malattie genetiche degli ebrei» ai test di compatibilità per le coppie: le idee dello scienziato George Church che evocano il rischio dell’eugenetica
Molte ragazze e ragazzi, nelle scuole e nelle sinagoghe di tutto il mondo, vengono sottoposti a test genetici da un’organizzazione che intende «prevenire e eliminare le malattie genetiche degli ebrei». Sembra una pratica risalente a tempi bui, invece è un’idea nata nella stessa comunità ebraica di New York e serve a proteggerla dalle malattie genetiche che tra gli ebrei aschenaziti hanno una particolare incidenza. Per esempio, la malattia di Tay-Sachs colpisce circa un neonato su 3600 distruggendone le cellule nervose. I bambini iniziano a mostrare i sintomi dopo pochi mesi di vita e difficilmente superano l’età infantile.
PER LIMITARE LA DIFFUSIONE della malattia tra gli ebrei, nel 1983 è nata l’iniziativa Dor Yeshorim. Funziona così: un ragazzo o una ragazza ebrea, a scuola o in sinagoga, si sottopone a un test genetico per sapere se è portatore del gene della Tay-Sachs e, in cambio, riceve un numero identificativo. Il risultato viene registrato in una banca dati ben custodita e rimane segreto anche a chi ha fatto il test. Quando una coppia intende sposarsi, può comunicare i numeri identificativi a un centralino e, se entrambi i coniugi sono positivi al test, vengono ricontattati da uno specialista. Altrimenti, ricevono tanti auguri. I casi di Tay-Sachs tra gli ebrei sono diminuiti anche grazie a programmi come Dor Yeshorin.
Il programma suscita molti dubbi. Come si fa a negare l’accesso al risultato del test allo stesso titolare dei geni? E cosa si fa con quei dati? E, visto che Dor Yeshorim non controlla solo la malattia di Tay-Sachs ma anche altre 15 patologie, chi decide quali e quante condizioni deve soddisfare una coppia prima di procreare in relativa sicurezza? Ma c’è anche chi pensa che il test genetico di compatibilità non debba essere riservato alla comunità ebraica o ad altre popolazioni a rischio e debba essere messo a disposizione di tutti.
È l’opinione, ad esempio, del genetista statunitense George Church, che ha appena annunciato in un’intervista televisiva alla Cbs la sua ultima invenzione: una start-up chiamata «digiD8». «D8» in inglese suona come «date», cioè «appuntamento». Infatti, digiD8 sarà un servizio commerciale dedicato alle coppie. Grazie a un test genetico, gli utenti del sito www.digid8.com (ancora in costruzione) potranno scoprire il grado di compatibilità genetica con un partner potenziale, cioè la probabilità di generare figli con mutazioni dannose. Per ora, sul sito compare solo uno slogan eloquente: «va bene affidarsi alla fortuna. Ma è meglio non dipendere da lei».
SERVIZI DEL GENERE pongono enormi interrogativi soprattutto dal punto di vista della privacy degli utenti. Ad alimentare le diffidenze è lo stesso George Church. Sessantacinquenne professore di biologia molecolare a Harvard, Church è uno dei genetisti più noti, vulcanici e controversi al mondo. Con più di cinquecento pubblicazioni all’attivo è stato protagonista di tutte le innovazioni decisive in campo genetico degli ultimi quarant’anni. Ha messo a punto la tecnica decisiva per sequenziare l’intero genoma umano (progetto realizzato nel 2003). In anni più recenti è stato tra gli scopritori della tecnica Crispr-Cas9 (insieme a Jennifer Doudna, Emmanuelle Charpentier e al suo allievo Feng Zhang), una rivoluzionaria metodologia per modificare il Dna nel modo e nel punto desiderato come fosse un testo scritto al computer.
DETIENE OLTRE CINQUANTA brevetti e dal suo laboratorio, in cui operano un centinaio di ricercatori, solo negli ultimi dieci anni sono nate una quarantina di start-up. Le sue ricerche si muovono al confine con la fantascienza e riguardano temi come la genetica spaziale, la de-estinzione e l’estinzione programmata delle specie, i trapianti tra animali e umani, il ringiovanimento delle cellule, la creazione di Dna artificiale. È uno degli scienziati che ha ricevuto finanziamenti dal miliardario pedofilo Jeffrey Epstein, ma è anche uno dei pochi che ha ammesso e chiesto scusa per il suo errore.
LE CELLULE USATE negli esperimenti sono spesso le sue: «è più etico che gli studenti facciano esperimenti sul loro capo, piuttosto che il contrario». Ha assunto un esperto di bioetica per esplorare tutte le implicazioni delle sue scoperte («più la tecnologia va veloce, più dobbiamo stare attenti») ma pensa che modificare geneticamente gli embrioni non sia un tabù persino per migliorarne l’intelligenza, se fosse possibile.
Quando vedrà la luce, digiD8 non sarà il primo servizio di test genetici online. Lo stesso Church collabora sin dalla sua fondazione con «23andMe», un analogo servizio messo in piedi da Google che, per meno di 200 dollari, fornisce la lista delle mutazioni genetiche potenzialmente patologiche di un individuo. Ma digiD8, in più, individuerà le coppie «adatte» e quelle «inadatte», a riprodursi con conseguenze sociali e culturali difficili da prevedere. È inevitabile che qualcuno tiri in ballo l’eugenetica.
LO HA FATTO la bioeticista statunitense Elizabeth Yuko, che al magazine The Daily Beast ha sottolineato i punti oscuri del progetto: «non è chiara la lista delle malattie che verranno controllate. Chi decide la lista o cosa sia ‘non desiderabile’?». Ma molti esperti dubitano dell’effettivo impatto di un progetto del genere, anche perché un test genetico come quello previsto da Church è ancora piuttosto costoso. «Se ci fosse una larga adesione, e personalmente sono molto scettica», ha detto alla rivista OneZero Giulia Cavaliere dell’università di Lancaster (Regno Unito), «potrebbe cambiare la composizione della popolazione. L’importante è garantire l’assistenza per chi vive con queste patologie e l’autonomia delle scelte di ciascuno in materia di riproduzione».
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