Visto il successo dell’articolo di Giorgio Berruto, siamo lieti di pubblicare un altro articolo arrivato alla redazione di Kolòt
Daniel Chaim
L’anno appena trascorso è stato segnato dalle importanti celebrazioni, per i cent’anni dalla scomparsa del Kaiser Franz Josef. Salito al trono nel 1848, il suo regno è durato per ben sessantotto anni. L’intero arco temporale che lo ha visto sul trono, è stato contrassegnato da grandi cambiamenti, non solo politici ma anche sociali. Non dobbiamo dimenticare che il ciclone napoleonico aveva stravolto gli equilibri europei. Il Congresso di Vienna aveva prodotto una vittoria. Questa vittoria era rappresentata dall’Impero Austriaco.
Purtroppo ancora oggi, complice una storiografia che non è mai andata a passo coi tempi, assistiamo ad una banalizzazione e demonizzazione, di quello che invece è stato l’unico impero sovranazionale ma soprattutto multiculturale che sia esistito.
Il Kaiser, definiva se stesso “il primo impiegato dello Stato”. Nonostante il rigido cerimoniale di corte e lo sfarzo che lo circondava, il vecchio Kaiser conduceva uno stile di vita molto sobrio (prova ne sia che dormiva su un semplice letto di ferro).
Tutti i suoi tredici popoli, avevano le loro rappresentanze politiche in Parlamento. Il vecchio Imperatore può essere considerato come un “maestro concertatore e direttore” , il quale dirige un’orchestra che in questo caso è rappresentata dai suoi popoli.
Una componente molto importante dei suoi popoli, è quella ebraica. Fino all’avvento del Nazismo, nella sola città di Vienna si contavano innumerevoli sinagoghe e gli ebrei godevano degli stessi diritti di tutti gli altri cittadini. Questo anche grazie alla promulgazione della Costituzione liberale nel 1867.
La seconda metà del XIX secolo, vede una Vienna nella quale inizia a germogliare l’antisemitismo di Lueger e di von Schoener. Non dimentichiamo che per ben due volte, Franceso Giuseppe non volle ratificare la sua nomina a borgomastro della città. L’antisemitismo di Lueger e di von Schoener (esponenti del partito cristiano sociale l’uno e di un movimento pangermanista l’altro) era caratterizzato dagli stereotipi che tutti conosciamo. Un esempio di questo antisemitismo dilagante, è rappresentato dalle numerose statuette e bastoni da passeggio, riproducesti l’ebreo con il naso ben pronunciato, con la gobba e le mani grandi, intento a confabulare con un suo correligionario onde ordire trame economiche e politiche. Una vasta collezione di questi oggetti la si può visitare allo Jüdische Museum di Vienna.
Nel 1870 gli ebrei iscritti al liceo erano il 27% del totale degli iscritti, che diventa il 35% nel 1910. Nel 1880 gli ebrei iscritti all’Università rappresentavano un terzo del totale dell’intera popolazione accademica. Nel 1900 un quarto degli studenti di Diritto e circa la metà di quelli iscritti a Medicina appartenevano a famiglie ebraiche. A Vienna, tra il 1880 e il 1938, metà dei medici e degli avvocati erano ebrei . Nel 1910 la popolazione ebraica della città, raggiunse la quota di 175.300 anime.
La risposta ai movimenti antisemiti, fu la pubblicazione nel 1896 dell’opera: “Lo Stato ebraico. Tentativo di una soluzione moderna della questione ebraica”. L’autore era Theodor Herzl, ebreo assimilato e padre del Sionismo. Questo libro di Herzl ci induce ad affermare che lo Stato d’Israele è nato a Vienna. Vienna e Yerushalaim pertanto sono legate da uno stretto rapporto storico e culturale. Durante il suo viaggio in Terra d’Israele, il Kaiser donò i fondi necessari per la costruzione di una sinagoga ashkenazita, la Tiferes Isroel. Essa venne distrutta dai giordani nel 1948, ma dopo la riunificazione di Gerusalemme nel 1967 venne ricostruita. Nella capitale imperiale e in altre grandi città dell’Impero, dalla metà dell’Ottocento fino ai primi decenni del Novecento, al primato ebraico che già si era distinto in diversi settori di attività come la finanza, il commercio e l’industria, si affianca una grossa presenza ebraica in settori prettamente intellettuali, come ad esempio la psicologia, la filosofia, il pensiero politico e sociale, il Diritto, le scienze economiche , la letteratura, il teatro e anche in campi fino ad ora estranei alla sensibilità ebraica, come le arti figurative e la musica.
Alcuni nomi posso renderci il quadro più chiaro: Arthur Schnitzler, Felix Salten, Peter Altenberg, Stefan Zweig, Hugo von Hofmannstahl, Sigmund Freud, Moritz Szeps, Ludwig Wittgenstein, Gustav Mahler, Arnold Schoenberg, Victor Adler ecc.
Stefan Zveig disse: “Senza l’incessante stimolo dell’interessamento ebraico, Vienna sarebbe rimasta anche artisticamente al di sotto di Berlino, così come l’Austria era politicamente preceduta dalla Germania…I nove decimi di quanto il mondo celebrava come cultura viennese dell’Ottocento era una cultura sostenuta, nutrita e in parte creata dagli ebrei di Vienna”.
Una volta il Kaiser disse: “ Per quanto mi riguarda gli ebrei, sono i migliori cittadini e soldati. Gli antisemiti? Mi disgustano”. E ancora: “Sono l’ultimo monarca della vecchia scuola. Il mio compito è proteggere i miei popoli dai loro politici!” E aveva ragione.