Discorso del Presidente della Comunità Ebraica di Roma in occasione di Rosh Hashanà 1 tishrì 5776
Ruth Dureghello
Scrive Rav Sacks: “Il mondo che stiamo costruendo per domani nasce dalle preghiere che stiamo esprimendo oggi.” Con questa consapevolezza dovrebbe cominciare il nostro anno. Dalla speranza che le nostre preghiere vengano ascoltate ed esaudite, che siano i nostri sforzi a rappresentare il primo passo per costruire un futuro migliore per noi e per la nostra Comunità. Per questo ci siamo riuniti ieri sera durante il seder, ciascuno di noi con i propri cari, di fronte a tavole imbandite ed addobbate per la festa.
Per la prima volta, in qualità di Presidente, ho l’onore di potermi rivolgere all’intera Comunità nel giorno in cui le nostre famiglie si raccolgono nei Bet Haknesiot per festeggiare la festa di Rosh Hashana.
Come tutti sanno, a giugno, si sono svolte le elezioni per il rinnovo del Consiglio, che hanno portato ad un governo comunitario unitario partecipato da tutte le liste che ha scelto di affidarmi questo delicato incarico. Una responsabilità immensa, quella di guidare una Comunità con oltre duemila anni di storia; ancora più importante per me, nel sapere di essere la prima donna a ricoprire questo incarico.
Con questo spirito mi rivolgo a voi oggi, come una donna e madre ebrea che promette di mettere tutto il suo impegno nell’adempire al compito che le avete affidato.
Ci attendono sfide impegnative, sotto il profilo sociale, economico e della politica internazionale non solo nel sostegno a Israele ma anche nell’affermazione del nostro essere ebrei cittadini liberi e rispettati in Europa e nel mondo, nelle Comunità della Diaspora in cui viviamo da millenni.
Molti dei nostri correligionari, come tutti i cittadini di questa paese, si trovano ad affrontare difficoltà e sacrifici, ma noi continueremo, come una famiglia, ad essere al fianco di ciascuno di loro.
Con molta fatica e difficoltà, ma soprattutto estremo impegno e senso di responsabilità, guardiamo a una gestione attenta e responsabile di quello che riteniamo il nostro bene più prezioso: la comunità. Una gestione che non senza sacrifici voglia garantire i servizi essenziali e la qualità del lavoro comunitario senza mai dimenticare quale siano le nostre priorità.
Negli anni grazie agli sforzi e ad al lavoro di chi mi ha preceduta, la nostra comunità ha saputo ottenere un grande riconoscimento in Italia e all’estero; per questo abbiamo il dovere di mantenere ed aumentare i nostri rapporti con le altre realtà ebraiche in Europa e nel mondo continuando ad essere un punto di riferimento non solo religioso ma soprattutto morale e valoriale nel nostro paese.
I nostri rapporti con le istituzioni però non ammettono compromessi: saremo sempre in prima fila per difendere i valori dell’ebraismo e le ragioni dello Stato d’Israele.
I rapporti di amicizia che abbiamo e vorremmo mantenere non possono prescindere dalle parole date e dal rispetto di quanto promesso: come nel caso degli urtisti. A loro va il mio pensiero in questo Rosh Hashana molto difficile per la categoria e le loro famiglie. Noi non vi lasceremo soli come non lasceremo solo nessun ebreo che soffre o ha bisogno e per questo tenderemo sempre la mano a tutti i nostri fratelli.
Nel ripensare a quanto accaduto in quest’anno, il mio pensiero non può non rivolgersi alla scomparsa del nostro Rabbino Capo Emerito Elio Toaff Z’’l. Un maestro che ha guidato la nostra comunità per mezzo secolo, che ha saputo portare fuori dal buio della Shoah questa Comunità, permettendo che rinascesse lo spirito ebraico che oggi anima le nostre case.
Nelle parole del suo discorso di insediamento, recitato oltre settanta anni fa c’è tutto il senso, ancora evidentemente attuale, del compito che abbiamo l’obbligo di portare avanti e che voglio fare mio con rispetto e ammirazione.
È alla crescita dell’osservanza delle prescrizioni nella Comunità, all’aiuto alle famiglie bisognose, ma soprattutto all’istruzione ebraica nelle nostre scuole, che dobbiamo dedicarci, e per questo continueremo a lavorare ed investire, perché ciò che vogliamo è “vedere la Comunità di Roma assurgere a quel grado di ebraicità e di fama che le compete quale massima comunità ebraica d’Italia”.
Prima di concludere vorrei però terminare il mio saluto con una nota positiva. Come insegnano i nostri maestri dovremmo guardare alla crisi e alle situazioni di instabilità come un’occasione per cambiare, come un momento di svolta.
Il termine ebraico con cui tradurremmo il termine crisi è infatti mashber, che significa anche “sedia del parto”. A volte nella vita è solamente dal dolore e dalla sofferenza che può nascere qualcosa di speciale. Come dalle doglie di una madre nel momento del parto, nasce il bene più prezioso ed unico per una famiglia ed un popolo: suo figlio, il suo futuro.
Speriamo che dalle nostre difficoltà possa venire alla luce un futuro radioso per la nostra Comunità, insieme ad un anno di felicità, pace e sicurezza per noi e l’intero popolo d’Israele.
Shanà Tovà Umetukà