Midrash Torà – Scialom Bahbout
Il Signore parlò a Mosè dicendo: Pinechàs, figlio di El’azar figlio del sacerdote Aharòn, ha distolto la mia ira dai figli d’Israele agendo con zelo in mezzo a loro al mio posto, così che io, nel mio zelo, non ho dovuto distruggere i figli d’Israele. Pertanto comunica che gli accordo il mio patto di pace. Questo patto sarà per lui e per i suoi discendenti dopo di lui un patto di sacerdozio perpetuo, poiché è stato zelante con il suo Signore e ha espiato una colpa dei figli d’Israele. Il nome dell’uomo d’Israele ucciso con la donna midianita era Zimrì figlio di Salù, capo del casato di Simeone. Il nome della donna midianita uccisa era Kozbì, figlia di Tzur, che era capo della gente di un casato di Midiàn. Numeri 25: 10 – 15
L’Ebraismo privilegia l’uso dei sistemi pacifici quale mezzo per risolvere i problemi e le controversie che nascono nei rapporti umani, piuttosto che il ricorso alla violenza. L’inizio di questa parashà sembra invece un inno alla violenza: in barba alle norme giuridiche che impongono un regolare processo, Pinechàs uccide un uomo ebreo e una donna midianita mentre stanno avendo un rapporto sessuale pubblico in una manifestazione legata all’idolatria. Il profeta e mago Bil’am aveva informato il re Balàk che il futuro e la continuità del popolo avrebbero potuto essere messi in pericolo, se fossero stati trascinati da altre popolazioni a compiere atti idolatrici, contrari alla morale ebraica. Per questo suo comportamento zelante, oltre alla lode, gli viene anche promessa una speciale ricompensa. Questo episodio in cosa differisce da altri per i quali invece l’uso della violenza viene fortemente stigmatizzato?
I protagonisti di questa storia appartengono a due tribù che in passato avevano fatto uso della violenza per risolvere situazioni problematiche: Simeone e Levi avevano fatto una strage tra gli abitanti di Shechem perché uno dei suoi membri aveva usato violenza nei confronti della loro sorella Dinà. Il padre Giacobbe li apostrofa con forza e prima di morire dà loro una “benedizione” che sembra piuttosto una maledizione: nella distribuzione della terra d’Israele tra le tribù, non viene loro assegnata una precisa porzione di terra con continuità territoriale, ma piccole enclave in mezzo a un’altra tribù o città sparse in tutta la terra d’Israele. Simeone viene “diluito” nel territorio di Giuda, mentre Levi viene sparso in tutto il territorio, e gli vengono assegnate città che saranno poi usate anche come rifugio per chi si è macchiato di omicidio colposo.
Ora i discendenti dei due fratelli si trovano su fronti opposti: da una parte Pinechàs, nipote del sacerdote Aharon, dall’altra Zimrì, uno dei capi della tribù di Simeone. L’intervento di Pinechàs sembra risolutivo in quanto serve a “placare l’ira” del Signore, ma nello stesso tempo costituisce un precedente pericoloso sia per la società che per l’uomo che l’ha fatto. Che differenza c’è tra la violenza usata dai discendenti della tribù di Levi e quella della tribù di Simeone? La risposta a questa domanda può essere, seppure con molti distinguo, che in determinate circostanze l’atto violento può essere ammesso, purché sia leshem shamaim, per uno scopo superiore. L’uomo ha spesso giustificato molte sue azioni attribuendo loro un significato religioso: ma chi può davvero stabilire se si sta agendo veramente leshem shamaim? Il pericolo che si tratti invece di una vendetta personale e del mero soddisfacimento dei propri istinti aggressivi è sempre in agguato. Inoltre, anche quando viene riconosciuto che un’azione violenta è dettata da motivi superiori, rimane il pericolo che essa possa essere emulata da altri e che lasci un segno indelebile sulla personalità dell’autore: potrà ancora fare sonni tranquilli dopo aver ucciso una persona, anche se per motivi che sono, in certo senso, legittimi? Certamente no.
La promessa che Dio fa a Pinechàs e la ricompensa che egli riceve serve a capovolgere il suo status psicologico e giuridico: infatti, un sacerdote che ha commesso un omicidio, anche se solo colposo dovrebbe essere “degradato”, perfino se ha fatto teshuvà e si è quindi pentito dell’azione compiuta (Shulchan aruch, Orach Hayim 128). Ora nonostante egli abbia ucciso delle persone e non sarebbe quindi più degno di dare la benedizione della pace, viene confermato il suo status di cohen a lui e a tutti i suoi discendenti. Oltre a ciò gli viene assicurato un patto di pace, e questa azione non avrà un’influenza distruttiva sulla sua personalità in quanto gli viene riconosciuto che nel suo caso non era dettata da motivi personali.
Proprio dal fatto che viene evidenziato che l’atto di Pinechàs non viene condannato, possiamo dedurre che la violenza è da rigettare come strumento.
L’aggressività, anche quando sembra che sia leshem shamaim, deve essere sempre controllata. La benedizione data da Giacobbe a Levi può quindi essere così interpretata: anziché essere concentrata in una sola tribù, è bene che essa sia distribuita tra tutti i discendenti del popolo ebraico.
Quando è “centellinata”, l’ aggressività ha potuto e potrà contribuire alla resistenza che Israele è stato in grado di opporre a tutte le forme di assimilazione, dal matrimonio misto all’abbandono delle mizvoth, fino all’assenza della solidarietà insita nell’esistenza ebraica.
E’ scritto: kol Israel ‘arevim ze ba zè. Gli ebrei sono garanti (‘arevim) l’uno dell’altro perché si sento uniti (‘arevim) l’uno all’altro
Scialom Bahbout
Torà in rima – Massimo Foa
Pinechàs
Numeri 25-10/30-1
Il Signore a Mosè: “Pinechas ha allontanato
la Mia ira dai figli d’Israele,
perché dallo zelo per Me è stato animato,
dimostrando di essermi fedele.
Perciò gli dirai che gli dono il Mio patto: la pace.
Ciò varrà per lui e per la sua discendenza
quale patto di sacerdozio tenace,
perché essendo zelante, ha fatto per tutti penitenza.”
Era Zimri l’uomo che con la medianita era stato
e Cozbi il nome della donna che con lui fu uccisa.
Il Signore parlò a Mosè: “Poiché vi ha molestato,
la popolazione medianita vi sarà invisa.”
Il Signore a Mosè ed El’azar dopo quell’inferno:
“Fate il censimento di tutta la comunità,
dai vent’anni in su, secondo il casato paterno,
di chi prestar servizio nell’esercito potrà.”
Seicentounmilasettecentotrenta è il totale
dei figli d’Israele che furono censiti.
“Il paese sarà ripartito in modo tale
che i più numerosi saranno favoriti
di un’eredità più grande che si spartirà,
secondo i nomi delle tribù paterne, con estrazione.
La ripartizione delle proprietà
fra i più e i meno numerosi, sarà in proporzione.”
Secondo le loro famiglie, anche i leviti,
tutti maschi, da un mese in su di età,
in ventitremila furono censiti
e a loro non fu data alcuna proprietà.
Non c’era nessuno fra tutti i censiti
di quelli che nel Sinai eran stati contati,
perché, che nel deserto sarebbero periti,
eccetto Calev e Giosuè, il Signore li aveva avvisati.
Dalle cinque figlie di Selofcàd venne domandato
perché il nome del padre dovesse scomparire,
non essendosi lui contro il Signore coalizzato,
ma non avendo avuto figli maschi prima di morire.
“Una proprietà ci venga assegnata,
come ai fratelli di nostro padre sono state date.”
La loro causa al Signore da Mosè fu presentata
e il Signore disse: “Siano accontentate.”
E: “Ai figli d’Israele dovrai dire:
quando un uomo senza figli maschi morirà,
la sua eredità alla figlia fate trasferire
e, se neppure una figlia lascerà,
ai suoi fratelli darete l’eredità,
o ai fratelli del padre, o al parente più stretto
e quegli la possederà.
Sarà norma giuridica quanto ho detto.”
Il Signore a Mosè: “Sul monte ‘Avarim tu salirai
e la terra che ho dato ai figli d’Israele puoi guardare.
Dopo, ai tuoi avi ti ricongiungerai,
come tuo fratello Aron ha già dovuto fare,
perché al Mio ordine con lui ti sei ribellato
durante la protesta della comunità
e con l’acqua non Mi avete santificato
a Cadesh, nel deserto di Tsin, agli occhi di chi era là.”
Mosè: “Possa a capo della comunità nominare,
oh Dio degli spiriti di ogni vivente, oh Signore,
un uomo che la preceda nell’uscire e nel tornare,
perché non sia come un gregge privo di pastore.”
Il Signore a Mosè: “Prendi il figlio di Nun, Giosuè,
le tue mani su di lui dovrai posare;
egli è un uomo che ha spirito in sé.
Davanti al sacerdote El’azar lo farai stare
e gli darai ordini davanti a tutta la comunità
e perché tutta la comunità gli obbedisca,
porrai su lui una parte della tua autorità
ed El’azar il giudizio degli Urim gli fornisca.
Mosè fece come il Signore aveva comandato.
Dal Signore poi le disposizioni prese
per il sacrificio quotidianamente presentato
e per quello del sabato e dei capimese.
Poi ogni offerta venne indicata
per i sette giorni di Pesach, nel primo mese;
e per Shavuot, la festa alle primizia dedicata,
e per il primo e il dieci del settimo mese.
Poi giorno per giorno dettagliatamente
per i sette giorni che Succoth son chiamati
e per l’ottavo giorno seguente.
Mosè riferì gli ordini che il Signore aveva dati.
massifoa1@gmail.com