La sinistra letteraria e giornalistica è posseduta da una furia antigovernativa che è nello stesso tempo il riflesso e il motore della sua fama
Fiamma Nirenstein
Amos Oz è uno scrittore meraviglioso, e pure un gran bell’uomo anche al compimento del suo 75esimo compleanno, celebrato al teatro Zafta, raffinato punto d’incontro dell’elite intellettuale della sinistra israeliana a Tel Aviv. E questo è un dato di fatto come lo è il disgusto che suscita il gruppo di qualche decina di idioti di estrema destra che ultimamente di notte imbratta le porte delle moschee e persino di qualche chiesa (è successo anche in questo weekend a Gerusalemme) con scritte tipo «morte agli arabi» o cretinate anticristiane: sono estremisti che inducono violenza e odio antisraeliano. Se sommiano questi due addendi, ne è uscita fuori una smodata ma non inconsueta battuta di Amos Oz: lo avrebbe potuto dire qualsiasi dei mostri sacri della letteratura israeliana, alla David Grossman, o alla Aleph Beth Yoshua, artisti meravigliosi che hanno nutrito tuttavia nel corso di questi anni il peggior odio antiebraico, o antisraeliano se si vuole, con esclamazioni pacifiste molto distratte, molto autoreferenziate, avulse da qualsiasi senso di realtà.
Amos Oz ha detto fra l’altro al compleanno che i giovani idioti, abitanti degli insediamenti sono da paragonarsi a neonazisti. Neonazisti ebrei! Ebbene si, doce Oz: sognavamo un Paese normale, persino con i suoi ladri e le sue prostitute (è la citazione di un famoso discorso di Ben Gurion) ora abbiamo anche i neonazisti. È uno stimolo e una conferma per tutto quel mondo di odiatori professionali che paragonano gli israeliani ai nazisti e i palestinesi a ebrei. Ci sono state molte proteste, perchè è evidente che quei giovani sono estremisti, ma non mai come quel Marwan Barghouty in prigione con cinque ergastoli per ripetuti eccidi di civili ebrei: Amos Oz invece di dirgli che si è comportato, lui sì, come un nazista, gli mandò in regalo un suo libro «sperando di vederlo fuori e in pace». E di Hamas il grande scrittore ha scritto «non è solo un’organizzazione terrorista», ma anche il rappresentante di un’idea.
Così accade da sempre in Israele: la sinistra letteraria e giornalistica è posseduta da una furia antigovernativa che è nello stesso tempo il riflesso e il motore della sua fama. L’ammirazione diffusa in tutto il mondo, parte senza dubbio della bravura letteraria, ma anche dal consolidato antagonismo, a volte furioso, verso il suo Paese. Quando un gruppo che odia Israele in qualsiasi parte del mondo vuole rifarsi a una fonte autorevole, cita sempre il giornale Ha’aretz e gli scrittori suddetti: «Lo dice anche un’autorevole fonte israeliana». L’elenco dei detrattori di Israele lo fa al completo il libro nuovo di Giulio Meotti «Ebrei contro Israele» uscito in questi giorni da Salomone Belforte Editore: una torsione psicologica fa della più bella creazione storica degli ebrei, Israele, il bersaglio di un accanimento dai contenuti risibili e dalle conseguenze micidiali: diventa una bomba nelle mani dei suoi nemici, quelli davvero terroristi e anche neonazisti.
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