Il Rabbino capo Roma all’evento ‘Gusto Kosher’, i sapori della tradizione ebraica
Virginia Di Marco
Prendere gli antisemiti per la gola, a tavola: è la ricetta del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che punta anche sulla cucina ebraica per contrastare pregiudizi e discriminazioni. “La cucina ebraica è l’arma migliore per combattere l’antisemitismo”, ha dichiarato ieri Di Segni, intervistato da ANSAmed durante l’evento eno-gastronomico ‘Gusto Kosher’, tenutosi nel vecchio ghetto della capitale.
“Molta gente – ha spiegato – mostra simpatia sostanziale per l’ebraismo quando si siede a tavola. Mangiando i nostri dolci, scopre un mondo ricco di cose piacevoli”. Anche per questo, la manifestazione di ieri era aperta a chiunque, ma in particolare a chi non conosce la cucina kosher: vale a dire quella che rispetta i dettami della Bibbia e dei suoi commentatori. Daniele e Giovanni Terracina, animatori principali di ‘Gusto Kosher’ e titolari del catering kosher più affermato della città, stanno cercando di esportare la loro cucina al di fuori della comunità ebraica. “L’etichetta kosher – afferma lo chef Giovanni Terracina – è garanzia di verifiche rigorose, certificate da un’autorità rabbinica esterna. Tendenzialmente, gli ingredienti utilizzati rispettano la stagionalità e sono a chilometro zero; inoltre, la particolare cura posta nella scelta degli ingredienti permette di conoscere l’esatta composizione di un piatto”. Il che semplifica la vita di chi soffre di certe intolleranze alimentari.
Oltreoceano, la cucina kosher è diventata qua e là una moda. “In America c’è chi dice che, se un ristorante va male, bisogna chiuderlo e riaprirlo kosher”, racconta Terracina. In Italia, per ora, sta riscuotendo gran successo il vino prodotto secondo i dettami dell’ebraismo religioso. Vinitaly 2011 ha premiato come migliore cantina del Lazio la Cantina S. Andrea, che produce anche bottiglie kosher. Mentre il premio per il miglior vino del mondo se l’è aggiudicato la cantina israeliana Golan Heights. Del resto, vino ed ebraismo sono tradizionalmente legati, come spiega Di Segni: “Nel rito e nel costume ebraico esistono avvertenze e divieti a non abusare, ma anche obblighi cerimoniali connessi con il vino. Per esempio, la mensa festiva si inaugura con una benedizione sul vino, che dà solennità alla cerimonia domestica”. L’uso sacrale del vino mette a riparo da qualsiasi rischio di sofisticazione. “Esiste una normativa rigorosissima sul vino kosher – spiega il rabbino capo -, il quale, tra l’altro, può essere prodotto e manipolato soltanto da ebrei osservanti”.
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