“Riavvicinare i lefebvriani non significa sposare tesi antisemite”. Lo ha precisato il cardinale Koch presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell`unità dei cristiani
“Di fronte agli ebrei, il Santo Padre mi ha incaricato di presentare la questione in maniera corretta: `Nostra aetate` non è minimamente rimessa in discussione dal Magistero della Chiesa, come il Papa stesso ha più volte dimostrato con i suoi discorsi, i suoi scritti ed i suoi gesti personali nei confronti dell`ebraismo; un riavvicinamento con la Fraternità sacerdotale San Pio X non significa assolutamente che le posizioni di detta Fraternità vengano accettate o appoggiate”. Lo ha precisato il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell`unità dei cristiani e presidente della Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l`ebraismo, parlando alla Plenaria della Commissione per i rapporti religiosi con l`ebraismo che si è tenuta in Vaticano dal 28 al 30 ottobre.
Nella prolusione – pronunciata nei giorni scorsi ma diffusa solo oggi dal ‘Sir’ – il cardinale Kurt Koch dedica il primo paragrafo alla “questione lefebvriana” per chiarire dubbi e false interpretazioni generate dalla “possibilità di una riammissione della Fraternità sacerdotale San Pio X nella Chiesa cattolica romana” e riaffermare che la dichiarazione conciliare ‘Nostra aetate’ è e rimane “a tutt`oggi il documento fondante, la Magna Charta del dialogo della Chiesa cattolica romana con l`ebraismo” nonché “la bussola cruciale di tutti gli sforzi tesi a promuovere il dialogo ebraico-cattolico”.
“E’ stata sollevata, e non solo da parte ebraica, la questione dell`importanza e della validità della Dichiarazione conciliare `Nostra aetate`”, ha proseguito il card. Kurt Koch. “Gli ebrei temevano che, attraverso un eventuale atto di reintegrazione di una serie di sacerdoti e credenti con tendenze antigiudaiche, i quali respingono fondamentalmente `Nostra aetate`, la Chiesa cattolica potesse dare una nuova direzione al dialogo con l`ebraismo o quanto meno che l`importanza di questa Dichiarazione conciliare per tutta la Chiesa potesse essere relativizzata”.
Anche “da parte cattolica – ha aggiunto Koch – a volte sono state udite voci” secondo le quali ‘Nostra aetate’ farebbe parte delle ‘Declarationes’ che avrebbero una minore importanza ed il cui carattere vincolante potrebbe essere considerato più limitato rispetto a quello degli altri testi. Ma non è così perché “dal punto di vista del contenuto” tutti i testi conciliari “non possono essere separati gli uni dagli altri o contrapposti” ma devono essere “visti e considerati seriamente nella loro interrelazione”.
La dichiarazione conciliare ‘Nostra aetate’ ricorda “il profondo legame che unisce spiritualmente il popolo della Nuova Alleanza alla stirpe di Abramo. Essa – ha detto il porporato – afferma in maniera decisa che deve essere evitato ogni disprezzo, svilimento e oltraggio nei confronti dell`ebraismo e, ancora di più, sottolinea esplicitamente le radici ebraiche del cristianesimo. Viene inoltre scardinata l`accusa di `deicidio` che sfortunatamente è stata rivolta in blocco agli ebrei in vari luoghi nel corso dei secoli”. Gratitudine è stata poi espressa dal card. Koch per gli sforzi di dialogo intrapresi da Benedetto XVI “fin dall`inizio del suo pontificato” per “intensificare le relazioni con gli ebrei. Su ciò – ha detto il cardinale – non può sussistere alcun dubbio”.
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