La posizione della Halakhah su questo delicato argomento è riassunta nei due articoli del Rav I. Ralbag, membro del Consiglio del Rabbinato Centrale d’Israel (in “Sridim” 17, Tishrì 5758, p. 42 sgg.) e del Rav Y. Poultorak, già Presidente del Tribunale Rabbinico di Lione (in “Sridim” 18, Adar 5759, p. 92 sgg.), apparsi entrambi sulla rivista annuale della Conferenza dei Rabbini d’Europa.
Scrive il Maimonide nelle Hilkhòt Issurè Biah (cap. 12-14), in base al Talmud Yevamot 47a:
“Tutti i non ebrei allorché compiono il ghiyur e accettano su di sé tutte le Mitzwòt della Torah, sono come gli Ebrei a tutti gli effetti…Per mezzo di tre atti Israel è entrato nel Patto: la milah, la tevilah e il sacrificio… E così per tutte le generazioni, allorché il non-ebreo desidera entrare nel Patto e ricoverarsi sotto le ali della Shekhinah e accetta su di sé il giogo della Torah, necessita di milah, tevilah e (quando esiste il Bet ha-Miqdash) del sacrificio; se è una donna, necessita della tevilah e del sacrificio… Gli si spiega quanto è pesante il giogo della Torah e la fatica che si richiede nell’osservarla, perché desista… Lo si informa dei principi della religione, che consistono nell’Unità di D. e nel divieto dell’idolatria, soffermandosi su ciò; gli si spiegano parte delle Mitzwòt leggere e parte delle Mitzwòt gravi… con le relative sanzioni. In che modo? Gli si dice: bada che finché non facevi parte di questa religione se mangiavi cibi proibiti non eri punito, se profanavi lo Shabbat non eri passibile di pena, mentre ora, dopo che avrai fatto il ghiyur se mangi cibi proibiti sarai punito, se profanerai lo Shabbat sarai passibile di pena…(Al momento della tevilah) tre gli stanno accanto e lo informano di parte delle Mitzwòt leggere e parte delle Mitzwòt gravi per la seconda volta mentre si trova nell’acqua… (Tuttavia) se il gher non è stato esaminato a dovere o non è stato informato delle Mitzwòt e delle relative sanzioni, e ha compiuto la milah e la tevilah al cospetto di tre persone, è comunque un gher”.
Secondo i principali commentatori, Maimonide si riferisce qui a due atti distinti in relazione al gher: la qabbalat Mitzwòt (accettazione delle Mitzwòt) e la hodaat Mitzwòt (informazione delle Mitzwòt). Il secondo atto avviene due volte: all’inizio del procedimento di conversione, allo scopo di indurlo a desistere, e alla fine, al momento della tevilah. Maimonide scrive inoltre che per tali atti non è necessario parlare di tutte le Mitzwòt, ma solo di alcune particolarmente significative, fra le più leggere e le più gravi. E’ evidente che la hodaat haMitzwòt è parte indispensabile della preparazione affinché il gher sia messo tecnicamente in grado di osservare i precetti una volta accolto come Ebreo: andranno dunque trattate in particolare quelle Mitzwòt che maggiorrmente caratterizzano la vita ebraica. Maimonide scrive ancora che a posteriori, se questo atto non è avvenuto, la conversione è pur sempre valida, a patto che siano state ottemperate tutte le altre formalità secondo la Halakhah: ma a priori la hodaat Mitzwòt è comunque richiesta. Non mancano peraltro Decisori medioevali altrettanto autorevoli che, in controversia con il Maimonide ritengono che anche a posteriori, in mancanza della hodaat Mitzwòt, la conversione va respinta (Tossafòt e Rabbenu Asher, cit. in Bayit Chadàsh al Tur, Yoreh De’ah 268; secondo quest’ultima opinione è fissata la Halakhah nello Shulchan ‘Arukh, Yoreh De’ah 268,3).
Per quanto concerne la qabbalat haMitzwòt, l’accettazione dei precetti vera e propria deve avvenire fin dall’inizio della procedura e deve essere integrale, riferita cioè a tutte le 613 Mitzwòt. La fonte di Maimonide è ancora nel Talmud, Bekhoròt 30b: “Un non ebreo che si accinge ad accettare le parole della Torah all’infuori di un solo particolare non può essere accolto”. Maimonide, in quel suo codice di vita ebraica che è il Mishneh Torah, sembra trattare questo aspetto quasi en passant, in maniera assai meno dettagliata degli altri. Per quale ragione? Perché la qabbalat haMitzwòt, lungi dall’essere una semplice formalità o dettaglio tecnico del ghiyur, costituisce l’essenza stessa del ghiyur. Maimonide la dà per scontata, non meno di quanto, per fare due esempi tratti da un ambito differente, sia ovvio che i soldati abbiano il compito di difendere la patria senza che qualsiasi regolamento militare torni a specificarlo, o che i medici debbano curare gli ammalati senza che i protocolli sanitari debbano costantemente ribadirlo! E’ del resto tipico dello stile di Maimonide nel Mishneh Torah. Ogni volta che tratta di una Mitzwah la cui osservanza è nel cuore, benché il suo compimento pratico passi attraverso l’azione, egli la divide: presentando la Halakhah, egli si concentra esclusivamente sui risvolti pratici lasciando la definizione della Mitzwah, che tocca gli aspetti interiori, come semplice premessa. E’ così il caso all’esordio delle Hilkhòt haTeshuvah: “Quando la persona farà Teshuvah e recederà dalla sua colpa, è tenuto a confessarsi…”: Maimonide si concentra sui particolari della confessione, ma l’aspetto di principio resta comunque il pentimento (Y.D.Soloveichik, ‘Al haTeshuvah, p. 44-45).
Rimane da comprendere come deve avvenire la qabbalat haMitzwòt da parte del gher. “Al candidato alla conversione si richiede di prendere un impegno verso D. e la Torah nel processo di adozione della sua nuova fede. Non è peraltro essenziale che egli sia completamente consapevole di tutti i dettagli della Torah nel momento in cui intraprende questo passo. Qualora egli persista nella sua intenzione di unirsi alla comunità ebraica nonostante i tentativi di convincerlo che tale passo non porta necessariamente al godimento di ciò che viene comunemente considerato vita piacevole, lo Shulchan ‘Arukh afferma che “noi lo informiamo dei fondamenti della fede, che consiste nell’Unità di D. e nella proibizione dell’idolatria, soffermandoci su questo argomento”. Poi gli comunichiamo “alcuni comandamenti leggeri ed altri gravi” (Shulchan ‘Arukh, Yoreh De’ah 268,2). Non è dunque necessario che il candidato all’ammissione alla fede ebraica sia consapevole di tutto ciò che si impegna a fare allorché si assume gli obblighi della Torah, ma rimane vincolato ad ottemperare tutti gli obblighi che conseguono al suo impegno complessivo, anche se non può essere consapevole di tutti quando compie il suo passo” (Sol Roth, Halakhah and Politics, cap. “Justice and Consent”, p. 79-80).
Rav Dott. Alberto Moshe Somekh
Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Torino
Torino, 14 Novembre 2002 – 9 Kislev 5763