Dopo Tolosa si fa un gran parlare di neonazismo e ultranazionalismo. Secondo David Bidussa queste categorie non aiutano, perché analizzano la situazione con lenti del passato. E trascurano di vedere che proprio l’Europa Unita, tutta fatta di burocrazie e priva di anima, è l’incubatore perfetto per questo chiusure e queste violenze.
David Bidussa*
La strage di Tolosa alla scuola ebraica ha fatto dire a molti che siamo di fronte a un nuovo clima di antisemitismo. E’ banale. Il richiamo alle nuove manifestazioni di terrorismo islamico che alcuni hanno voluto intravedere in quell’episodio, non è supportato da prove. Altri hanno evocato un risorgente neonazismo. Può darsi. Tuttavia questo aspetto a me pare un dettaglio, non trascurabile, ma un dettaglio. Che significano quei morti? Basta dire neonazismo? A mio avviso dietro e dentro a questa parola si nascondono varie trappole. La prima trappola è dire che stiamo assistendo al “ritorno “ di un passato. Ci troviamo invece davanti a un fenomeno politico violento che vive tutto nel presente, e guarda al futuro. La seconda trappola, conseguente alla prima, ritiene che sia sufficiente ribadire la fiducia nella democrazia come risposta a quella minaccia. La terza trappola, ritiene che sia sufficiente il recupero di un generico “antifascismo” per avere in mano le chiavi della soluzione.
In politica non c’è nessuna soluzione “chiavi in mano” che consente di trovare risposte vincenti.
Davanti a noi, anche laddove nell’immaginario politico, nel linguaggio, nell’iconografia, nella simbologia ritorni un codice che ricordi quello del XX secolo, non c’è il passato. II disagio attuale ha un linguaggio e un modo di esprimersi che recupera molte pratiche delle destre europee tra anni ’10 e anni ’30, ma cresce sull’assenza di un’idea di progresso e di sviluppo che appartiene al nostro tempo.
La sua prima manifestazione infatti è nel 1973 con la crisi petrolifera. Nel momento in cui l’Europa scopre la sua fragilità e la sua “dipendenza” dalle risorse delle sue ex-colonie, si incrociano varie crisi politiche che cambiano posizione alle destre radicali, ma anche le sinistre europee.
La crisi dell’idea di progresso e la percezione della possibile fine dello sviluppo innescano un “culto” della natura, che produce convergenze tra destre e sinistre: di linguaggio, di parole, di testi di riferimento, di letteratura. Soprattutto determinano la nascita di una serie di circoli di nemici della scienza, che non sono necessariamente anche nemici della tecnica, mentre negli anni in cui nascevano i totalitarismi la destra giurava guerra a scienza e tecnica mentre la sinistra vi riponeva fiducia assoluta come a “miti di progresso”.
Il contesto in cui ci muoviamo oggi, invece, discende da uno scenario concreto assai diverso. Alle crisi economiche degli anni ‘70, infatti, finisce col saldarsi un’Europa da molti percepita come senz’anima, fin dall’inizio, e nata solo per rispondere in modo tecnico-monetario alle difficoltà dei cicli di sviluppo. È da questa sensazione, che discende da un’Europa di tecnocrati, che acquistano nuova vitalità le teorie del complotto o quelle dell’accerchiamento. Di nuovo l’Europa risulta un attore senza un mito, senza afflato ideale e dunque senza personalità storica. Un’Europa che ammira la personalità culturale delle realtà emergenti, che ha un fascino estetico per le culture esotiche e lontane – di nuovo una passione e un entusiasmo che accomuna destra radicale e sinistra radicale – e che contemporaneamente si rappresenta l’Europa dei burocrati di Maastricht e dell’Euro.
Per queste demagogie di destra come di sinistra, l’Europa, è solo il braccio di un potere che viene da lontano; non è “amico”; ultima incarnazione, in termini di tempo, del “dispotismo dei ricchi” e del predominio dei tecnici. Un mondo “senz’anima”che fa gli interessi degli “altri”: banche, immigrati, neri, cinesi, ebrei, latinos, islamici. Ognuno si sceglie il suo nemico, ma la narrazione è la stessa ed è una. La sintesi è: noi siamo l’Europa, ma questa Europa non siamo noi.
Di fronte non trova nessun mito in grado di cantare l’Europa che c’è e nessuno in grado di dire che quello scenario apre a nuovi mondi. E che ne vale la pena. Altiero Spinelli appartiene ad un altro tempo, mentre le stragi xenofobe come quelle di Tolosa non sono frutto del risorgere dei nazionalismi, ma discendono direttamente dal cuore dell’Europa Unita, e da tutte le sue fragilità.
*storico sociale delle idee
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