Già condannati duramente in Israele, spuntano anche a Milano i trasposti pubblici che ghettizzano le donne.
Armando Stella
Settori «rosa» nelle stazioni del metrò: spazi videosorvegliati, protetti e segnalati sulle banchine. E ancora. Vagoni dedicati (o riservati) alle donne che utilizzano il treno negli orari serali e ronde di vigilanti addetti al controllo delle «utenti deboli». La sicurezza del pubblico femminile è il capitolo di lavoro più delicato sul tavolo del consiglio d’amministrazione Atm. Il board ha ricevuto l’input dall’assessorato comunale alla Mobilità: «Studiare nuovi e più efficaci sistemi di tutela per le viaggiatrici sulla rete metropolitana». Il progetto del «metrò rosa» ha priorità alta.
Obiettivo: contrastare molestie, violenze, aggressioni, scippi. I pericoli aumentano di sera, dopo le ore 21 e oltre la mezzanotte, quando cala il flusso dei passeggeri in metropolitana. L’ultimo tentato stupro, ieri l’altro, su un treno della linea 1 diretto a Sesto: tre arresti, una ragazza sotto choc. «La diffusione della microcriminalità scatena paura, provoca un elevato allarme sociale e impedisce alle donne di utilizzare liberamente il trasporto pubblico», è l’analisi che esce da Palazzo Marino. Né il Comune né l’Atm forniscono dati specifici su reati che colpiscono le donne: «Ma il fenomeno – teme un dirigente – appare in aumento».
La giunta Pisapia ha fortemente voluto e indicato, nell’ottobre scorso, un cda che rispettasse la parità di genere. Due consiglieri su quattro sono donne: Elisabetta Oliveri (ex ad Sirti) e Alessandra Perrazzelli (manager di Intesa Sanpaolo) indirizzano e governano le strategie dell’azienda assieme a Giulio Ballio (ex rettore del Politecnico) e Massimo Ferrari (presidente dell’associazione Utenti trasporto pubblico). Ecco, sono state proprio Oliveri e Perrazzelli a indicare l’urgenza di un intervento e sollecitare un piano d’emergenza per i treni rosa. Hanno chiesto una ricognizione delle esperienze straniere, un dossier sui protocolli applicati nelle reti del metrò di New York, Parigi e Londra. Dall’analisi dei modelli internazionali uscirà la risposta di Milano alla richiesta di maggiore sicurezza nelle stazioni.
Allora guardiamolo, un esempio. Nella rete della subway newyorkese – 1.055 chilometri di collegamenti attivi 24 ore su 24 – sono individuate alcune fermate critiche; in queste stazioni sono localizzate delle «zone di salvaguardia» ricavate nell’area della banchina più vicina all’uscita; le donne si raccolgono nei settori dedicati e vengono sorvegliate da un agente dell’autorità ferroviaria; il vagone centrale del treno ferma proprio in corrispondenza dei «box rosa» e consente la salita protetta delle passeggere. Il Comune sarebbe intenzionato ad adottare questo sistema.
http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/12_febbraio_21/posti-rosa-metropolitna-sicurezza-donne-atm-1903372732087.shtml