Il rabbino Elia Richetti traccia la geografia della fronda, da monsignor Manganini al cardinal Ravasi, ma mostra fiducia: “Ho avvertito in lui una forte dignità lombarda e un senso di orgoglio, di appartenenza al suo territorio”
Nadia De Lazzari
Venezia, 1 luglio 2011 – Non si annunciano tempi facili per il cardinale Angelo Scola quando, a settembre, s’insedierà alla guida dell’Arcidiocesi ambrosiana. Tira aria di fronda, di opposizione, e la conferma arriva da Venezia, dagli ambienti coi quali l’arcivescovo di Milano ha dialogato ecumenicamente da patriarca. «Lo aspetta una sfida difficile», dice rav Elia Richetti, presidente dell’Assemblea rabbinica in Italia. Il rabbino conosce bene la realtà ambrosiana, perché è milanese e per aver tenuto cattedre in città, così come a Venezia, dove ha incontrato più volte Scola.
E disegna il panorama delle resistenze al nuovo arcivescovo dentro la Curia, tra i collaboratori del suo predecessore come monsignor Francesco Coccopalmerio e monsignor Luigi Manganini, l’arciprete del Duomo. E fuori dalla Curia, chiamando in causa il cardinale Gianfranco Ravasi, che da Roma continua a esercitare un’influenza potente sull’arcidiocesi milanese, in particolare sulla Biblioteca ambrosiana.
Rav Richetti, dall’8 settembre il cardinale Scola si prenderà cura dell’arcidiocesi meneghina.
«Ed è tutt’altro che un sinecura. Un’arcidiocesi grande, estesa, composita. Un grande impegno».
Potrebbe trovare difficoltà?
«Potrebbe».
Da cosa potrebbero derivare?
«Dalle forti personalità degli arcivescovi che lo hanno preceduto, da Montini, diventato papa Paolo VI, ai cardinali Colombo, Martini, Tettamanzi».
Nomi di grande levatura.
«Pastorale soprattutto, in parte anche politica».
Ma in Curia chi gli si potrebbe opporre?
«I collaboratori dei suoi predecessori. In particolare i monsignori Manganini e Coccopalmerio e, sicuramente, una personalità di primo piano come il cardinale Ravasi».
Ma è a Roma: presidente del Pontificio Consiglio della cultura, della Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa e della Pontificia Commissione di archeologia sacra.
«Ma viene spesso a Milano dove ha lasciato una traccia importante e ha mantenuto un forte legame con la Biblioteca ambrosiana. In zona lo si vede frequentemente. Il cardinale Scola è, a sua volta, un uomo di grande cultura e la Biblioteca ambrosiana sarà spesso e sicuramente visitata da lui».
Il giorno dell’annuncio della nomina il cardinale era teso.
«Ha ben ragione di esserlo! Non userei il termine paura, ma tensione e preoccupazione per l’impegno di grandissimo livello. Penso che avrebbe desiderato rimanere a Venezia per completare un suo progetto di strutturazione della Chiesa lagunare. Ha un’età non più giovanissima, anche se non la dimostra minimamente. Si tratta in qualche maniera di ricominciare daccapo. E Milano rappresenta tensioni su vari campi».
Quali?
«Potremmo dividere la città in due correnti. Una incentrata non tanto sulla religione ma sul lavoro e sulla cultura e l’altra su una religione impegnata nel sociale e nel campo umano. Sono due tensioni importanti. Inoltre Milano è un’arcidiocesi dove la multiculturalità e la multietnicità sono realtà continue e pressanti».
E il concetto “meticciato di civiltà”?
«Dovrà essere tradotto in maniera adatta alla realtà milanese dove, forse, bisognerà sottolineare più che una fusione di realtà diverse una compresenza e una necessità di pari dignità fra tutte le realtà».
Potrà governare l’arcivescovo Scola?
«Con un impegno continuo e costante potrà arrivare a farlo».
Della Chiesa di Milano ha detto: “E’ la mia Chiesa madre. In essa sono nato e sono stato simultaneamente svezzato alla vita e alla fede”.
«L’espressione non mi meraviglia».
Perché?
«Nei nostri incontri ho sentito in lui una forte identità lombarda e un senso di orgoglio, di appartenere a un territorio che ha una lunga tradizione».
http://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/2011/07/01/535495-elia_richetti.shtml