Ebrei magici. Storie di ebrei chassidici, di rabbini riformati, di sesso, alcol e rock. VM18.
Hamilton Morris
Quando ho messo piede per la prima volta nell’appartamento di Ridge Street, nel Lower East Side di Manhattan, non ho visto molto, perché le luci erano spente. Era una stanza vuota, stretta e lunga, con una serie di divani in fila lungo il muro. Lattine vuote e bottiglie ovunque. Alle quattro di mattina c’erano rimasti solo i resti di una festa. Niente di insolito. Un ebreo chassidico giaceva svenuto a pancia all’aria, con la kippah appoggiata sul cuscino vicino alla testa. Da dentro i calzoni di lana il suo cellulare squillava furiosamente, con una suoneria di musica klezmer digitalizzata. Era del tutto immobile. Mi sono avvicinato, chiedendomi se fosse ancora vivo. Il telefono è squillato altre quattro volte, e poi lui finalmente ha cominciato a cercarselo in tasca, al che ho tirato un sospiro di sollievo.
Si sentiva un canto provenire attutito da dietro una porta chiusa in fondo al corridoio. Ho scavalcato l’ebreo svenuto, facendomi strada nella stanza accanto. Dentro era completamente buio. L’aria era riscaldata dal respiro di corpi umani. Dieci, forse quindici ebrei nudi stavano lì ammassati, cantando perfettamente all’unisono. Si sono fermati per un attimo a salutarmi, e poi hanno ripreso. Io sono rimasto a guardarli senza parole per un momento, prima di domandare, “Ma che state facendo?” Una voce nel buio mi ha dato una risposta incomprensibile, nominando l’LSD, e tutti sono scoppiati in una sorta di risata elettrica e intermittente. E poi il canto è ripreso di nuovo. Sono rimasto solo per qualche minuto, fissandoli stupito, poi ho cercato a tentoni la maniglia della porta e sono uscito. Nell’ingresso un altro chassidico che non avevo visto prima mi ha detto che la festa era finita, che l’acido era finito, e che dovevo tornare il giorno dopo. Gli ho chiesto quando e quanto spesso c’erano questo tipo di cose. Lui ha risposto: “In continuazione”.
Per molti la religione è una cosa noiosa. Un rituale vuoto, tramandato di generazione in generazione, il cui senso ultimo è proprio quello di essere una fatica. Poche persone hanno avuto delle vere esperienze religiose, qualcosa che ispiri adorazione, rispetto, tempo, e fede. Io so per certo di non averne mai avute. Nella mistica ebraica, Dio è definito in parte proprio dall’assenza di definizione. È infinito e inconoscibile, un eterno punto interrogativo. Ho avuto la mia prima esperienza psichedelica fumando salvia nella station wagon di un amico a 16 anni. Sono rimasto steso a ridere e ad urlare, fradicio di lacrime, moccio, e bava. Mi resi conto che mi era successo qualcosa di significativo, qualcosa che indubbiamente si poteva inserire nella categoria dell’ “infinito e inconoscibile”. Ma dire che si trattò di un’esperienza religiosa sarebbe sbagliato. Fu molto meglio.
Due giorni dopo la festa ho ricevuto una telefonata da uno degli ebrei. Mi aspettavo che si trattasse di un invito ad un’altra festa, ma ho scoperto con sgomento che si trattava dell’invito al funerale di uno dei loro amici. Era andato in overdose di coca la sera prima. Ho preso la F fino a Parkville, Brooklyn, e poi mi sono avviato a piedi, nervosamente, verso la 39esima strada. Andare al funerale di un ebreo chassidico che non avevo mai visto prima, senza una kippah, ma con addosso una specie di piumino di pelle viola, mi faceva sentire piuttosto a disagio. Fuori dalla cappella di Shomrei Hadas, gli chassidici camminavano nervosamente su e giù, fumando. Sono entrato e mi sono seduto in fondo, cercando di non farmi notare. In fondo alla sala della sinagoga un muro di ebrei vestiti di nero bloccava la visuale su quello che stava succedendo. Sono rimasto per un po’ ad ascoltare la monotona litania delle preghiere ebraiche, e mi sono reso conto che il mio imbarazzo si stava lentamente tramutando in tristezza. Quando la funzione è terminata mi sono messo in fila per vedere la cassa di pino che veniva caricata su una Ford Excursion, mentre gruppetti di familiari e amici piangevano e fumavano e parlavano al cellulare. È stato lì che ho conosciuto Aaron, uno dei pochi che assistevano alla funzione senza portare gli abiti prescritti dalla religione. Lui ha cominciato a spiegarmi un po’ la situazione.
La sera precedente, uno dei suoi amici ex-chassidici aveva fatto festa con un sacco di droga, aveva preso parecchia coca, ecstasy, e tutta una serie di benzodiazepine. Stava bene, anche se completamente fuori, quando era tornato a casa per andare a letto, e si era addormentato vicino alla sua ragazza. Il giorno dopo lei si era svegliata con accanto un cadavere. Aaron mi ha spiegato, “Si spaccano di droghe senza avere un minimo di educazione alle sostanze. Questi chassidici hanno tutti vissuto una vita incredibilmente protetta. Non puoi neanche immaginare se non ci sei stato dentro. Quando si allontanano dalle loro famiglie non sanno niente, nessuno gli ha mai detto non mi mischiare questo con quello, speed ed ecstasy, alcol e xanax. È davvero pericoloso”. “Ma chi è che gli vende tutta questa roba?” gli ho chiesto. “Ci sono spacciatori che si divertono un sacco con questa storia sai, del tipo, ‘Dai andiamo a trovare un paio di ebrei e li facciamo tornare a casa sui gomiti’. Cosa che alla fine va anche bene, ma non si rendono conto che così li mettono davvero nella merda”.
Alla fine di questo discorso sono stato sopraffatto dalla frustrazione. Forse è stato un impulso egoistico, ma il pensiero che avrei avuto un solo misero assaggio della vita tossica di questi chassidici rinnegati prima che la paura rimettesse tutti in riga e che la scena tornasse nell’oscurità, senza che avessi la possibilità di capire davvero cosa stesse succedendo, mi deludeva. “Allora questa è la fine”, ho chiesto. Aaron ha fatto una pausa, e poi mi ha risposto, “No, no, no. Sicuramente no”. E così mi ha invitato ad una festa la sera dopo.
Un passo indietro per spiegare la mia formazione religiosa: sono ebreo. Ho fatto il bar mitzvah (al Masada, niente di meno) ma non sono mai andato alla scuola ebraica. Non sono mai andato in sinagoga. Ho imparato un po’ di ebraico dal bignami e ho memorizzato un pezzo di Torah da una registrazione su MiniDisc. In breve, non so nulla dell’ebraismo. Inoltre non sono affatto una persona religiosa o “spirituale”. Anche solo pronunciare la parola “preghiera” mi fa un effetto strano. Gli ebrei che ho conosciuto a Ridge street vengono dai quartieri chassidici ed ortodossi di Brooklyn. Molti parlano yiddish come prima lingua. A parte la passione per le sostanze allucinogene, e magari un po’ di dna comune risalente a quel dì, non abbiamo nulla in comune. L’amico di un amico di un amico mi ha presentato molti di loro. Un funghetto allucinogeno viene chiamato funghetto magico, ed in base a questo criterio questi ebrei potrebbero essere definiti gli Ebrei Magici. È così che ho cominciato a pensare a loro.
Il citofono dell’appartamento di Ridge Street aveva una targhetta che lo presentava come uno studio fotografico, cosa che poteva essere vera o meno. Dentro c’era una grande varietà di fauna ebraica, si andava da certi tipi in costume chassidico completo ad altri che sembravano appena arrivati da un raduno di hippies in Vermont, ma tutti venivano dallo stesso ambiente religioso estremamente rigido. Alcuni erano vecchi, gli altri per lo più giovani. Non c’erano quasi donne, e le poche che c’erano sembravano avere legami vaghi o inesistenti con lo chassidismo. Erano solo spettatori, come me.
Al funerale, io ed Aaron avevamo parlato di sperimentare un raro catalizzatore spirituale, chiamato 2C-E. Alla festa quella notte abbiamo aperto un sacchetto, tagliato la polvere bianca in piccole righe, e l’abbiamo offerta in giro. Qualcuno ha chiesto cosa fosse, e io gli ho risposto che era una droga psichedelica sintetica, della stessa famiglia della mescalina. Un tipo con lunghi capelli ricci dall’altra parte della stanza ha urlato, “Il 2C-E non è mescalina!” Sono rimasto sbalordito dalla sua audacia allucinata, ma mi sono affrettato a dargli ragione, precisando che questa sostanza non era mescalina, era solo simile. Gli ebrei hanno cominciato ad affollarsi per farsi la loro riga. Aaron si è fatto avanti, mettendo a disposizione la sua narice e una banconota arrotolata. Si è piegato sul libro, ha tirato, ha sbattuto le palpebre, e poi ha starnutito forte, creando una nuvola di cristalli tutto intorno alla tavola—la gaffe tossica più ebrea che si possa immaginare. Uno sketch di Woody Allen, preciso. Tutti sono corsi a salvare il salvabile con le loro carte di credito in mano mentre Aaron è barcollato vero la camera da letto con una ragazza dai capelli ricci. Io mi sono servito una fetta di tortino kugel, pregustandola con l’acquolina in bocca.
Aaron ha un carisma pazzesco, ed è uno dei pochi Ebrei Magici che potrebbe essere preso per un gentile. Parla senza accento, porta vestiti normali, e ci prova spietatamente con ogni donna che gli capiti a tiro. Dopo essere uscito dalla stanza da letto si è girato verso un amico e ha fatto, “Ho infranto il mio voto di castità dopo un solo giorno!” L’amica gli ha risposto, “Sei un animale!” Detto questo, Aaron viene comunque da una famiglia che lui definisce “ortodossa integralista”, e ha dovuto sopportare le stesse prove religiose di tutti gli altri nella stanza. Mi ha raccontato, “Sono stato circonciso due volte, perché mia mamma è una convertita, e l’ebraismo è matrilineare. Ho vissuto in California fino a quando ho avuto 13 anni, poi mi sono trasferito a New York dove sono tutti molto più religiosi, e mi hanno detto, “Oh, i rabbini della California non sono affidabili. Ti devi convertire di nuovo”. Avevo 14 anni, e non era proprio il momento migliore per praticare una circoncisione, ma loro hanno preso il coltello e si sono messi al lavoro sul mio pene. Ero appena entrato nella pubertà e avevo addosso questi tre rabbini ottantenni che mi massaggiavano le palle, io gli ho fatto, “Ma è davvero necessario?”, e loro, “Non vuoi essere davvero ebreo?”, e io, “No!” I genitori di Aaron pensano che sia un tossico degenerato, e sperano che torni presto alla vita da ebreo ortodosso a Monsey, New York. Mi ha assicurato che tutto questo non succederà molto presto.
A Ridge Street un altro ebreo sui trenta passati, di nome Hershel, si è fatto una striscia di 2C-E. Hershel ha una barba castana chiara, e una figura tondeggiante. La sua voce burrosa ti strega, e in generale stargli intorno è come essere avvolti in un asciugamano tiepido. Hershel è stato costretto a sposarsi a 18 anni. Ha una moglie e due figli a Williamsburg, Brooklyn, da cui è scappato per sperimentare con gli allucinogeni. Non ha una casa, e vaga da un posto all’altro, pregando e prendendo LSD. È considerato il leader degli Ebrei Magici, ma è troppo modesto per riconoscersi questo ruolo. Mi ha spiegato “Ho solo un programma, portare sempre più chassidici a provare gli allucinogeni. Sono stato cresciuto come chassidico, ma non conoscevo Dio allora. Ero ateo, ma poi ho scoperto le sostanze psichedeliche, e ho capito. Gli allucinogeni mi hanno permesso di scoprire Dio. Prima dell’LSD odiavo Dio”.
Facendomi strada nel degenero totale mi sono avviato verso la porta e mi sono diretto a piedi verso il Manhattan Bridge. Sarebbe stato tutto abbastanza strano anche se non fossi stato in trip. Qualche giorno dopo ho ricevuto una telefonata di Aaron, che mi ha detto che erano stati sfrattati da Ridge Street e si erano già trasferiti in una baita nelle montagne di Catskills, un posto senza elettricità né acqua corrente. Mi ha dato una serie di numeri di telefono e mi ha detto di trovare un passaggio per raggiungerlo al più presto. Sono andato dal mio contatto, raggiungendolo a casa sua a Brooklyn, dove sono stato accolto da un mega tiro di bong che mi ha lasciato praticamente in coma per tutto il viaggio fino al bosco.
Sono rinvenuto che era già buio, mentre la macchina si trascinava gorgogliando in uno spiazzo fangoso. Aaron era spuntato dagli alberi, tenendo in mano una gigantesca torcia. Io ho seguito la torcia nel bosco, scrostando i piedi dal fango ad ogni passo. Mi sono trovato di fronte ad una mostruosa casetta di lamiera a due piani, con il tetto a spiovente. Dietro c’erano un lago ed una cascata illuminati dalla luna, ed acri e acri di terra vergine. La casa e le terre erano offerte da un misterioso gruppo di anziani ebrei, che sostenevano la causa. L’unica condizione? Che nessuno utilizzasse la terra per coltivare erba.
Dentro la baita era illuminata dalle candele, e riempita dal canto, e terribilmente calda per via di un grosso fuoco acceso in una tanica di benzina, proprio in mezzo alla stanza. Ebrei sudati e mezzi nudi erano sparsi tutto intorno, sdraiati sui divani al buio, addormentati sui letti, negli angoli, sul pavimento, sulle travi. Una panchina da pic-nic in fondo alla stanza era coperta di scatole di matzo, candele da preghiera con le immagini di Gesù e di Maria, e bottiglea di vino kosher Manischewitz. Io mi sono messo a sedere, e ho mangiato un cartone di acido, e poi ne ho passata una ad Herschel, che ha riso fragorosamente mettendosela in bocca. Poi si è messo a riscaldare delle pentole di acqua sul fuoco, con l’intenzione di fare un mikvah, un bagno purificatore, nella piscina gonfiabile all’esterno. Poi ha cominciato a piovere. Era troppo buio per scrivere, allora mi sono semplicemente steso a terra e mi sono messo a sentire la pioggia di aprile che batteva sul tetto. Ero completamente in estasi. Avevo la sensazione che ogni goccia di pioggia cadesse dal cielo per masturbare i miei timpani. Hershel è riemerso dalla pioggia, e io gli ho fatto notare com’era bello quel suono della pioggia, al che lui ha fatto, “Quale pioggia?” Ero sicuro di aver scoperto una qualche versione del paradiso, incredibilmente strana.
Il risveglio del giorno dopo è stato piuttosto brusco, con due ebrei che litigavano urlando. “Se ti comporti così non andrai da nessuna parte. Vuoi le donne, vero Yoni? Vuoi scopare la figa di una donna?” Yoni portava ancora il suo copricapo, ed era ancora nella zona grigia tra Magico e Chassidico, una sorta di pubertà psichedelica particolarmente scomoda, pieno di dubbi sulla strada vecchia, ma spaventato da quella nuova. Infastidito dalle icone cristiane, aveva grattato via le facce di Gesù e di Maria dalle rispettive candele la notte precedente. Un ebreo di nome Lavvy gli urlava addosso, “Gesù ti ama anche se gli cancelli la faccia”. Yoni gridava, “NO! NO! NO! Fanculo Gesù!” mentre si copriva le orecchie, in pena. Un’osservazione apparentemente insignificante si era trasformata in una dolorosa crisi teologica che confutava il suo paradigma dominante e minacciava di far crollare tutta la sua realtà. Lavvy, che proviene dalla stessa zona di Brooklyn di Yoni, si era adattato più facilmente. Si era fatto una reputazione come stilista emergente, causando indignazione tra i bloggers ortodossi per aver mandato in passerella delle modelle con vestiti fatti di scialle da preghiera, kippah, e altri indumenti religiosi ebraici.
Lavvy si è subito stufato di rieducare Yoni, si è avvolto in una bandiera americana, si è messo in testa un casco da motociclista, ed è uscito che sembrava una versione ebraica di Evel Knievel. Poi si è avviato verso la foresta spogliandosi nudo, diretto verso la discarica di automobili vicino al bosco. Lavvy si è poi messo al volante di un autobus semidisintegrato, con addosso solo il casco. È stato più o meno a quel punto che ho cominciato a chiedermi quando e se sarei riuscito ad avere un passaggio per tornare a casa. Andai alla ricerca dell’ebreo che mi aveva accompagnato, ma con una certa disperazione lo scoprii svenuto, a terra, con addosso un costume da Clifford the Big Red Dog, inspiegabilmente. Mi sono assicurato che fosse vivo, poi ho provato a scuoterlo un paio di volte, in un futile tentativo di svegliarlo. Quando si è fatto buio di nuovo mi sono reso conto che nessuno a parte me aveva la minima intenzione di andarsene. Mi sono versato un bicchiere di Manischewitz e mi sono steso. Non avevo mangiato nulla nelle ultime 24 ore, a parte il matzo e l’LSD.
Quando ormai avevo perso la speranza, sono stato avvicinato da una coppia che stava tornando in città, due che non avevo mai visto, né avevo notato la notte precedente. Siamo montati in macchina e ci siamo avviati verso casa sentendo un cd di Ricky Martin tutto rigato. La ragazza ha cominciato a chiedermi cosa facessi lassù, visto che avevo un aspetto abbastanza diverso dagli altri. Le dissi che stavo scrivendo un articolo sul consumo di droga nella comunità chassidica, che ormai era diventata la mia risposta standard. Nessuna risposta per qualche momento, poi lei si è schiarita la voce, e ha detto, “Sì, è un bel problema”. Ha fatto una pausa, ha abbassato il volume dello stereo, e ha continuato. “Il mio ragazzo è morto due settimane fa, overdose di coca”. Il mio cuore si è fermato per un secondo. “Sono stato al funerale, è stato molto triste”, ho detto. “Già”, ha risposto, con la voce stranita. Il suo nuovo ragazzo ha cambiato posizione sul sedile e ha aggiunto, “È stato terribilmente triste, ma bisogna andare avanti”. Io ho risposto “Sì, sì, certo. Non puoi rimanere fermo su queste cose”. Il ragazzo le ha messo la mano sulla spalla ed ha alzato il volume di “Livin’ La Vida Loca”. Nessuno ha aperto bocca per il resto del viaggio. Arrivati in città sono sceso su Canal Street, con la sensazione di essere in overdose di confusione.
La chiamata seguente che ho ricevuto dagli Ebrei Magici era per informarmi che erano stati cacciati anche dalla casa in montagna. Era venuto fuori che gli anziani in realtà non erano i proprietari. Si erano ritrovati tutti in una sinagoga del Lower East Side una sera. Io sono arrivato verso mezzanotte, trovando ebrei sparsi per la strada a fumare, bere, e flirtare con le shiksas.
Un chassidico che non avevo mai visto prima mi ha preso la mano e mi ha fatto, “Bentornato a casa”. Dentro ho trovato la parola “rabbino” scritta sul muro, con il simbolo dell’anarchia al posto della A. In un angolo un ebreo era seduto al piano, strimpellando “Stairway to Heaven”. Mi sono seduto e poco dopo sono stato avvicinato da Aaron che mi ha proposto di fumare DMT sugli scalini dell’uscita posteriore. Una bustina che conteneva polvere gialla, dal colore e dalla consistenza di cerume secco è subito comparsa, e il suo contenuto è stato versato in una pipa. Abbiamo tirato entrambi, seduti uno accanto all’altro sugli scalini senza luce, protetti dai rami bassi degli alberi. Il mio cervello ha cominciato a dividersi in due, in quattro, e poi in otto. Ho espirato, e mi sono reso conto all’improvviso della presenza di un coglione tutto atletico con le infradito che ci guardava con disprezzo dall’altra parte della strada. Ho cominciato di nuovo a chiedermi: qual è il significato di questa esperienza?
Negli anni ’60, i rabbini riformati cominciarono a sperimentare le droghe psichedeliche per cercare Dio. Alcuni sono arrivati alla conclusione che l’esperienza psichedelica fosse in tutto e per tutto più reale e significativa di quella religiosa, e alcuni addirittura arrivarono a sostenere che anche solo un paragone tra le due esperienze avrebbe offeso la sacralità degli allucinogeni. Nel 2000, un gruppo di ebrei ortodossi del Queens fu scoperto a vendere più di 100.000 pasticche di MDMA alla settimana. La polizia gli sequestrò milioni di pillole. Alcuni giornali la definirono la più grande operazione anti-droga della storia di New York.
Ma cosa c’era da sorprendersi? Tutti si sballano. In questo momento da qualche parte c’è una suora in robo-trip, o un frate che sniffa detergente per il computer. Quello che cambia è il modo. Mentre molti loro contemporanei disquisiscono se sia ammissibile fumare erba duranet il Sabbath o se l’LSD sia kosher, gli Ebrei Magici si sono del tutto liberati della burocrazia religiosa e hanno distillato l’ebraismo nella sua versione più gustosa, consumandolo senza vergogna nella speranza che altri seguano l’esempio. In questo modo si ha la religione psichedelica al suo livello più puro.
Nel corso della gita alle Catskills, ho visto un cartone di LSD acquistato ed avidamente consumato nel giro di pochi minuti. Gli Ebrei Magici avevano la bava alla bocca per il desiderio di psichedelia. Hershel mi ha preso per il braccio e mi ha chiesto di parlare da soli. Abbiamo camminato per una strada buia, vedendo solo l’uno il profilo dell’altro. “Sai, Hamilton, alcuni vogliono questa vita per le ragioni sbagliate” ha detto Hershel.
Ho annuito mentre continuava. “A volte vogliono solo fare festini, e a volte è vero che noi facciamo festini, ma bisogna avere delle intenzioni chiare”. Ho annuito ancora, chiedendomi cosa stesse cercado di dire. Ha continuato, “Questi sono luoghi intensi. Quando porti la luce nella tua vita ovviamente elimini il buio, ma io non penso che questa sia una cosa positiva in quanto tale. Penso che distrugga tutto quello che hai. Se sei concentrato, poi puoi ricostruirti. Ma non tutti lo sono”. In quel momento eravamo tutti e due in trip, ed io ero in grado di capire più o meno quanto lui era in grado di farsi capire. Eppure, credo di aver capito che quello che cercava di dirmi era più o meno: stiamo giocando con cose molto potenti, e alcuni di noi sono ingenui. Per questo alcuni di noi possono rimanere irrimediabilmente sconvolti dalla roba di cui ci stiamo facendo.
Qualche ora dopo uno degli Ebrei Magici si è fatto una striscia di ketamina mentre andava in barca sul lago. È barcollato sulla spiaggia, poi è svenuto nel vialetto, vomitandosi addosso per poi cadere in uno stato d’incoscienza profondo, mentre tutti assistevano con orrore. Alla fine tutti si sono rivolti ad altro, qualcuno lo ha messo su un fianco, e poi sono tornati al falò a farsi dell’altra ketamina.
Mentre il sole sorgeva e il cinguettare alieno di creature che posso solo descrivere come “uccelli armonica di vetro” mi cullava in uno stato di trance, ho visto Hershel uscire dal bosco. Era solo con un libro di preghiere in mano, e sorrideva, fumando una sigaretta. Ci siamo messi ad ascoltare gli uccelli per un minuto, mentre infine accettavo l’idea più strana di tutte—la possibilità che tutto questo avesse davvero un senso.
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