Rossella Tercatin
L’esame di maturità è uno di quei momenti che non ti scordi mai. Anni di scuola ad aspettarlo e temerlo, considerandolo la fine di tutta la vita che conosci. Poi passa e ti rendi conto che non si tratta di una fine. Si tratta di un inizio. Nel 2008 alla scuola ebraica di Milano si sono diplomati 26 ragazzi, 8 hanno conseguito la maturità scientifica, 7 tecnica e 11 linguistica, lasciando un istituto che nella maggior parte dei casi frequentavano dall’asilo. Si è chiusa una fase della loro vita di giovani ebrei milanesi. Ma si è aperto qualcosa di nuovo per ciascuno di loro. Michael è uno di quelli che ha deciso di studiare a Milano. È iscritto all’Università Bocconi, facoltà di giurisprudenza.
Perché hai scelto di rimanere a Milano? Avevi preso in considerazione anche altre ipotesi?
“Guarda, ho considerato l’idea di prendermi un anno di pausa e trascorrerlo in Israele, come hanno fatto molti miei amici. Vederli partire ed essere rimasto qui non è facile, ma in questa città mi trovo bene e ci sono legato per tanti motivi. Inoltre ho preferito iniziare l’università subito, perché penso che dopo un anno senza studiare rimettersi sui libri sarebbe stato davvero difficile”.
Come ti trovi all’università? Quanto è diverso l’ambiente rispetto a quello a cui eri abituato?
“L’università mi piace. È un ambiente nuovo e stimolante e sono felice di avere l’opportunità di fare nuove conoscenze. Per esempio mi ha sorpreso vedere come i miei compagni di classe, venuti a sapere che sono ebreo, abbiano dimostrato un grandissimo interesse per l’ebraismo, e tuttora continuino a farmi moltissime domande. Allo stesso tempo però sono convinto che instaurare rapporti profondi come quelli che ho coi miei ex compagni di scuola, con cui ho condiviso tutta la vita, sia davvero difficile”.
Economia, scienze della formazione, comunicazione, biologia, matematica, lingue … Sono tante le facoltà scelte da chi è rimasto a Milano. Ma ciò che della classe 2008 colpisce maggiormente, è il numero di quelli che hanno preso un altro tipo di decisione. Sono infatti più di una decina, oltre il 30%, i ragazzi e le ragazze che, intascato il diploma, hanno fatto le valige e sono partiti. Destinazione Israele. Michal sta frequentando la Mechinà (il programma della durata di un anno per gli studenti stranieri che desiderano studiare in Israele) dell’Università di Bar Ilan a due passi da Tel Aviv. Ha vinto una borsa di studio destinata del Karen Hayesod ai ragazzi italiani più meritevoli che scelgono di proseguire gli studi in Israele e, psicometrico permettendo, vuole entrare nella facoltà di giornalismo o in quella di lingue e letterature straniere.
Perché hai scelto di partire per Israele?
“Sono sicura che in Italia avrei trovato delle ottime università, ma questo a me non bastava. Desideravo ampliare i miei orizzonti, mettermi alla prova, conoscere persone nuove, fare esperienze diverse. Ho ritenuto che Israele fosse la scelta giusta”.
Come ti trovi lì?
“Benissimo! È tutto assolutamente meraviglioso, la gente è aperta e calorosa. Ed è bellissimo vedere come i ragazzi arrivino qui da tutto il mondo e ci si trovi assieme senza barriere o pregiudizi. (E, visto che mentre parliamo mi racconta di essere in un Mc Donald’s kasher con una ragazza spagnola, una francese e una peruviana, c’è senz’altro da crederle).
E se ti chiedo di ripensare a Milano e alla scuola ebraica?
“Devo ammettere che arrivando qui mi sono sentita davvero compiaciuta scoprendo quanto la mia preparazione e la mia conoscenza delle lingue suscitino ammirazione. Sono orgogliosa di averla frequentata e, anche se qui sono felice, non posso evitare di provare un po’ di nostalgia”.
Sono quattro i ragazzi (anzi le ragazze considerando che sono tutte fanciulle) che stanno frequentando la Mechinà nelle università israeliane. Ma sono molti quelli che, pur scegliendo di andare in Israele, hanno optato per soluzioni diverse.
Molto quotata è l’Hachshara , il programma offerto dall’organizzazione giovanile Benè Akiva. Da Milano sono in cinque. Durante quest’anno trascorreranno alcuni mesi in Kibbutz e in Yeshivat, faranno volontariato, studieranno l’ebraico, viaggeranno per Israele. Insomma un’esperienza completa. Gady ce ne racconta qualcosa.
Cosa ti ha spinto a partire? Perché hai scelto l’Hachshara?
“Ci sono diversi motivi. Prima di tutto volevo fare l’esperienza di vivere in Israele. Essendo da sempre parte del Benè Akiva, ho scelto di partire col loro programma, anche perché chi l’ha fatto prima di me, ne ha sempre parlato benissimo”.
E ora che ci sei dentro?
“È spettacolare! Ci troviamo tutti benissimo. È fantastico avere occasione di conoscere gente proveniente da tanti posti diversi. Noi italiani siamo insieme agli svedesi per la maggior parte delle attività, e loro hanno un modo di vedere l’ebraismo davvero diverso dal nostro. È bello potersi confrontare”.
E se ti dico di ripensare al liceo e la maturità?
“La scuola mi manca, l’esame proprio no!”
Non vanno infine dimenticate le voci fuori dal coro, una ragazza studia musica in Israele, qualcuno lavora, altri hanno deciso di prendersi un anno di tregua … Insomma il panorama è variegato. Rimane l’auspicio che ciascuno di questi ragazzi raggiunga il massimo nel percorso che ha intrapreso, portando nel cuore quegli amici che hanno condiviso con loro un tratto di cammino così importante, fino al fatidico giorno della maturità.
Rossella Tercatin
Dalla newsletter Unione Informa del 4 marzo 2009