(Roma 30 Marzo 1805 – 20 Maggio 1889)
Uomo di limpida dirittura e di vaste capacità amministrative. Fu Il più importante rappresentante della comunità ebraica di Roma nel XIX secolo. Deputato al Parlamento d’Italia. Assessore alla Finanze di Roma. Presidente del Monte di Pietà e Consigliere della Banca Pontificia (poi Banca Romana).
Vissuto in un’epoca di grandi eventi per la comunità ebraica e ovviamente per l’Italia Intera. Nel 1828 all’età di soli 23 anni entrò nel consiglio direttivo della Comunità. Divenne ben presto l’intermediario fra gli ebrei romani e il governo pontificio. Lo stesso papa Gregorio XVI lo chiamava “il nostro Cicerone” e invitava la propria corte ad ascoltare con attenzione il suo modo di porgere le questioni all’indirizzo del papa, encomiandolo pubblicamente: “Quando difendete una causa di giustizia o di umanità voi Alatri mi toccate sul vivo”.
La sua prima conquista fu permettere agli ebrei romani di partecipare ai prestiti del Monte di Pietà, ma fu tale il suo prestigio in campo economico e contabile che poi ne diventerà addirittura presidente per 15 anni dal 1875 al 1889, riportandolo in pochi anni da una situazione di bilancio prossima al fallimento a una situazione di attivo.
Nel 1840 iniziano i suoi viaggi all’estero durati ben 25 anni che lo porteranno in Francia e in Inghilterra a contatto con molte personalità dell’epoca, tra cui ambasciatori, banchieri, imprenditori e studiosi (quali il barone De Rothschild, Adolfo Frank, Alberto Coen e Salomone Munk) che gli valsero una larga cultura e ricchissime esperienze sia nel campo amministrativo che in quello pedagogico.
La svolta liberale di Pio IX favorì il contatto tra Alatri e alcuni protagonisti del Risorgimento Italiano, quali Marco Minghetti, Massimo D’Azeglio, Carlo Farini, e Terenzio Mariani. Fu favorevole alla Repubblica Romana, ma senza suscitare reazioni verso di lui e verso la Comunità da parte di Pio IX, tant’è che nel 1850, caduta la repubblica fu chiamato dallo stesso Governo Pontificio a far parte del Consiglio di Reggenza (analogo al Consiglio di Amministrazione) della Banca dello Stato Pontificio e gli venne riconosciuto con plauso generale il merito di salvare la banca dalla crisi finanziaria del 1854-1855. Rimase nel consiglio di amministrazione (che prenderà il nome di Banca Romana) anche dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia. In quegli anni coltivò tra l’altro buone relazioni con Monsignor De Merode, col Conte Antonelli e suo fratello il Cardinale, Governatore della Banca Pontificia fino al 1870.
Fece parte della delegazione che portò al Re Vittorio Emanuele II il risultato del plebiscito popolare per l’annessione di Roma, avvenuta il 2 Ottobre 1870.
La città gli dimostrò la propria stima affidandogli la carica prestigiosa di Assessore alle Finanze ed eleggendolo nella seconda circoscrizione elettorale, deputato al Parlamento Italiano, accanto a Giuseppe Garibaldi e Guido Bacelli. In particolare, Alatri si dedicò ai lavori della Commissione Contabile dal 1874 al 1876.
In una delle riunioni del Consiglio Municipale, in un clima di esasperato laicismo, Alatri si oppose alla rimozione del crocifisso dalle aule del municipio e nella Piazza del Verano, sostenendo casomai la necessità di aggiungere la stella di David, in coerenza con i suoi principi liberali. Tale fu il gesto di riconciliazione e di fratellanza che gli valse l’encomio da parte di Pio IX che lo definì “il più cristiano tra i consiglieri municipali di Roma”.
Nel1876 grazie soprattutto all’impegno del figlio Giacomo, favorì lo sviluppo dell’Opera degli Asili Infantili della comunità ebraica (costituiti sedici anni prima da Tranquillo Ascarelli e sempre grazie al suo apporto), tanto che il Re ne riconobbe i diritti di Ente morale.
Indiscusso leader della comunità ebraica ormai da decenni, si dedicò alla sua riorganizzazione e ne fece riconoscere i diritti al nuovo Stato Italiano favorendo tra l’altro l’abolizione giuridica del Ghetto. Dopo l’approvazione da parte del Re dello Statuto della Comunità ne fu eletto formalmente presidente. Il primo della serie. Memorabile è il suo discorso del 17 Maggio 1885 in cui nell’esporre con dovizia di particolari la nuova organizzazione, esortava i suoi membri a partecipare attivamente alla realizzazione degli alti obiettivi e dei nobili scopi della collettività.
L’8 Marzo 1889 venne colpito duramente negli affetti dalla perdita del figlio primogenito Giacomo (deceduto a soli 58 anni). Pochi mesi dopo il 20 Maggio, all’età di 84 anni, si spegne nel compianto generale della città, come testimoniano le parole del sindaco d’allora Augusto Armellini che disse: “la città di Roma ha amato fervidamente il defunto Samuele Alatri e ora lo piange come si piange un padre”.
Tratto da http://lacristalleria.blogspot.com
Grazie a Vito Kahlun