Nella Parashà di Vayetzé leggiamo: E Yaakov lasciò Be’er Sheva e andò a Charan. (Bereshit 28:10). In merito a questo versetto c’è una discussione tra i Chachamim. E Yaakov lasciò Be’er Sheva, per non tornarvi mai più. Come si può sostenere che uscì per non tornarvi mai più? Yaakov tornerà in effetti a Be’er Sheva insieme alla sua famiglia 36 anni dopo, famiglia, beni e tutto, nella Parashà di Vayishlach.
La realtà è che non è proprio così. Quando torna a Be’er Sheva, Yaakov è trasformato. Torna a casa, nei fatti, una persona diversa, persino con un nome diverso: Yisrael.
Come sottolinea il Ramban in un famoso commento nella Parashà Lech Lechà, “gli eventi che coinvolgono i padri sono segni per i figli”. In altre parole, ciò che i padri hanno attraversato è in qualche modo destinato ad essere vissuto attivamente anche da noi, in un modo o nell’altro, nel corso degli anni successivi. Quindi, proprio come Yaakov fuggì da casa in cerca di un’identità superiore, allo stesso modo ha fatto anche il popolo ebraico. Quando finalmente torneremo a casa, come anelato da centinaia di anni attraverso le generazioni, non avverrà come “Yaakov”, ma avverrà come “Yisrael”.
Questo commento viene dalle parole del Malbim: Poiché così dice D-o: Canta, o Yaakov, con gioia, esulta sulle vette delle nazioni; annuncia, loda [D-o] e di’: “O D-o, salva il Tuo popolo, il resto di Yisrael!”. Ecco, li ricondurrò dalla terra del Nord e li radunerò dalle estremità della terra. Tra loro ci saranno ciechi e zoppi, donne incinte e partorienti; una grande assemblea tornerà qui. Verranno piangendo e Io li ricondurrò con suppliche; li guiderò lungo corsi d’acqua, per una via diritta in cui non inciamperanno, perché Io sono stato un padre per Israele ed Efraim è il mio primogenito. (Yirmeyà 31:6-8).
Al termine del loro esilio, dell’esilio del popolo ebraico, esilio ancora presente, l’oppressione sarà rimossa da loro e saranno gioiosi perché saranno al vertice delle nazioni. Verrà reso loro onore e non saranno più disonorati e umiliati tra le nazioni come lo sono stati durante la storia. “Yaakov” sarà il nome che rappresenterà le masse del popolo, e i più piccoli tra loro. “Yisrael” sarà il nome dei più grandi.
Liberiamo il campo dai fraintendimenti: Yaakov è uno dei patriarchi ed era uno tzaddik. Il suo diventare Yisrael rappresenta però sicuramente un passo avanti. Questo cambiamento epocale si basa su tutto ciò che Yaakov è riuscito ad ottenere negli anni, e aggiunge molto di più rispetto ad un mero appellativo. Si tratta di qualcosa a cui tutti dovremmo aspirare, ognuno a suo livello personale.
La cosa ironica, è che questo è anche qualcosa che passa a malapena inosservato e raramente apprezzato. Non è particolarmente divertente se si considera che questo è il motivo per cui, migliaia di anni dopo, stiamo ancora inciampando nell’esilio, come allude il Malbim. Anelare al vertice può renderci orgogliosi e ha giocato un ruolo nel processo di redenzione, ma non è il fine ultimo.
C’è un’altra cosa di Yaakov che non possiamo dimenticare. Fu chiamato così perché venne al mondo tenendosi stretto al tallone di Esav. È interessante come entrambi i fratelli debbano i loro nomi in base a come erano alla nascita. Esav, ci dicono i Chachamim, venne al mondo già fatto – asui – da qui quindi il suo nome. Yaakov prese il nome dal tallone a cui si aggrappò quando venne al mondo. Esav qualche anno dopo riceve un altro, nella Parashà della scorsa settimana. Poiché rinunciò alla primogenitura per una minestra di colore rosso, viene chiamato “Edom”. Yaakov non riceve il suo nuovo nome “Yisrael” se non molto più tardi, dopo aver combattuto con l’angelo di Esav ed essere sopravvissuto all’episodio di Dina a Shechem. Viene chiamato così per la prima volta dall’angelo contro cui combatte prima di incontrare Esav, ma il nome non viene confermato da D-o se non dopo gli eventi di Shechem. La vita di Esav è intrisa di materialismo a scapito della spiritualità, quando necessario, mentre la vita di Yaakov è la spiritualità a scapito del materialismo, quando necessario. Ma è davvero qualcosa di nuovo? Non era questa la differenza e il disaccordo tra le persone del tempo di Noach e Noach stesso? Non è questa la continua contrapposizione ancora oggi? Viviamo tutti in un mondo palesemente materialista, che lotta per afferrare qualcosa di invisibile chiamato spiritualità. Mai prima d’ora è diventato così facile avere la botte piena e la moglie ubriaca. Alcuni, quando gli viene chiesto perché si comportino in modo così estremo, rispondono: “Perché posso”. Queste argomentazioni posso essere adatte forse ad un Esav, al limite ad un Yaakov, forse. Ma per un Yisrael?
Questo è Esav, d’accordo, l’abbiamo visto la settimana scorsa. Quando si è trattato di vendere il diritto di primogenitura in cambio di cibo, non ha avuto problemi. Cinquant’anni dopo, quando la realtà lo raggiunse perché aveva perso le benedizioni che ne derivavano, si pentì di tutto. Cercò di ribellarsi, urlò e persino pianse, ma non poté annullare ciò che aveva fatto con tanta negligenza cinquant’anni prima. La reazione quasi immediata di Esav è quindi la vendetta, incolpando Yaakov per la sua mancanza di lungimiranza. La dura realtà è che Esav disprezzava il diritto di primogenitura, perché riteneva che non ne potesse derivare alcun beneficio materiale.
La storia di Esav e Yaakov rappresenta il viaggio di Yisrael nelle generazioni. Ci possiamo aggrappare al tallone di Esav e imitare il suo stile di vita, ma un vero Yisrael è in un viaggio verso l’altro, verso qualcos’altro. Sì, la Torà promette ogni tipo di successo materiale per aver adempiuto alle mitzvot, ma questo va al di là del bene materiale: rappresenta un aiuto che D-o ci dà per sostentarci e per permetterci di continuare a compiere altre mitzvot e guadagnare una ricompensa , quella del Mondo a Venire.
Agli occhi di molti tutto questo rappresenta sicuramente un sacrificio. La domanda è: quanto? Questa è l’unica domanda alla quale non è possibile dare una risposta univoca, l’unica domanda a cui una persona deve rispondere da sola. D-o lascia spazio all’individuo di decidere da solo del proprio libero arbitrio. Anche se non è necessariamente d’accordo con la nostra decisione, ci lascia la libertà di decidere e di essere artefici e costruirci il nostro futuro. Sta noi scegliere la strada corretta da seguire. Se la strada di Esav rappresenta la strada sbagliata, la strada di Yaakov, anche se non negativa, può rappresentare però la spinta per compiere la scelta più encomiabile: essere un vero “Yisrael”, compiere le scelte di vita corrette adottando uno stile di vita aderente alle mitzvot e ai valori della Torà.
