Sara, la moglie di Avraham morì a Chevron all’età di centoventisette anni. Ora era compito di Avraham di seppellirla. A tale scopo si rivolse ai Chittiti che abitavano quella città: “Datemi la proprietà di un sepolcro in mezzo a voi, perché io possa portar via il morto e seppellirlo. Allora gli Chittiti risposero ad Avraham dicendogli: Ascolta noi, piuttosto, signore. Tu sei un principe di Dio in mezzo a noi: seppellisci il tuo morto nel migliore dei nostri sepolcri. Nessuno di noi ti proibirà di seppellire il tuo morto nel suo sepolcro. Avraham si alzò, si prostrò davanti al ‘am ha-aretz, davanti agli Chittiti, e parlò loro: Se è secondo il vostro desiderio che io porti via il mio morto e lo seppellisca, ascoltatemi e insistete per me presso Efron, figlio di Tzohar, perché mi dia la sua caverna di Makhpelà, che è all’estremità del suo campo. Me la ceda per il suo prezzo intero come proprietà sepolcrale in mezzo a voi” (Bereshìt, 23: 4-9).
R. Elie Munk (Parigi, 1900-1981, New York) in The Call of the Torah (p.303) fa notare che questa è la prima volta nella Torà dove si parla della sepoltura di un morto. Molte regole e usanze sulla sepoltura derivano da questo passaggio. Per chiedere un luogo per seppellire Sara, Avraham si rivolse prima di tutto il popolo presente. Quando ebbe la prima riposta positiva egli si prostrò davanti agli ‘am ha-aretz. Questa espressione è oggi usata per definire una persona ignorante, un uomo della terra. In questa circostanza l’espressione vuole indicare gli uomini che facevano parte del consiglio locale. Nelle Scritture l’espressione ‘am ha-aretz appare ben quarantanove volte. In quarantadue casi si riferisce al consiglio locale.
Avraham aveva in mente da tempo la grotta di Makhpelà. L’aveva scoperta per caso quando corse dietro a un vitello che era fuggito dalla stalla. Si rese conto che in quel luogo erano stati sepolti Adamo ed Eva e pensò subito ad acquistarla nella prima occasione come sepolcro per la famiglia. Avraham desiderava questa grotta come simbolo di universalismo. Per Avraham essere ebreo era realizzare la missione di Adamo, l’uomo per eccellenza. Dopo il peccato di Adamo ed Eva nel Gan Eden, Avraham voleva realizzare il compito che non era riuscito ad Adamo.
Questo motivo appare già negli scritti di r. Eliyahu Benamozegh (Livorno, 1823-1900) nel suo libro Israël et Humanité – Introduction (pubblicato nel 1885). Quest’opera venne pubblicata in lingua francese con il sottotitolo “demonstration du cosmopolitisme dans le dogmes, le lois, le culte, la vocation, l’histoire et l’ideal de l’hebraïsme”. Era l’introduzione a un progetto molto più vasto che l’autore non riuscì a completare. Il principale motivo di questo libro di 67 pagine, oltre ad altre 8 pagine di note in francese e in italiano, è che la Rivelazione del Sinai è universale. Per gli ebrei vi sono 613 mitzvòt e per i gentili le sette mitzvòt dei figli di Noach. L’ebraismo è quindi la sola religione universale.
