“Quando l’alba cominciò ad apparire, gli angeli sollecitarono Lot, dicendo: Alzati, prendi tua moglie e le tue figlie che si trovano qui, perché tu non perisca nel castigo di questa città. Ma egli indugiava; e quegli uomini presero per la mano lui, sua moglie e le sue due figlie, perché il Signore lo voleva risparmiare; lo portarono via e lo misero fuori della città” (Genesi 19:15-16). Nel brano della Torà di domani si racconta la famosa storia della distruzione di Sodoma e Gomorra. Due angeli furono inviati da Dio per salvare Lot, il nipote di Abramo, che aveva scelto di vivere in mezzo a quelle popolazioni malvagie.
Gli angeli ordinarono a Lot di lasciare la città con sua moglie e le sue figlie, ma “waytmamà” – “indugiava” (19:16). Alla fine gli angeli afferrarono Lot, sua moglie e le sue due figlie nubili e li trascinarono fuori città. Rash”y (Rabbi Shelomò Yitzchakì, 1040-1105) svela il motivo per cui Lot indugiava: Lot voleva raccogliere e portarsi via tutti i suoi beni. Era un uomo ricco e non voleva lasciare la città senza i suoi averi.
Rav Yaakov Lorberbaum di Lissa, (1760-1832), si pone la domanda di come Lot possa aver rischiato la vita, ritardando la fuga da Sodoma, a causa del suo denaro. A cosa stava pensando Lot?
Durante la distruzione di Sodoma e la morte della moglie, Lot e le sue due figlie si rifugiarono temporaneamente in una grotta. Presumendo che l’intera terra fosse stata distrutta, le figlie di Lot presero la drastica decisione di dover giacere con il padre per concepire e avere una discendenza. Per due notti consecutive fecero ubriacare il padre e “giacquero carnalmente con lui”. Da quelle unioni le figlie di Lot diedero alla luce due figli, Amon e Moab, che diedero vita alle due nazioni conosciute con questi nomi.
Da Moab discese Rut, che si unì al popolo d’Israele e divenne la bisnonna del re Davide. Da Amon discese Naama, che sposò il re Salomone e il cui figlio, Roboamo, porto avanti la dinastia davidica. Questo sarebbe il motivo per cui Lot fu salvato da Sodoma, perché in futuro queste due donne rette che si sarebbero unite al popolo d’Israele, dalle quali sarebbe disceso il Messia.
Rav Yaakov Lorberbaum afferma che Lot era convinto che sarebbe stato salvato in virtù delle due “perle” che sarebbero affiorate da lui e per questo non era affatto preoccupato che ritardare la sua partenza lo avrebbe messo in pericolo. Il “nipote” di Abramo si riteneva necessario per la continuità della storia d’Israele per questo pensava che Sodoma, finché lui era presente, non sarebbe stata distrutta.
Rav Lorberbaum aggiunge anche un altro elemento interessante.
Il “taam”, il segno di cantillazione sopra la parola “waytmamà/indugiava”, è l’insolito “shalshelet/catena” (il segno somiglia ad una saetta) che, in qualche modo, allude alla catena generazionale e all’eredità che si trasmette nel tempo attraverso le generazioni. Questo segno di cantillazione compare solo altre tre volte in tutta la Torah, tutte in contesti pertinenti al concetto di catena di discendenza:
1. Appare sulla parola “wayomar/e disse” (Genesi 24:12), nel capitolo in cui si racconta de il servitore di Abramo, Eliezer, mandato in Mesopotamia alla ricerca di una moglie per Isacco affinché si perpetuasse la famiglia di Abramo.
2. Appare sopra la parola “waymaen/si rifiutò”, che esprime il diniego assoluto di Giuseppe di avere una relazione con la moglie del suo padrone che lo desiderava fortemente (Genesi 39:8). Giuseppe rifiutò a causa della “catena” di individui retti che erano destinati a discendere da lui, come Giosuè.
3. Infine, questo segno appare nel libro del Levitico, nel capitolo in cui si descrive il sacrificio presentato da Aronne attraverso il quale si guadagnò l’espiazione per la colpa di aver partecipato al peccato del vitello d’oro, per essere quindi degno di fondare la famiglia sacerdotale dei Kohanim (Levitico 8:23).
Ma torniamo ora a Lot.
Rav Lorberbaum dice che il motivo per cui il segno “shalshelet/catena” appare per la prima volta qui nella storia della partenza ritardata di Lot da Sodoma, è per sottolineare che Lot sapeva chi sarebbe disceso da lui. Questa consapevolezza, tuttavia, portò Lot a commettere un errore, e a correre un grande rischio seppur inconsapevolmente.
Sebbene fosse stato salvato in virtù di quelle due “perle”, Rut e Naama, il destino ebraico in realtà non dipendeva affatto da lui. Le anime di queste due rette donne erano all’interno delle figlie di Lot e Dio avrebbe potuto far sì che si rivelassero attraverso un’unione più convenzionale. Nonostante questo, gli angeli ebbero compassione di Lot e alla fine lo presero, portandolo fuori dalla città per salvargli la vita.
Questa storia ci insegna a stare ben attenti a ciò che può accadere quando pensiamo che tutto gira intorno a noi. Lot è l’esempio che ci può aiutare a non cadere nell’errore di indugiare nel fare quello che si deve, perché non sempre possiamo avere la fortuna di ricevere una benevola compassione, Shabbat Shalom!
