“Lech Lechà, vai via verso la terra che ti mostrerò.” Hashem comanda ad Avraham di spostarsi, di lasciare la sua terra e il suo ambiente. Certamente, un cambiamento geografico può modificare le condizioni, le risorse e le persone a cui siamo connessi. Ma la questione è più profonda. Nel Talmud (Rosh Hashanà 16b) si dice che uno dei modi per cambiare decreti celesti è il cambiamento di luogo, da cui l’adagio: “Meshanè Makom, Meshanè Mazal” – chi cambia posto, cambia “Mazal”. Ma cosa significa mazal? Alcuni lo traducono come “destino” o “fortuna”, altri come “segno zodiacale”. È forse plausibile un influsso astrologico sulla nostra vita? I Chachamim rispondono: “Ein Mazal leYisrael” (Shabbat 156a) – Israele è al di sopra dell’influsso delle stelle. Non perché l’astrologia non esista, ma perché Israele, attraverso la Torah, la tefillà e la teshuvà, può elevarsi sopra il mazal.
Diventerebbe quindi difficile spiegare il cambiamento spirituale come un semplice effetto geografico.
Eppure la difficoltà cresce se aggiungiamo un altro elemento.
Il termine Makom (luogo) è uno dei Nomi di D.o: “Non è il mondo il Suo luogo, ma Egli è il luogo del mondo” (Bereshit Rabbà 68:9). Se tutto l’universo è compreso nel Makom, cioè in Dio stesso, allora cosa cambia spostandosi? Se siamo sempre “dentro” il Makom, non avrebbe senso pensare che un luogo possa trasformare spiritualmente. Tentiamo di rispondere. Nel libro di Daniele (10,7) il profeta ha una visione che gli altri presenti non vedono, ma sentono un grande tremore. Il Talmud spiega: “Essi non videro, ma il loro mazal vide” (Megillah 3a). Il mazal non è solo una costellazione, ma una dimensione spirituale, un malach (l’angelo custode?), un’emanazione che accompagna l’uomo e percepisce più in alto di lui. Così come Esav ha il suo sar (angelo-principe), e Mitzrayim ha il suo, anche ogni persona, popolo e terra possiede una presenza spirituale che la accompagna. I pensieri, le parole e le azioni creano e alimentano queste presenze (cfr. Rav Adin Steinsaltz, La rosa dai tredici petali). Il Midrash racconta che anche i luoghi hanno i loro angeli.
Quando Yaakov lascia Eretz Israel, “gli angeli della Terra lo accompagnano fino al confine, poi salgono al cielo, e scendono gli angeli della diaspora per accompagnarlo” (Rashi a Bereshit 28:12).
E quando ritorna da Charan, “gli angeli di Dio gli vengono incontro” – i malakhim della Terra d’Israele che scendono per accoglierlo (Rashi a Bereshit 32:2).
Perfino la creazione più piccola è accompagnata: “Non c’è filo d’erba che non abbia un angelo che lo percuote e gli dice: Cresci!” (Bereshit Rabbà 10:6). Da tutto ciò comprendiamo che chi cambia luogo cambia canale spirituale, cambia il modo in cui la luce divina si riversa su di lui.
Il makom fisico è solo la proiezione di un makom interiore. Ma Lech Lechà non significa soltanto “vai via”: significa anche “vai verso te stesso”. È un movimento esterno e insieme interiore: muoversi da uno stato mentale e spirituale a un altro. Rabbi Nachman di Breslav insegna (Liqutei Moharan I,7) che Eretz Israel non è solo un luogo geografico, ma uno spazio spirituale, dove la fede e la preghiera superano la natura.
E in un suo detto riportato nel libro La sedia vuota, aggiunge: “Tu sei laddove sono i tuoi pensieri. Assicurati che i tuoi pensieri siano dove tu vuoi essere.” Allo stesso modo, il Baal Shem Tov insegnava: “Il luogo in cui si trova il pensiero dell’uomo, lì egli è tutto intero.” Così, “Meshanè Makom, Meshanè Mazal” non riguarda solo lo spazio, ma lo spirito. Chi cambia luogo esteriore non è detto che cambi il flusso della sua vita, è possibile, anzi sicuro che il suo Tikkun (ciò che deve essere rettificato) lo segua con persone e dinamiche sicuramente diverse ma paradossalmente sempre uguali; chi cambia il luogo interiore — i pensieri, la consapevolezza, la direzione dell’anima — cambia il suo mazal.
Si scopre così che il viaggio più lungo non è quello dei piedi, ma quello del cuore.
Shabbat Shalom
