David Gerbi – Psicoanalista junghiano e psicoterapeuta
La parasha inizia con la morte di Sara e con la storia delle trattative di Abramo per acquistare un terreno e assicurare un luogo di sepoltura per la moglie. Questo episodio segna la nascita del primo cimitero ebraico. La parasha si conclude con la morte di Abramo, il funerale in presenza di Isacco e di Ismaele e la morte di Ismaele, rendendo il tema della morte centrale nel racconto.
Con la morte di Sara, Abramo stabilisce l’idea del cimitero, un luogo di riposo per lui stesso e per altri patriarchi e matriarche, come Isacco, Giacobbe e Lea. Il tema affrontato non è solo quello della morte, ma anche il modo in cui viene elaborata e vissuta.
Un altro aspetto importante è il tema della vita e della continuità. La parasha narra del matrimonio di Isacco e della nuova discendenza che avvia, mentre Abramo riprende in mano la propria vita dopo la morte di Sara. Abramo si riunisce con Agar, ora chiamata Keturà, il cui nome è legato alla parola ketoret (profumo). Secondo i commentatori, Keturà ha mantenuto la purezza e il “profumo” originario, non essendosi mai unita ad altri dopo l’allontanamento da Abramo. Insieme, Abramo e Keturà avranno sei figli.
Oggi è naturale associare l’idea della morte ai funerali e ai riti di sepoltura religiosi, ma prima della morte di Sara non esisteva un concetto simile. Abramo istituisce questa tradizione, guardando non solo alle generazioni future ma anche alla discendenza che riposa in attesa della resurrezione dei morti.
L’idea dell’aldilà compare per la prima volta nella Torah nella descrizione della morte di Abramo, rappresentata in modo sereno: “Abramo esalò l’ultimo respiro e morì in buona età, vecchio e sazio di anni, e fu riunito al suo popolo” (Genesi 25:8). Questo versetto suggerisce un ritorno alla terra, come ricorda il termine adama (terra), da cui deriva la parola Adamo: “Polvere sei e polvere tornerai”. Per gli ebrei, non esiste altro modo di sepoltura se non nella terra.
In Israele, troviamo ancora oggi le tombe di patriarchi, matriarche, profeti e grandi rabbini. Questi luoghi diventano meta di pellegrinaggi, in cui si prega affinché le anime dei defunti possano intercedere presso D.O. per esaudire le nostre richieste. Il cimitero ha un ruolo centrale nella tradizione ebraica anche per la convinzione che la resurrezione dei morti inizierà sul Monte degli Ulivi. Il rispetto per i defunti, come insegnato da Abramo, resta fondamentale, e l’acquisto di tombe per i propri cari continua a essere una pratica diffusa.
Colpisce nei racconti biblici l’assenza di disperazione e la compostezza con cui viene affrontata la morte. Oggi, invece, il lutto si vive attraverso quattro fasi principali:
1. Shock: la morte appare incredibile e inaspettata.
2. Protesta: si cerca di dare un senso alla perdita, pensando che si sarebbe potuto evitarla.
3. Rassegnazione: si vive un periodo in cui si sopravvive più che vivere.
4. Accettazione: si comprende che la morte è parte della vita e che non abbiamo controllo su di essa.
La morte è inevitabile. Tutti siamo destinati a perdere persone care e, un giorno, a lasciare questa vita. La domanda è: come affrontare la morte dei nostri cari e prepararci alla nostra? Abramo ci insegna che la vita deve continuare. Nell’ebraismo, il lutto dura 12 mesi, un periodo scandito da preghiere e rituali per far riposare in pace i defunti. Concluso questo periodo, abbiamo il dovere di tornare a vivere.
Abramo, dopo la morte di Sara, ricomincia a vivere. Anche noi, dopo le inevitabili perdite della vita, dobbiamo sapere quando è il momento di riprendere il controllo della nostra esistenza. Tutto ha un inizio e tutto ha una fine. E ciò che finisce in questo mondo terreno può essere solo l’inizio di un nuovo viaggio: quello nel mondo futuro, dove Abramo si riunisce con il suo popolo.
Rabbi Jacov afferma: questo mondo e’ paragonabile ad un anticamera verso il mondo futuro: preparati nell’anticamera, affinché tu possa entrare nella sala del banchetto.