“L’asina vide l’angelo dell’Eterno che stava sulla strada…deviò dalla strada e andò in un campo. Bilam colpì l’asina per farla tornare sulla strada. L’angelo dell’Eterno si posizionò in uno stretto passaggio tra le vigne, un muro da un lato e uno dall’altro…L’asina vide l’angelo e costretta verso il muro premette il piede di Bilam che la percosse ancora. L’angelo dell’Eterno continuò a farsi avanti e si mise in un luogo ancora più stretto ove non c’era spazio di dirigersi né a destra né a sinistra…l’asina si accovacciò e Bilam adirato colpì la sua asina con il bastone” (Numeri 22:23-27).
Bilam, l’indovino ingaggiato dal re moabita Balaq per maledire i figli d’Israele, parte per adempiere al suo compito. Durante il viaggio, si manifesta un angelo inviato dal Signore ma all’inizio è visibile solo all’asina che Bilam cavalcava. Quella visione fa bloccare l’asina per tre volte così da provocare l’ira e le percosse di Bilam.
Alla fine l’angelo si manifesta anche a Bilam e gli riferisce il messaggio divino: vai pure con Balaq ma potrai dire solo quello che Io ti dirò. Dalla bocca di Bilam, invece delle maledizioni, uscirono benedizioni per i figli d’Israele. Le modalità della manifestazione dell’angelo sono l’oggetto dell’analisi di Rav Heinrich Chanoch Ehrentreu (Av Bet Din di Monaco di Baviera, 1854-1927), il quale afferma che un individuo perde il libero arbitrio, e cade quindi nella colpa, dopo aver passato i tre stadi del percorso verso il peccato.
All’inizio, la via verso la colpa appare come una strada larga dove, se vogliamo, è ancora agevole voltare a destra o a sinistra o addirittura fare una inversione di marcia. Se invece si continua a procedere verso la colpa, la strada diventerà più stretta, dove non avremo più la stessa facilità di movimento per modificare il percorso, tanto da urtare le barriere che ora delimitano la nostra strada. In questo stadio intermedio, è certamente più complicato manovrare, ma tornare indietro è ancora possibile.
Ma se ci ostiniamo a procedere ancora su questa via, arriveremo nel punto, ancora più stretto, dove non “c’è spazio di dirigersi né a destra né a sinistra”. In questo ultimo stadio perderemo le nostre facoltà per cambiare rotta, anche se volessimo, perché saremo oramai intrappolati nei lacci dell’istinto al male che, da adesso, ci governerà definitivamente. In questa fase, purtroppo ci troveremo nell’impossibilità di fare Teshuvà, convertire il nostro cuore e cambiare le nostre azioni.
Come il Signore disse a Caino (Genesi 4:7), l’istinto al male sta sulla soglia della nostra casa. Quando busserà alla porta, possiamo decidere di non aprire e lasciarlo fuori. Se invece sceglieremo di farlo entrare, diventerà a tutti gli effetti un nostro ospite, che rispetterà il padron di casa finché dimostriamo la capacità e la forza di farlo uscire di casa perché la convivenza è diventata scomoda. Ma se continueremo ad ospitarlo, e ci adattiamo alla sua presenza, quel rispetto si trasformerà in arroganza, che darà all’istinto al male la piena proprietà della nostra casa.
Questi versi costituiscono un vero e proprio invito, grazie al pensiero di Rav Ehrentreu, ad essere indipendenti/liberi, nella consapevolezza che la nostra vera indipendenza/libertà viene solo dallo studio e dall’osservanza della Torà, scudo e protezione contro “l’occupazione abusiva” della nostra anima da parte dell’istinto al male.
Shabbat Shalom!