Verso la fine della Parashà di Nassò leggiamo la descrizione del sacrificio che i Nesi’im (Principi delle tribù) portarono per la dedicazione dell’Altare. Ogni Principe portò lo stesso identico sacrificio di tutti gli altri. Nonostante questo, la Torà ripete, in tutti i dettagli, la descrizione del sacrificio per ognuno dei Principi. Se da una parte la ripetizione è apparentemente superflua, dall’altra sappiamo che non c’è nemmeno una lettera in più di quella che ci dovrebbe essere nella Torà. Qual è allora la lezione che la Torà ci insegna attraverso questa ripetizione dettagliata?
La prima risposta che potremmo fornire è che D-o sta affermando che ognuno di questi sacrifici è significativo per Lui, anche se si tratta dello stesso identico sacrificio degli altri ha un significato unico.
Non possiamo fare a meno di notare come questo atteggiamento sia molto diverso da quello che vediamo negli esseri umani. Quanti ragazzi del bar mitzvà, ad esempio, ricevono più volte lo stesso regalo? Dopo il terzo o quarto pacchetto, l’eccitazione del ragazzo scema. Un altro fenomeno di ricezione di doni umani è quello che si potrebbe manifestare con i nipoti per i quali cerchiamo qualcosa che piacerà, una bella carta da regalo, per poi avere come risposta una ringraziamento un po’ più freddo di quello che ci saremmo aspettati. C’è però da considerare che quel bambino sta facendo ciò che ci si aspetta da un bambino: essere infantile.
Invece di riconoscere il dono per quello che è veramente – una manifestazione fisica ed espressione di amore – è assorbito totalmente dal materialismo. Ciò che auguriamo ai bambini, fin dal giorno della nascita, è che katan zeh gadol yhiè, che questo bambino un giorno diventi grande, che cresca e che sviluppi una vera maturità, che la sua comprensione mentale e la sua elaborazione emotiva diventino più sagge e sofisticate nel comprendere ciò che è veramente prezioso e ciò che è veramente significativo. La domanda che ciascuno di noi “grandi” dovrebbe porsi è se siamo davvero maturi, se siamo davvero in grado di andare al di là del regalo o del bel gesto ricevuto.
In effetti, la maturità può essere definita in gran parte da ciò che ci fa muovere nella vita privata. Rimaniamo costantemente intrappolati nella “freddezza” esterna e superficiale del materialismo, o siamo capaci di andare oltre?
Questa è una delle lezioni che la descrizione apparentemente ripetitiva dei sacrifici dei Nesi’im è lì per trasmettere: Non guardare alle apparenze esterne, scrutare nel profondo e scoprire la profondità che si trova oltre alle apparenze stesse. Ogni Nasi può aver portato lo stesso sacrificio fisico di tutti gli altri, ma questo è irrilevante quando si prende in considerazione la profondità di significato che sta alla base di un sacrificio. Ogni Nasi ha le sue emozioni uniche che vengono espresse attraverso il suo sacrificio. Un sacrificio dovrebbe servire come mezzo per esprimere la propria sottomissione e adorazione al Creatore. Un sacrificio è un veicolo attraverso il quale si può esprimere gratitudine e apprezzamento; Si può glorificare D.o in questo mondo. D-o conta ogni sacrificio in tutti i suoi ampi dettagli come si conterebbero dei diamanti dal valore inestimabile, analizzando e ammirando la particolare brillantezza e il taglio di ciascuno. Gli oggetti fisici arrivano al punto in cui diventano semplicemente ridondanti, a tal punto che si può provare disgusto , ma l’espressione genuina di amore ha un valore eterno e inesauribile. Il culto genuino che emana dal cuore è della massima importanza. Come dicono i Chachamim, “Ha’Kadosh Baruch Hu liba ba’ei, Il Santo, Benedetto Egli Sia, desidera il cuore”.
Naturalmente, l’adempimento fisico dei propri obblighi – sia tra l’uomo e Dio che tra l’uomo e i suoi simili – in conformità con tutte le istruzioni e i dettagli degli stessi – è la base stessa per servire D-o ed essere una brava persona. Senza questo tutto l’amore, la devozione e le calde emozioni del mondo non hanno valore. Se uno adempie a questi obblighi in modo superficiale senza alcuna profondità e apprezzamento per ciò che è, per quello che sta facendo, per chi lo sta facendo e per quale obiettivo finale, sta adempiendo ai suoi obblighi fondamentali, ma niente di più. Se si vuole diventare veramente grandi, ci si deve sforzare di aggiungere sempre dimensioni di profondità e apprezzamento per ciò che sta facendo e per la vita che sta vivendo.
Questa è una delle lezioni che possiamo imparare da questa apparente ripetizione: Come vedere correttamente il mondo e come relazionarci con ciò che facciamo e sperimentiamo nella vita. Il vero significato di katan zeh gadol y’hee’yeh, il vero significato della maturità, sta nel vivere una vita di piena di significato, una vita guidata dalla shemirat mitzvot, dagli atti di chesed e dalla comprensione e dall’apprezzamento del prossimo.