Nel Talmud (Shabbat 88b-89a) si racconta di quando Mosè ascese al cielo per ricevere la Torah. Possiamo immaginare che Mosè si aspettasse di essere accolto dagli esseri celesti con grande onore e clamore, ma non è quello che poi realmente accadde. Mosè si trova davanti ad una manifestazione degli angeli, che protestavano con veemenza contro la decisione del Signore di donare la Torah agli esseri umani. Gli angeli sostenevano che qualcosa di così sacro e prezioso come la Torah, doveva rimanere negli ambienti incontaminati dei cieli e non essere affidato a creature fisiche imperfette.
Il Signore ordinò quindi a Mosè di rispondere alla protesta degli angeli e di convincerli sul perché la Torah debba essere data ai figli d’Israele.
Moshe fece una lezione agli angeli sugli Aseret Hadibberot, i Dieci Comandamenti e dimostrò che questi precetti, per gli angeli erano del tutto irrilevanti. Ad esempio, indicando il divieto di adorare gli idoli, Mosè evidenziò il fatto che gli angeli non vivono tra i mortali pagani, quindi non è necessario comandare loro di non adorare divinità straniere. Allo stesso modo, la Torah proibisce di giurare il falso, ma gli angeli non si dedicano al commercio, e quindi non avrebbero mai bisogno di andare in tribunale per una causa e prestare giuramento. La Torah comanda di desistere dal lavoro durante lo Shabbat, ma gli angeli non lavorano mai. La Torah comanda di rispettare i genitori, ma gli angeli non hanno genitori. La Torah proibisce l’omicidio, ma gli angeli non si arrabbiano e quindi non hanno motivo di uccidere. E così via.
Gli angeli accettarono l’argomentazione di Mosè e smisero di protestare.
Dobbiamo ora chiederci: Cosa pensavano gli angeli prima di sentire la risposta di Moshe? Pensavano davvero che la Torah fosse per loro? Non era ovvio che la Torah doveva essere studiata e osservata dai figli d’Israele nel mondo manifesto poiché si riferisce interamente alla vita umana?
Qual era il principio per cui gli angeli si sentissero in dovere di manifestare il loro dissenso?
È possibile che l’argomentazione degli angeli non si basasse sulla questione della destinazione della Torah, a chi dovesse andare in eredità, ma piuttosto su quella dell’affidamento del compito di insegnarla, su chi fosse degno di insegnarla.
Il profeta Malachia (2:7) descrive l’insegnante ideale della Torah in questi temini: “Ki malach Hashem Tzevaot hu/poiché è un angelo del Dio degli eserciti”. Il Talmud (Moed Katan 17a) deduce da questo versetto che si può imparare la Torah da un rav solo se “assomiglia ad un angelo di Dio”.
Alla luce di questa interpretazione talmudica del versetto biblico, ci appare con più chiarezza la rivendicazione degli angeli: perché la Torah dovrebbe essere insegnata da un essere umano che “somiglia” a un angelo, piuttosto che da un vero angelo? Loro, in quanto creature incontaminate e pure, che non hanno difetti e non commettono mai errori, avrebbero chiaramente svolto un miglior lavoro come educatori. Invece di dare la Torah a Mosè che poi l’avrebbe insegnata ai figli d’Israele, gli angeli loro avrebbero dovuto insegnare la Torah ai figli d’Israele, perché perfetti e senza difetti.
Alla luce del versetto ci appare anche più chiara la risposta di Mosè, il quale riteneva che gli esseri umani sarebbero stati insegnanti migliori degli angeli, perché loro possono osservare e mettere in pratica gli insegnamenti della Torah. Affinché gli studenti imparino a osservare lo Shabbat, devono non solo imparare le norme e i principi dello Shabbat dal loro insegnante, ma anche da come l’insegnante vive lo Shabbat. Hanno bisogno non solo di imparare come onorare i genitori, ma anche di sapere come il loro insegnante onora i suoi genitori. Non è sufficiente che gli studenti conoscano le leggi e i valori della Torah, hanno bisogno di vedere un esempio di vita reale di come vengono messi in pratica. E questo può essere fatto solo dagli esseri umani, per i quali le norme della Torah sono rilevanti, e non dagli angeli, che non vivono un’esistenza materiale governata dalla Torah. Gli esseri umani sono, in potenza, insegnanti migliori degli angeli, perché possono modellare gli insegnamenti della Torah, e il modo di insegnare, sui loro studenti che possono essere come una spugna, un imbuto, un colatoio o un setaccio. Questa capacità, gli angeli non la posseggono.
Questo racconto potrebbe rispondere anche a una domanda riguardo la stranezza linguistica di un versetto della Torà del brano che leggeremo domani mattina.
È scritto che mentre il Signore parlava ai figli d’Israele dal monte Sinai “wekhol haam roim et haqolot/tutto il popolo vedevano i suoni” (Esodo 20:14).
I maestri spiegano che miracolosamente, in un modo che non possiamo minimamente comprendere, la “voce” del Signore che risuonò in quel momento unico, non era solo udibile, ma anche visibile. I suoni venivano sentiti e visti.
Forse non comprenderemo mai appieno cosa questo significhi ma, a prescindere, dobbiamo chiederci perché è stato compiuto un simile miracolo. La tradizione ci insegna che Dio non compie miracoli senza motivo e doveva esserci uno scopo per cui i suoni presso il monte Sinai erano resi visibili alla gente.
La risposta potrebbe essere che la Torah non deve essere solo studiata, ma anche vista. Affinché la Torah venga insegnata e preservata, è necessario mostrarla, specialmente ai più piccoli. Non è sufficiente che “ascoltino” le parole, che imparino ciò che dice la Torah, hanno bisogno di vedere la Torah prendere vita attraverso esempi viventi e modelli di ruolo.
Questa è la responsabilità di ogni educatore ebreo e, di fatto, di ogni genitore ebreo. Niente di ciò che diciamo ai nostri studenti o ai nostri figli avrà presa su di loro a meno che non riescano a “vedere i suoni”, a meno che non ci poniamo come esempi viventi di vita della Torah da seguire.
Per preservare la Torah dobbiamo rendere “visibili i suoni”, mostrare ai nostri figli e studenti, nel concreto, il modello dei valori e degli insegnamenti della Torah in modo che capiscano cos’è la vita della Torah e si impegnino a seguire quell’esempio per poi servire loro stessi da modelli per i loro figli in una catena di trasmissione senza fine, Chag Shavuot Sameach!