Per il professore è stata tradita la missione educativa e culturale dell’ateneo torinese: «Tutto è iniziato con la decisione sciagurata di sospendere il bando Maeci»
CATERINA STAMIN – La stampa
«Sono arrabbiato», ripete Ugo Volli. «Sono molto arrabbiato».
Mi spiega il perché?
«Trovarmi a provare vergogna per l’apparenza a un’università di cui sono sempre stato fiero è per me molto triste per me». Per vent’anni il professor Volli ha insegnato Semiotica del testo all’Università di Torino. In quelle stesse aule ora occupate dai collettivi in tenda, da bandiere della Palestina e striscioni che chiedono la fine del “genocidio in corso a Gaza”. Oggi, in pensione, non può che dirsi “inorridito”dall’aria che si respira nel suo Ateneo. «Penso alle lezioni spostate online, agli studenti e ai docenti che non vengono fatti entrati e a chi riceve minacce per la sua identità ebraica: mi sento in una situazione simile a quella che visse a mio padre nel ’38, quando le leggi razziste lo espulsero da scuola».
Non è un po’ troppo?
«Assolutamente no, c’è stata un’invasione dell’università da parte di soggetti antisemiti. E il rettore doveva bloccarla per difendere la libertà degli studenti e dei docenti».
Cosa pensa del sermone dell’imam a Palazzo Nuovo?
«Credo sia un fatto gravissimo».
Perché?
«Non tanto e non solo perché è un sermone religioso e l’università deve essere laica, ma perché si tratta anche di una cerimonia politica di parte ed estremista».
Di quale parte?
«Il sermone è stato fatto a favore di terroristi che hanno centinaia di stupri, rapimenti e omicidi sulla coscienza. Si tratta di un’esaltazione di crimini gravissimi».
L’Università ha abdicato al suo ruolo?
«Bisogna fare una distinzione tra le università».
Prego.
«Ci sono state università, come a Roma, a Bologna e anche a Torino, che hanno avuto la dignità di rifiutare comizi filo-terroristi e respingere ricatti di piccoli gruppi estremisti».
A UniTo non è stato lo stesso?
«No, l’Ateneo è stato l’esempio di un luogo che ha tradito la propria missione educativa e culturale: ha avuto la responsabilità di non svolgere il proprio dovere».
Ovvero?
«Garantire innanzitutto l’agibilità dei luoghi di studio e la convivenza di tutti. Poi il dovere di essere un’istituzione di ricerca e di studio che rispetta la Costituzione italiana. L’attuale direzione dell’Ateneo non ha fatto niente per bloccare l’occupazione né quel comizio. E ancora prima ha assunto un ruolo pilatesco di fronte alla domanda oltraggiosa di impedire la collaborazione scientifica con le università israeliane».
Si riferisce al bando Maeci?
«Sì, credo che quello di cui stiamo discutendo oggi sia la conseguenza di quella sciagurata decisione del Senato accademico di accettare il ricatto di gruppi che disturbano l’andamento dell’università, prevaricando».
Di chi è la colpa?
«La prima colpa è di questi gruppetti che approfittano di una licenza che gli viene concessa per fare violenza agli studenti, ai docenti e alla natura stessa dell’università».
Poi?
«Del rettore e del Senato accademico di non aver impedito queste prepotenze e di non aver fatto ricorso alla forza pubblica per ristabilire la legalità in ateneo».
Al rettore è mancato coraggio?
«Non so se sia vigliaccheria, ipocrisia o complicità ideologica. Senza dubbio è mancato al suo elementare dovere. E io chiedo le sue dimissioni».
Al Politecnico è andata diversamente.
«Il rettore del Politecnico si è comportato in maniera corretta, è intervenuto e non si è nascosto. Ma non è un eroe isolato: la maggior parte dei rettori italiani si sono comportati allo stesso modo. Solo alcuni singoli, come Geuna, hanno mostrato totale inadeguatezza al loro ruolo»
Immagine: Andrea Bozzo – Facebook