Vittorio Matteo Corcos nacque a Livorno il 4 ottobre 1859, da famiglia di origini ebraiche, figlio di Isach Corcos e Giuditta Baquis
Nel 1896, alla Festa dell’arte e dei fiori di Firenze, viene esposto il dipinto “Sogni” di Vittorio Matteo Corcos. L’opera ritrae Elena Vecchi, figlia di Augusto, scrittore e amico dell’artista. La ragazza è ritratta seduta su una panchina, coi capelli scarmigliati, il mento appoggiato alla mano sinistra e le gambe accavallate; lo sguardo è diretto verso l’osservatore, naturale e quasi sfrontato. Bastano queste poche caratteristiche perché l’opera di Corcos dia scandalo: le donne all’epoca sono confinate anche nei ritratti in pose austere, col cappello e magari lo sguardo dimesso.
Il ritratto è in effetti ritenuto scabroso per l’epoca per diversi motivi. Il primo e più pruriginoso risiede nelle chiacchiere su una presunta relazione tra Elena e Corcos. Lei ha 23 anni e lui 37, dal che anche i meno dotati in matematica dedurranno che erano entrambi adulti e potessero fare delle loro attrezzature personali ciò che ritenevano più opportuno.
Al di là di questa sacrosanta verità, però, le dicerie erano pure infondate. Altro grave motivo di scandalo era la posa: “una ragazza con le gambe accavallate, o signore, dove andremo a finire, qualcuno pensi ai bambini!” Se poi aggiungiamo che la sfrontata ha l’ardire di guardare diritto l’osservatore, per di più con un’espressione quasi scocciata, apriti cielo!
Vittorio Matteo Corcos nasce a Livorno nel 1859 ed è allievo prima del Pollastrini e poi a Napoli di Domenico Morelli, l’artista che più ne influenza lo stile. Come molti pittori coevi, Corcos cerca fortuna a Parigi e la trova. Non ha il successo sconvolgente di un Boldini, ma espone comunque per anni al Salòn e collabora con la prestigiosa galleria Goupil, oltre che con l’affermato ritrattista della “Parigi bene” Bonnet.
A 28 anni sposa Emma Ciabatti, vedova molto introdotta nell’ambiente letterario che lo mette in contatto con personalità come Carducci e D’Annunzio. Corcos è un pittore di successo, si destreggia tra commissioni – anche di case reali europee – e insegnamento, con allievi destinati al successo come Cesare Maggi.
La Grande Guerra mette fine alla Belle epòque nel mondo ma anche in casa Corcos, quando gli porta via il figlio di Massimiliano.
Viene da sorridere nel pensare che un pittore dalla mano incantata, la tecnica solidissima e baciato dal successo in vita, debba la sua fama di oggi soprattutto a una circostanza fortuita. Diverse sue opere, infatti, sono state utilizzate come copertine di best-seller, “I Leoni di Sicilia” su tutti.
Corcos viene considerato uno dei più grandi ritrattisti del suo periodo, la “Belle epòque”, e un riformista del genere del ritratto, anche se il suo realismo quasi ossessivo e la sua vita meno sopra le righe colpiscono forse meno della dinamicità di Boldini e della sua esistenza da prima pagina.
Basta però guardare con attenzione le sue tele per rendersi conto del genio di Corcos. Osservate come le sue modelle sembrino osservarvi, come i loro occhi vi seguano anche se vi spostate.
Il pittore pare quasi ossessionato dallo sguardo, tanto da dichiarare che la riuscita o meno dell’opera dipenda esclusivamente dal riuscire o meno a cogliere la luce negli occhi della modella. L’osservatore viene spesso fissato dal ritratto, tanto da avere quasi la sensazione di trovarsi di fronte una persona vera e non una tela dipinta.
Corcos se ne va nel 1933, seguito quasi subito dalla moglie Emma. Le sue opere ci lasciano una testimonianza soprattutto delle giovani donne della Belle epòque, esempio di come all’epoca potessero apparire moderne, gaie e a volte sfrontate.
Prima che l’oscena dittatura del Ventennio riportasse indietro l’ottimismo di quegli anni, quasi come un monito a non abbassare la guardia: i tempi bui sono sempre in agguato e non esiste diritto conquistato col sudore che non possa essere annullato. Un monito ottimo anche per i nostri tempi.
[Martedì Arte]