Rav Elio Toaff
La mazzà che mangeremo nei prossimi giorni è chiamata dalla Torà “Pane della miseria” ma il Talmud la chiama “il pane dell’allegria”. Come spiegare questa contraddizione? Se è vero che il pane azzimo è un pane povero perché gli schiavi che fuggivano dalla schiavitù non ebbero il tempo di farlo lievitare, si può ben dire che è anche il pane dell’allegria che pervase i nostri Padri quando videro avverarsi le promesse divine nei loro confronti. Così l’azzima testimonia contemporaneamente la schiavitù e la libertà poiché ci mette in guardia sul pericolo che minaccia la libertà se non sappiamo servircene a dovere. L’attitudine alla disciplina personale serve come condizione indispensabile al mantenimento della libertà.
Questa pasqua deve servirci per fare una riflessione seria ed incondizionata dalle problematiche di quest’epoca piena di contraddizioni ed incertezze; essa deve farci guardare avanti a noi, al nostro avvenire per decidere se proseguire sulla strada dell’assimilazione oppure se vale la pena di cercare di riconquistare il nostro ebraismo e le nostre tradizioni.
Per un ebreo “realizzarsi” vuol dire tornare ad essere degno del suo popolo, della sua legge e del suo Dio: quindi deve fare una scelta impegnativa e seria nell’interesse del popolo ebraico oltre che di se stesso.
Il nostro allontanamento sta già dando i suoi frutti e l’antisemitismo risorgente è un monito preoccupante che ci induce a pensare che sarebbe ora di cambiare rotta se non vogliamo correre rischi più seri.
I nostri Maestri hanno detto “Che non è uomo libero se non quello che osserva la legge di Dio” perciò spero che tutti possiamo ricominciare a vivere secondo le nostre tradizioni per essere di benedizione per tutti i popoli del mondo e per poter vivere tranquillamente e senza timore su questa terra che Dio creò per la nostra felicità.
Voglio rivolgere a tutti il mio augurio fraterno di un sereno Pesach casher ve sameach
Il Rabbino Capo
(Prof. Dr. Elio Toaff)