Claudia Brunetto – 07 FEBBRAIO 2024
Domani la prima udienza per l’associazione siciliana che ha aperto una sinagoga. L’Ucei: “Scavalcato l’iter previsto dall’intesa con lo Stato
La richiesta nell’atto di citazione in giudizio è chiara: «Divieto di utilizzare la denominazione “Comunità ebraica di Catania” in qualsiasi forma e in qualsiasi sede». Può sembrare soltanto una questione di forma, dietro invece c’è molto di più.
Una battaglia legale di ebrei contro ebrei, che comincia domani al tribunale civile di Catania. Da una parte c’è l’Ucei, l’Unione delle comunità ebraiche italiane guidata da Noemi Di Segni, dall’altra l’associazione “Comunità ebraica di Catania”, nata nel capoluogo etneo sette anni fa e che secondo l’Ucei, appunto, non ha il diritto di definirsi tale. Una denominazione che considerano «illegittima». Perché? «L’associazione privata in questione si è costituita come “Comunità ebraica” al di fuori del perimetro delineato dall’Intesa con lo Stato italiano stipulata nel 1987 e recepita nella legge 101/89 — dicono dall’Ucei — Non ci si può improvvisare “Comunità ebraica” senza percorrere l’iter previsto dalla legge che culmina nel riconoscimento dato con decreto del Presidente della Repubblica. È un tema centrale che nulla ha a che fare con libertà religiosa o di fede, ma riguarda l’uso improprio del nome “Comunità ebraica” che appartiene alle “Comunità” individuate dalla legge e che non può essere utilizzato a piacere da chicchessia».
Da sette anni, però, un gruppo di ebrei a Catania va avanti per la sua strada. L’associazione “Comunità ebraica di Catania” che conta una cinquantina di persone, a ottobre del 2022 ha inaugurato ufficialmente la sinagoga nei locali del secondo piano del castello di Leucatia messi a disposizione dal Comune. L’occasione era davvero speciale: l’arrivo dei rotoli della Torah, il testo sacro per eccellenza degli ebrei, donati dalla comunità centrale di Washington.
«Per l’Ucei siamo fumo negli occhi — dice l’avvocato Benito Baruch Triolo, presidente dell’associazione “Comunità ebraica di Catania” — Sono arrivati a citare in giudizio altri ebrei in un tribunale civile. Evidentemente partono dal principio che noi non siamo ebrei, che noi non esistiamo».
L’Ucei conta 21 comunità in tutta Italia. La “Comunità ebraica di Napoli” ha giurisdizione su quasi tutto il Sud Italia dove sono nate, sempre secondo l’Intesa con lo Stato, le cosiddette “sezioni della Comunità”. Ce ne è una a Palermo che fa capo, dunque, alla “Comunità di Napoli” e di cui è stata per tanti anni animatrice Evelyne Aouate, scomparsa nel 2022,. L’arcivescovo Corrado Lorefice donò a questa sezione l’oratorio sconsacrato di Santa Maria del Sabato, in vicolo della Meschita, dove un tempo nasceva l’antico quartiere ebraico di Palermo, per realizzare la sinagoga proprio dove si trovava prima della cacciata degli ebrei nel 1492.
Il sogno di Aouate e dell’esiguo gruppo ebraico di Palermo procede a passi molto lenti. Anche se recentemente i vertici dell’Ucei, in visita nel capoluogo siciliano, hanno avuto delle interlocuzioni con il sindaco Roberto Lagalla per provare a sbloccare il progetto che ha bisogno di ingenti risorse per essere realizzato. Lo scorso ottobre, l’Ucei ha aperto anche una “sezione della Comunità” a Catania, città della discordia dove la sinagoga dell’associazione “Comunità ebraica catanese” è attiva da tempo. «L’ebraismo italiano non può essere rappresentato soltanto dall’Ucei — dice Triolo — esistono decine di organizzazioni che insieme fanno quattro volte le comunità ebraiche vere e proprie di cui parla l’Ucei. Non possono giudicare loro chi è ebreo e chi non lo è. La libertà di culto è sancita dalla Costituzione. Una sottomissione più che clericale che non esiste nell’ebraismo internazionale. La nostra comunità ha amici in tutto il mondo ebraico. L’Ucei francese ci vuole riconoscere, quella italiana no. Per essere ebrei, in ogni caso, non abbiamo bisogno di essere riconosciuti da nessuno».
La citazione in giudizio dell’Ucei contro la “Comunità ebraica di Catania” si basa essenzialmente sulla contestazione dell’uso della parola “comunità”. Da tempo l’Ucei ha diffidato l’associazione catanese in questa direzione, chiedendo anche ai rappresentanti delle istituzioni catanesi di revocare la concessione dei locali dove è stata inaugurata la sinagoga. «Esistono vari gruppi nel territorio italiano che si definiscono ebraici — dicono dall’Ucei — Non sempre composti da soli ebrei e che svolgono attività culturali di interesse ebraico, ma questo non li giustifica certo a definirsi “Comunità ebraiche”. L’Ucei stabilisce rapporti collaborativi con tutti coloro che hanno interesse per l’ebraismo in Italia, purché rispettosi della legge». Ora toccherà a un giudice decidere chi ha ragione.