L’antisemitismo è intellettualmente sdoganato da un racconto irresponsabile della guerra. La vicenda del bombardamento dell’ospedale dovrebbe essere stato di insegnamento per tutti, invece no
Israele starebbe compiendo “bombardamenti indiscriminati” a Gaza, Israele starebbe “ammazzando tutti”, Israele sarebbe responsabile della “distruzione di Gaza e della sua gente”. Si tratta di affermazioni tratte da commenti autorevoli pubblicati in queste settimane sui giornali italiani. Queste generiche accuse, non argomentate, perché agli occhi di chi le scrive sono forse evidenti di per sé, hanno delle conseguenze drammatiche, magari anche a insaputa dei loro autori. La ripresa dell’antisemitismo in Europa è innegabile e le prime avvisaglie sono le scritte sui muri dei cimiteri ebraici, le case segnate con la stella di Davide, le pietre d’inciampo rovinate a Roma, le urla contro gli ebrei nei cortei a Milano e nelle altre città. Forse succederà di peggio.
A Parigi è già successo di peggio, ebrei sono già stati aggrediti. Ma l’antisemitismo è intellettualmente sdoganato da un racconto irresponsabile della guerra, di chi prende per buoni i numeri della propaganda dei terroristi e li rilancia nei media o li usa per condannare preventivamente Israele. La vicenda del bombardamento dell’ospedale nelle scorse settimane – dove la responsabilità è stata inizialmente attribuita a Israele e solo in seguito a un missile difettoso palestinese, mentre nel corso dei giorni i morti sono crollati da 500 a 50 – dovrebbe essere stato di insegnamento per tutti, invece no. Condanne preventive. Il garantismo vale per tutti, ma non per Israele.
Come già nelle guerre precedenti, nel 2011 e nel 2014, a posteriori si vedrà che Israele ha combattuto rispettando il diritto internazionale in un difficilissimo contesto di guerra asimmetrica. Israele cerca in queste ore di ridurre le vittime civili, Hamas desidera massimizzarle, siano esse israeliane o palestinesi a Hamas va sempre bene. I conti si potranno fare davvero soltanto dopo. Quando si scoprirà che Gaza non è Dresda, non è Bakhmut, non è Raqqa, le prime pagine e gli editoriali, i politici e gli influencer non diranno, “ci siamo sbagliati, scusateci”. Andranno oltre, si occuperanno di altro.
La generica presa di distanza dall’antisemitismo – che oggi puntualmente viene candidamente ribadita, magari dagli stessi autori delle condanne preventive – senza la consapevolezza di tutto questo servirà a poco. Serve a poco dire “no all’antisemitismo” se una riga prima o una riga dopo si accusa in modo generico Israele di provare a sterminare i palestinesi, di volere “ammazzare tutti”. Chi ha l’onore di scrivere sui media, di dirigere un partito, di intervenire in Parlamento o sui palchi delle manifestazioni, chi ha migliaia e migliaia di followers sui social, ha il dovere di parlare in modo responsabile. Ha il dovere di sapere che le parole hanno conseguenze, non sono flatus vocis. Le parole si sedimentano. L’odiosa accusa di sterminio comporta un aumento dell’odio verso lo stato ebraico e inevitabilmente, anche senza che questa sia l’intenzione di chi accusa Israele, questo odio si riverserà sugli ebrei.
Nella tradizione ebraica l’uso sbagliato della parola, la maldicenza, è ritenuta più pericolosa di una spada e viene paragonata alla freccia scagliata. La spada può tornare nella fodera, la freccia invece una volta scoccata non si può più fermare. Per la cronaca, l’espressione “bombardamenti indiscriminati” è tratta da un intervento di Luigi Manconi su Repubblica, l’affermazione che Israele stia cercando di “ammazzarli tutti” è tratta dall’intervento di Carlo Rovelli sul Corriere della Sera.