Il pregiudizio che annulla il giudizio
Claudia Hassan
Sono ebrea e Il mio cognome è arabo perché mio nonno veniva da Tripoli, Libia. È anche morto a Tripoli, per un infarto, quando dopo tanti anni è tornato per vedere cosa fosse rimasto di ciò che aveva avuto un tempo. Era partito prima che gli ebrei scappassero in massa. Gli ebrei tripolini hanno un’identità piuttosto netta. Fanno una strana gara per chi cucina l’ahraimi più piccante e dicono una marea di parolacce rigorosamente in arabo. Chi si sposa un tripolino sa che avrà una suocera ingombrante, il mix con l’Italia diventa definitivo.
Le comunità ebraiche sono animate anche dai Libanesi che mischiano arabo e francese, parlano mediamente 5 lingue, sono innamorati della bella vita ma con un tocco di tamarindo. È il turno degli ebrei iraniani. Anzi no, persiani. Quando ero piccola la loro appartenenza alla terra d’origine era talmente forte che hanno cercato di ricreare un piccolo angolo di Teheran o Mashhad in ogni città in cui formavano una comunità. Mangiavano cibo persiano, vendevano tappeti persiani, parlavano ai propri figli in persiano, si sposavano tra persiani. Qualcuno li definiva “chiusi” ma forse erano solo innamorati di una cultura millenaria dalla quale erano stati brutalmente allontanati.
Queste persone sono quasi tutte figlie di fughe da paesi arabi o a maggioranza musulmana dai quali sono stati cacciati o dove non si sono sentiti più sicuri. Hanno cambiato paese e ciascuno con le proprie possibilità, spesso partendo da zero, hanno creato un presente molto diverso ma ancora animato dai profumi di infanzia. Nessuno di loro ha cercato di vendicarsi Nessuno di loro ha deciso di diventare terrorista per tornare nella propria città natale.
Anche dopo la shoà, gli ebrei hanno creato lo stato di Israele, non per vendicarsi dei tedeschi ma per difendersi da future aggressioni. I nazisti dopo la guerra sono stati fronteggiati nei tribunali e solo per uno di questi è arrivata la condanna a morte (unica nella storia di Israele). Nessuno applica occhio per occhio.
Quando qualcuno scrive “perché tu cosa avresti fatto se ti avessero portato via la casa?” Potrei provare a rispondere alla prima parte della domanda con argomentazioni storiche (presenza in Israele degli ebrei da ben prima del 48, acquisto legale di terreni etc) che per lo più sono un buco nell’acqua su chi pensa che io abbia letto solo la parte della storia che mi interessa. Ma quello che vorrei provare a fare è rispondere alla seconda parte della domanda (che però è posta in modo sbagliato).
La domanda non è cosa fareste, ma cosa avete fatto e cosa facciamo. C’è chi cucina Ahraimi, chi dice “Zebb” se batte il mignolino contro lo spigolo del letto, chi crea tappeti bellissimi, chi approfitta del tirocinio nei suk per strappare un bell’affare e chi prova a generare una musica nuova. Questo è quello che hanno fatto migliaia di ebrei, ma non solo ebrei.
Chiunque abbia nella propria storia, personale o familiare, passati di sofferenza e immigrazione sa bene che il terrorismo non è l’unica alternativa. Anzi non è proprio un’alternativa. E allora perché in così tanti giustificano l’intento di Hamas?
Il mondo sta andando avanti. Tutto sta cambiando in fretta. I giorni scorrono svelti verso derive terrificanti, ma la mia mente e le mie emozioni sono rimaste bloccate al 7 ottobre. Conosco le storture di Israele. Non voglio santificare nessuno ma credo che molte persone non abbiano capito cosa sia realmente successo quel giorno. Tutti l’hanno sentito ma pochi hanno ascoltato.
Quando il messaggio è troppo terrificante è meglio non ascoltare. Lo capisco bene. A me il messaggio è arrivato forte e chiaro e non ci dormo la notte. Hamas ha agito ciò che ha dichiarato senza alcuna vergogna per moltissimo tempo. Hamas desidera lo sterminio del popolo ebraico dentro e fuori Israele. Non è una mia esagerazione. C’è scritto nel suo statuto di morte e devastazione nero su bianco.
C’è scritto così esplicitamente che già prima del 7 ottobre era difficile non comprendere il messaggio ma da poche settimane è anche chiara la modalità e la determinazione con la quale lo vuole agire.
Il 7 ottobre nemmeno i cani sono sopravvissuti all’incursione dell’odio. Eppure gli animalisti non si sono sentiti di accusare Hamas. D’altronde.. il 48.. Hamas vuole annientare lo stato di Israele “from the river to the sea” e le sue urla giungono in piazza nella mia amata Milano “a morte gli ebrei” in cortei che si dichiarano pacifisti. Eppure le persone pensano ancora che sia solo un modo di dire. Nessun gioco di parole. La questione è da prendere alla lettera.
Israele è un pezzo di terra più piccolo della Lombardia. Il 7 ottobre avesse avuto Hamas un arsenale più potente avremmo assistito ad una devastazione su scala ancora più immensa. Avesse potuto eliminare israele dalla faccia della terra lo avrebbe fatto. L’intento è lo sterminio. Lo dice e lo ripete ma in tanti non vogliono credere alle proprie orecchie. L’odio è tale che Hamas, per uccidere qualche israeliano con i razzi, è disposto a farsene letteralmente cadere in testa una percentuale altissima.
Il razzo arrivato sull’ospedale di Al Ahli era di Hamas. Ma quando si è capito che i morti non fossero imputabili ad Israele la notizia ha smesso di fare rumore. I morti che Hamas genera nei Territori palestinesi non interessano quasi a nessuno. Sono a migliaia ma nessuno piange per loro. Nessun difensore dei diritti piange per le infanzie rubate dall’odio e dalla propaganda. Bambini indottrinati ad imparare le sottrazioni ragionando su “se ho 20 ebrei quanti rimangono se ne ammazzo 5?” Non è forse questa una violazione dell’infanzia?
Ieri il Leader di Hamas dalla comoda Doha Invita pubblicamente donne e bambini al sacrificio, dice “abbiamo bisogno del sangue di donne bambini e anziani” Lo sta dichiarando in un video, apertamente, senza nascondersi. Eppure nessuno scende in piazza. Non sarà mica lui il cattivo se così tante persone scendono in piazza a manifestare contro Israele. Il popolo palestinese ha gli ospedali che affrontano una crisi umanitaria. C’è scarsità di acqua a Gaza.
Vediamo le migliaia di razzi lanciati da Hamas e non vogliamo credere ai nostri occhi. Non vogliamo fare uno più uno. Se i razzi partono, qualcosa gli alimenta. Hamas preferisce usare le risorse energetiche che ha per lanciare razzi piuttosto che alimentare i propri ospedali. Meglio uccidere qualche israeliano che garantire il funzionamento dei desalinizzatori che rendono l’acqua del mare potabile per la gente di Gaza. Perché nessuno crede ai propri occhi?
Concludo con un aneddoto personale. Un giorno assisto ad un pestaggio. Una ragazza viene massacrata dal fidanzato. Mi metto in mezzo. Porto lei in bagno e lui viene allontanato da alcuni presenti. Chiamo la Polizia. Spiego la situazione. Mi prendono seriamente e stanno per mandare una volante “Mi dica il suo cognome” lo dico. Un lungo silenzio.. “Signora capisce quando parlo?” “Si abbiamo parlato fino ad ora. Sono italiana e le dico che se non venite subito ci saranno dei titoli drammatici sul giornale i prossimi giorni”. Nulla. Il mio cognome Arabo ha annullato le conoscenze che aveva il poliziotto in favore dei suoi pregiudizi. Il pregiudizio annulla il giudizio dunque sentiamo ma non ascoltiamo, guardiamo ma non vogliamo vedere ciò che gli occhi ci mostrano, le orecchie sentono ma non ascoltano.