Giulia Belardelli
Una serie di lettere firmate da decine di intellettuali, l’ultima anche da Walzer e Grossman. Eva Illuoz: “Non avevo idea che Israele fosse così odiato. Pensavo solo dai nazisti e invece anche a sinistra”. Anita Shapira: “Sono addolorata, è antisemitismo nascosto”
Per molti intellettuali israeliani ed ebrei, al dolore per i massacri perpetrati da Hamas il 7 ottobre scorso si è aggiunto un altro tipo di dolore, quello per la “mancanza di solidarietà ed empatia” dimostrata dalla sinistra globale. È un tema attorno al quale sono state scritte diverse lettere aperte firmate da eminenti personalità della cultura, tra cui David Grossman e Michael Walzer, prima che il leader dell’opposizione israeliana Yair Lapid lanciasse oggi un attacco durissimo alla “sinistra radicale globale”. “Quanti ebrei devono morire prima che smettiate di incolparci per tutto ciò che accade?”, chiede Lapid in un lungo post pubblicato su X. “In quel terribile sabato di due settimane fa ne sono stati assassinati 1400. Quanti ve ne servono? Diecimila? Sei milioni? Sì, ho fatto riferimento all’Olocausto. Gli ebrei fanno sempre così, non è vero? Tirano fuori l’Olocausto per poter affermare di essere le vittime. Non funziona. Sei milioni per voi sono solo un numero. Come 1.400”.
Quello di Lapid è l’ultimo atto d’accusa contro una sinistra internazionale a cui viene rimproverato di non aver condannato in maniera inequivocabile le azioni di Hamas, lasciando spazio a un insidioso “sì, ma…”. Le polemiche sono diventate ancora più accese dopo le parole del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, che durante una riunione del Consiglio di Sicurezza ha dichiarato che gli attacchi di Hamas “non sono avvenuti nel vuoto”, poiché “il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione”.
Tra le lettere aperte che sono state pubblicate per segnalare “l’estrema insensibilità morale” della sinistra globale c’è quella ripresa da Micromega il 19 ottobre. “Noi, accademici, leader di pensiero e attivisti progressisti con sede in Israele e impegnati per la pace, l’uguaglianza, la giustizia e i diritti umani, siamo profondamente rattristati e scioccati dai recenti eventi nella nostra regione. Siamo anche profondamente preoccupati per la risposta inappropriata di alcuni progressisti americani ed europei riguardo agli attacchi contro i civili israeliani da parte di Hamas, una risposta che riflette una tendenza preoccupante nella cultura politica della sinistra globale”, scrivono i firmatari.
Tra loro c’è Eva Illouz, professoressa di sociologia presso l’Università Ebraica di Gerusalemme e la Scuola di Studi Avanzati in Scienze Sociali di Parigi. “La mancanza di empatia e solidarietà è la cosa più mite che si possa dire sulla reazione della sinistra globale agli attacchi del 7 ottobre”, commenta per HuffPost. “I crimini contro l’umanità e i crimini di guerra sono ben definiti nel diritto internazionale. I massacri del 7 ottobre corrispondono senza alcuna di#coltà alle categorie definite dal diritto internazionale. Pensavo – e molti pensavano – che l’orrore fosse in un certo senso ‘oggettivo’, che l’orrore fosse forse l’ultimo evento capace di creare una comunità morale. Ma non più a quanto pare. La sinistra non solo è mancata di empatia, ma non è riuscita a nominare e nemmeno a vedere un’atrocità. Essendo una persona che si è identificata con la sinistra per tutta la sua vita, penso che questo sarà un evento spartiacque dopo il quale la sinistra non sarà più la stessa. Non sarà più – e non dovrebbe essere – moralmente e intellettualmente credibile. Ci vorrà molto tempo per sistemare dall’interno ciò che è così palesemente rotto nella sinistra. Un movimento che difende così ferocemente il diritto delle persone a chiamarsi ‘loro’ ma non è in grado di riconoscere un massacro quando ne vede uno? Quanto può diventare intollerabilmente bizzarro il mondo?”
Il contrasto tra l’attenzione espressa dalla sinistra radicale per i diritti LGBTQIA+ e il trattamento riservato agli omosessuali dai fondamentalisti islamici di Hamas è segnalato anche da Lapid. “Hamas è un’organizzazione islamica radicale, come l’Isis. Il loro obiettivo è un califfato islamico in tutto il Medio Oriente senza ebrei, senza persone LGBT, senza cristiani e perfino senza musulmani moderati. Che dire delle persone LGBT? Davvero non vi importa che le persone che supportate impicchino gli omosessuali?”
Il paradosso è particolarmente urticante se si considera che gli ambienti dove si protesta contro Israele sono spesso gli stessi dove il politically correct è elevato al rango di dogma. Nei giorni scorsi si sono viste numerose manifestazioni filopalestinesi ad Harvard e in altri atenei americani baluardo del progressismo, e lo stesso può dirsi per altre capitali europee. Negli Usa proteste del genere sono all’ordine del giorno: anche oggi gli studenti americani hanno lasciato le loro aule a sostegno dei palestinesi e per chiedere che la Casa Bianca smetta di finanziare e fornire armi a Israele. All’iniziativa, lanciata dall’organizzazione National Students for Justice in Palestine, hanno aderito gli studenti di almeno quattro università di New York e di decine di altri college sparsi per il Paese.
La questione si è fatta strada anche sulla stampa italiana, con l’editoriale di Paolo Mieli sul Corriere della Sera (“Israele, la strage e il mondo alla rovescia”) e il commento di Furio Colombo su Repubblica (“Israele e noi: la sinistra e il nemico sionista”). “Nel mondo intero – eccezion fatta per piccole minoranze – s’è levata un’onda possente anti-israeliana e sempre più spesso antisemita dalle proporzioni preoccupanti”, scrive Mieli, mentre Colombo si chiede: “Come ha fatto la sinistra italiana, la parte più ricca di cultura resistenziale, a confondersi fino a perdere il filo, a confondere gli ebrei diventati israeliani e impegnati a non essere cacciati in mare da settecento milioni di arabi ricchi di tutto il petrolio della regione e coalizzati fra loro, come ha fatto a scambiarli per il nemico sionista?”
In un altro appello pubblicato su The Chronicle of Higher Education, un lungo elenco di accademici afferma di avere “il cuore spezzato” e di essere rimasto “disgustato” dalla “scioccante mancanza di empatia di gran parte della sedicente sinistra globale nei confronti degli israeliani innocenti che sono stati assassinati e rapiti e verso gli ebrei della diaspora che hanno assistito impotenti in tutto il mondo al massacro più catastrofico nella nostra storia dopo l’Olocausto”.
Anita Shapira, storica israeliana, fondatrice del Centro Yitzhak Rabin e professoressa emerita di Storia ebraica all’Università di Tel Aviv, è tra i firmatari di questo secondo appello. “Sono molto addolorata e frustrata dalla reazione dell’estrema sinistra”, commenta, raggiunta telefonicamente da HuffPost. “L’identificazione dei palestinesi con Hamas è sbagliata. Hamas è un’organizzazione terroristica e il suo controllo sulla popolazione della Striscia di Gaza provoca per loro solo disastri”. E ancora: “Non sono rimasta sorpresa dalla mancanza di empatia nei confronti delle vittime del massacro di Hamas. È una combinazione di presentazione da parte dell’estrema sinistra dei palestinesi come vittime innocenti, simpatia per la parte più debole, antisemitismo nascosto e incomprensione della storia di Israele. La sinistra nei Paesi occidentali è presa dalla narrativa anticolonialista, ma non si rende conto che il terrore di Hamas è un pericolo per le stesse società occidentali, il loro modo di vivere e le loro idee. Proprio come l’Isis rappresentava un pericolo per l’Occidente, lo è anche Hamas. Sono sicura che l’antisemitismo sia parte della mancanza di empatia”.
Per Eva Illouz, membro dell’Institute for Israeli Thought, è stata una doccia fredda scoprire che il virus dell’antisemitismo è ancora così presente nelle società occidentali. “A dire il vero non avevo idea che Israele fosse odiato in questo modo. Sono sempre stata più preoccupata dall’estrema destra, dai neonazisti, dai fascisti. Non avevo notato che anche dall’altra parte dello spettro politico stava crescendo qualcosa di pericoloso. Penso che la gente attribuisca agli ebrei e a Israele un super potere. È una replica del vecchio luogo comune antisemita secondo cui gli ebrei sono pericolosamente potenti e minacciano il mondo intero. Inoltre, l’alleanza tra Israele e gli Stati Uniti e la storia colonialista di Israele lo hanno presentato come una potenza colonialista, indipendentemente dal fatto che Israele non è colonialista allo stesso modo in cui lo erano gli Stati Uniti. La storia omicida dell’antisemitismo è il contesto in cui deve essere compresa la brutale storia coloniale”.
Tra i passaggi della lettera firmata dagli accademici, c’è da sottolineare quello in cui si chiede alla sinistra globale una solidarietà “sotto forma di un appello inequivocabile contro la violenza indiscriminata contro i civili da entrambe le parti”. “Non c’è nulla che giustifichi l’uccisione di civili nelle loro case. Non c’è nulla che razionalizzi l’omicidio dei bambini davanti ai loro genitori; nulla che normalizzi la persecuzione e l’esecuzione dei giovani che escono a far festa. Legittimare o scusare questi atti equivale a tradire i principi fondamentali della politica di sinistra. Insistiamo: non c’è contraddizione tra l’opporsi fermamente alla sottomissione e all’occupazione dei palestinesi da parte di Israele e la condanna inequivocabile dei brutali atti di violenza contro civili innocenti. In effetti, qualsiasi persona di sinistra coerente deve mantenere entrambe le posizioni contemporaneamente”.
Huffpost Italia 25.10.2023