Il messaggio alla comunità del Rabbino Capo, Rav Alfonso Arbib.
La sera di Venerdì 15 settembre è Rosh Hashanà. La parola chiave è teshuvà: “ritorno”. Ma per “tornare” bisogna comprendere le proprie “deviazioni”, gli errori commessi. E avere chiarele nostre priorità: l’educazione (la Scuola) e il bene comune
Nel calendario ebraico Rosh Hashanà è ovviamente l’inizio di un anno ma è anche la conclusione di un periodo. Il periodo che precede Rosh Hashanà è molto complesso, si può dire che inizi con i digiuni per la distruzione del Tempio (17 di Tammùz e 9 di Av) e si concluda con Rosh Hashanà giorno dedicato alla Teshuvà, al ritorno a Dio.
Ma come ho detto il periodo comincia prima, con il ricordo della distruzione del Bet Hamikdàsh: perché cominciamo da lì? Perché la distruzione del Bet Hamikdàsh non è soltanto il ricordo di una catastrofe storico-religiosa ma anche e soprattutto l’occasione di una riflessione sui nostri errori e sulle nostre mancanze.
Teshuvà significa ritorno ma perché ci sia un ritorno ci deve essere la coscienza di una deviazione e di un allontanamento; se non si riconosce questo il ritorno è impossibile.
Una delle prime parashòt che generalmente si legge dopo il 17 di Tammùz è quella di Mattòt che comincia con un argomento apparentemente secondario, i voti e i giuramenti. Qual è l’importanza di questo argomento? In che modo questo argomento è legato a Rosh Hashanà?
Rav Jonathan Sacks ritiene che questo sia un argomento fondamentale. Noi spesso diciamo che la caratteristica fondamentale dell’essere umano è la sua capacità di parlare. In realtà non è completamente vero. Anche gli animali “parlano”, tutti gli animali in qualche modo comunicano. La caratteristica fondamentale dell’uomo non è quella di parlare ma è il modo in cui usa la parola. Voti e giuramenti sono un esempio fondamentale dell’uso umano della parola. La parola viene usata per assumere degli impegni, per prospettare un futuro che ancora non c’è. Attraverso questo tipo di impegno si costruisce una famiglia e una società.
L’ebraismo è basato in maniera preponderante sugli impegni per il futuro, il futuro della nostra famiglia, dei nostri figli, della nostra comunità e del nostro popolo. Per poter prendere questo tipo di impegni noi dovremo aver chiare almeno due cose: le nostre priorità e la capacità di mettere da parte i nostri interessi personali immediati preoccupandoci innanzitutto per gli altri. Così si sono costruite le comunità, così sono state fondate le scuole, assumendo impegni che a volte andavano al di là delle proprie disponibilità del momento e senza certezze per il futuro.
A Rosh Hashanà siamo chiamati tutti ad assumere degli impegni e anche in questo caso dobbiamo avere chiare le priorità. Una priorità è indubbiamente l’educazione: nell’ebraismo questo è sempre stato assolutamente indiscutibile.
La Comunità di Milano ha la fortuna di avere una scuola ebraica, che è tutt’altro che scontato (molte comunità non l’hanno). Mantenere questa scuola richiede impegni gravosi da parte di tutti: della dirigenza comunitaria, delle famiglie, di chi in questa scuola lavora. Credo che uno degli impegni fondamentali di Rosh Hashanà debba essere verso la scuola ebraica, verso il mantenimento e lo sviluppo di questa scuola.
È una scuola che ha molti pregi e anche ovviamente dei difetti, dobbiamo essere in grado di valorizzare i pregi e di correggerne i difetti. Per poterlo fare è indispensabile la collaborazione di tutti: dirigenza comunitaria, dirigenza scolastica, insegnanti. È fondamentale però tenere presente ciò che abbiamo indicato precedentemente: aver chiare le nostre priorità e andare al di là dei propri interessi personali. Non si costruisce una scuola avendo una prospettiva meramente individualistica che guarda al proprio particolare senza vedere l’interesse generale.
Questo potrebbe essere il nostro impegno collettivo per il prossimo anno.