I sarti ebrei furono dei veri e propri pionieri della moda moderna: resero Berlino la capitale della moda femminile prêt-à-porter
Quando si sente parlare di moda, a nessuno verrebbe mai in mente la capitale tedesca. Parigi, Milano, New York, sono le capitali che tutti associano all’alta moda. Tuttavia, non fu sempre così: prima dell’inizio della seconda guerra mondiale Berlino rappresentava un fiorente centro della moda riconosciuto a livello internazionale. Fu l’impiego delle macchine da cucire industriali a rappresentare un vero e proprio punto di svolta: nel giro di pochi decenni Berlino diventò un hub della moda prêt-à-porter.
L’arrivo della macchina da cucire a Berlino e il prêt-à-porter
Berlino iniziò a decollare nel campo della moda nella metà del 1800, quando per la prima volta arrivarono in Germania le macchine da cucire industriali. Esse rappresentarono una vera e propria svolta per la produzione tessile: si potevano realizzare vestiti in minor tempo e risparmiare denaro.
Prima del 1900, gli abiti erano soltanto “su misura”, ossia il sarto realizzava ad hoc un abito per ciascun acquirente. Tuttavia, prima a Parigi, poi a Berlino, l’arrivo della macchina da cucire industriale cambiò totalmente il modo di produrre e concepire la produzione degli abiti, che infatti, di lì a pochi anni, divenne sempre più industrializzata e standardizzata.
La meccanizzazione della produzione di abbigliamento, insieme anche alle materie tessili poco costose provenienti dalle colonie e al cambiamento radicale della moda in quegli anni, hanno dato vita ad un nuovo modo di produrre vestiti, rendendo l’industria tessile di Berlino una delle più importanti in Europa.
La produzione di abbigliamento in serie affonda le sue radici nel XVII secolo
Berlino presentava anche delle condizioni storiche aggiuntive che favorirono lo sviluppo dell’industria di abbigliamento in serie. La produzione in serie di abbigliamento a Berlino nasce ben prima del 1800, quando si iniziarono a standardizzare le uniformi per l’esercito prussiano nel XVII secolo. Infatti, per poter soddisfare la grande richiesta di uniformi, le ditte corporative le producevano appunto su tagli standardizzati, non solo per risparmiare tempo e materiale, ma anche perché i soldati dovevano per forza soddisfare determinate dimensioni dal punto di vista fisico ed erano dunque tutti simili di corporatura.
Oltre le uniformi, l’industria berlinese affonda le sue radici anche nella produzione in serie di biancheria intima in lino e cappotti. Negli anni venti dell’ottocento si iniziò a produrre la biancheria femminile in serie, non più su misura dalle scuole di cucito, ma realizzata secondo dimensioni standard, che venivano preferite dalle donne perché vestivano più morbide di quelle prodotte su misura dai sarti.
Il commercio di abiti usati e confezionati era svolto principalmente dagli ebrei
Con la crescente domanda di abbigliamento nelle città in crescita, aumentò anche la concorrenza tra i sarti e i commercianti. Gli ebrei non ne facevano parte poiché la maggior parte delle corporazioni commerciali tessili erano cristiane e nessuno poteva praticare sartoria se non i membri stessi della gilda.
In Germania come in molti altri stati Europei, gli ebrei non erano ben visti dalla società. Le forti restrizioni che gli venivano imposte li rendevano sempre più emarginati e relegavano questi ultimi ai margini della società. Proprio questi ultimi, che non potevano prendere parte alle cooperazioni tessili cristiane, si dedicarono per lungo tempo al commercio di abiti usati e nel ‘800 ebbero l’idea di dar vita ad un commercio di abiti confezionati, abiti prêt-à-porter, non vincolato agli accordi sui prezzi e alle regole delle corporazioni.
La moda Berlinese era riconosciuta a livello internazionale
L’industria prêt-à-porter ebbe una fortuna impensata. Nei ruggenti anni ’20, Berlino era riconosciuta in tutta Europa come una delle capitali della moda, con ben 2.700 aziende prevalentemente di famiglie ebree. I nuovi imprenditori ebrei del settore furono lungimiranti. Sapevano che la classe media in Germania apprezzava la moda parigina, ma sapevano anche che la classe media non se la poteva permettere. Così iniziarono a commerciare capi d’abbigliamento eleganti ma a prezzi accessibili per le famiglie della classe media.
La moda berlinese arrivò negli Stati Uniti, Paesi Bassi, Inghilterra Scandinavia ed Argentina. “Gli imprenditori ebrei avevano un’idea di ciò che piaceva alla gente e collegamenti internazionali con tutti i produttori di tessuti di alta qualità” afferma Uwe Westphal.
L’ascesa al potere di Hitler sancì la fine della moda berlinese
Con l’ascesa al potere di Hitler nel 1933, in particolar modo a seguito del boicottaggio contro i negozi ebraici il 1° aprile dello stesso anno, le imprese di proprietà ebraica subirono durissimi colpi. In particolare, il partito nazista aveva proibito di contrarre prestiti bancari agli imprenditori ebrei, che in questo modo non potevano più fare sfilate di moda.
“Tutto ciò che era moda una volta è stato completamente distrutto. Soprattutto l’arte degli anni ’20: scuole di moda, architettura, Bauhaus, musica, industria cinematografica”, afferma sempre Westphal. Aggiunge sempre il critico “quello che trovo assurdo è che dal 1945 nessuno vuole ricordare i molti stilisti ebrei che hanno reso Berlino la capitale della moda per pochi anni”.
Berlino ha inaugurato un memoriale a Hausvogteiplatz nel 2000
La frustrazione di Westphal ha portato alla costruzione di un memoriale a Hausvogteiplatz, che venne poi inaugurato nel 2000 con un finanziamento del governo.
Infine, il 7 settembre si terrà la prima sfilata di moda con stilisti ebrei e israeliani contemporanei. Secondo Westphal, l’ultima volta che c’era stata una sfilata di moda ebraica a Berlino era il 1939.