Squisite e singolari preparazioni ancora oggi in tavola
Patrizia Caporali
LIVORNO – Se il popolo ebraico ha lasciato tracce importanti ovunque abbia vissuto, nella città di Livorno la loro presenza è stata così significativa da influenzarne fortemente anche la tradizione gastronomica. Così Livorno, cosmopolita, multietnica e trasgressiva come poche, alla fine del XVI secolo ha accolto gli ebrei provenienti dalla Spagna che in breve sono diventati parte integrante dell’assetto socio-culturale cittadino, cogliendone addirittura le più golose prelibatezze.
La cucina ebraica, infatti, ricca di ricette fantasiose, che si coniugano con la varietà di materie prime del nostro Paese come le verdure, l’olio, la frutta, ha sostituito il maiale con l’oca, è ricorsa all’agrodolce con l’aceto, il miele e la frutta secca nei piatti di carne o comunque salati, per lasciare un segno importante in tante preparazioni dell’attuale cucina labronica.
Con il trascorrere dei secoli, infatti, la tradizione culinaria ebraica è andata a esprimersi in particolare attraverso quei piatti poveri, che si sono tramandati di generazione in generazione, fino a diventare la base della cultura gastronomica livornese.
Dai poverissimi come la minestra sui discorsi (una semplice acqua salata con odori a volontà dove veniva fatto bollire un osso con poca carne attaccata) per giungere ad alcuni ben più famosi come la minestra di cavolfiore, il cuscussù, lo stufato di fave, il pollo in galantina, il baccalà, le triglie alla mosaica e il bordatino, quella gustosa minestra nata sui velieri importatori di grano saraceno, fatta di farina gialla con cavolo nero e fagioli.
Povertà e fantasia aprono la porta a squisite e singolari preparazioni che si evolvono secondo i due diversi gusti perché, si sa, Livorno fa storia a sé ed ecco le triglie alla mosaica che diventano alla livornese togliendo l’uva passa e i pinoli, aggiungendo salsa di pomodoro e sostituendo l’aceto con il vino bianco. Nondimeno il piatto più iconico della città labronica, la zuppa di pesce per eccellenza, il cacciucco, sebbene creato dai pescatori come piatto di bordo, per utilizzare il pesce troppo piccolo o poco pregiato, sembra sia stato elaborato dai mercanti ebrei aggiungendo il pomodoro, l’ortaggio da loro introdotto e che più ha caratterizzato in modo tangibile tanti piatti tipici.
Un’altra gustosa eredità lasciata dagli ebrei sono i dolci come le scodelline, le orecchie d’Amman e le roschette, i croccanti stuzzichini spezza fame, un tempo prodotti sia dolci sia salati, ancora oggi venduti nei panifici della città e graditi in ogni momento della giornata. Erroneamente confusi con i taralli per la loro forma, ma ben diversi negli ingredienti e nel gusto, esistono in due versioni, le roschette di Pasquacon farina, uova, zucchero e olio d’oliva e le roschette del Purim, la festa dell’allegria, alle quali vengono aggiunte cannella, acqua di fiori d’arancia e giulebbe.
Ma gli ebrei hanno anche voluto gustare i piatti tipici locali facendo proprie tante ricette, adattandole alle loro regole, togliendo alcuni ingredienti, rielaborando, contaminando, senza tuttavia togliere gusto e originalità all’eccellente arte gastronomica livornese.