Questo Shabbat leggeremo due Parashòt che affrontano in modo molto dettagliato le regole relative alla Tzarà’at, una malattia della pelle con la quale, secondo la tradizione, Dio avvertiva l’uomo, che avesse trasgredito al divieto di Leshon hara’ (maldicenza), affinché chiedesse perdono alla persona danneggiata e a Dio. I Maestri, con un gioco di parole tipico del midrash, interpretano la parola Metzorà (malato di Tzara’at) come motzì rà’ (che fa uscire il male), generalmente spiegata così: colui che ha fatto uscire dalla sua bocca parole di maldicenza (motzì rà’), viene colpito con una malattia che lo renderà metzorà. Secondo rabbì Yehudà Arie Leib di Gur, autore dello Sfat Emet, la Tzara’at, intesa come la “fuoriuscita del male” sulla pelle, quindi esteriormente, sarebbe l’unico modo per riuscire a distinguere il male dal bene che c’è dentro di noi: la Leshon harà, infatti, è uno dei casi più significativi di peccato che potrebbe talvolta apparire agli occhi di qualcuno come azione lecita, o addirittura dovuta, ma che nella sostanza è un’azione proibita, così grave da aver causato la distruzione del secondo Bet haMikdash.