“… non berrete vino o liquore né tu né i tuoi figli con te …” (Vayikrà 10, 9).
I Maestri si domandano per quale motivo un cohèn non possa servire Dio nel Santuario se questi ha bevuto vino o alcolici? La Torà e i suoi comandamenti sono stati dati per dare uno scopo preciso alla vita, così come dice il Salmo 19 e dovremmo trovare la nostra gioia nelle mitzvòt e non in stimoli esterni. Un cohèn che compie il suo servizio intossicato, mancherà in qualcosa. Come i genitori desiderano il meglio per i loro figli, lo stesso vuole Dio: gioire nel mondo e trarne piacere, ma non un piacere effimero e senza significato, ma un piacere duraturo e profondo. Questo si ottiene legando noi stessi a Dio; la sensazione che si prova aiutando il prossimo è la stessa con cui l’anima è connessa al suo Creatore. Alcool, droghe e altri piaceri artificiali, sono brutte imitazioni di questa sensazione. Quindi perché cercare il falso quando si ha a portata di mano l’originale?
Dalla newsletter Hashavua del Rabbinato Centrale Milano