BERLINO – Molto atteso, anche al varco, perché la protagonista Helen Mirren non è ebrea – cosa che ha suscitato molte polemiche – è arrivato alla Berlinale Golda, il film di Guy Nattiv (uscirà in Italia con 01 Distribution) che si concentra sui dieci giorni della guerra dello Yom Kippur, nel 1973, quando il primo ministro israeliano Golda Meir deve prendere la decisione più importante, cercando di mostrare il viaggio mentale, emotivo e fisico di chi conduce la peggiore guerra che Israele abbia mai avuto. “Golda è un film di guerra senza la guerra – dice il regista – è la guerra combattuta da una donna anziana negli ultimi giorni della sua vita. Sta cercando di sopravvivere alla sua guerra interna, il cancro che la divora da dentro, mentre il Paese soffre per un attacco a sorpresa. Sta perdendo sé stessa, il suo Paese, che è in un momento cruciale, ma cerca di ritrovare la speranza”.
L’attrice premio Oscar si è rifiutata di affrontare la controversia sul suo casting. Quando le è stato chiesto di commentare il contraccolpo e la questione del casting autentico, ha lasciato che Nattiv e il co-protagonista, il divo israeliano Lior Ashkenazi, che interpreta Dado nel film, la difendessero mentre lei sorrideva timidamente. Mirren non è israeliana né ebrea, e i critici hanno sostenuto che non avrebbe dovuto essere scelta come la figura femminile più importante di Israele. Nattiv ha detto che quando ha incontrato Mirren si è subito sentito come se fosse in presenza di un “membro della famiglia”, una “zia” che aveva “le doti ebraiche per interpretare Golda. Circondarla con un cast israeliano è stato un passo cruciale per farle sentire come se stesse facendo un film israeliano”.
Ha citato, il regista, una frase che Mirren disse quando è scoppiata la polemica: “Va bene, quindi diciamo che solo gli ebrei possono ritrarre gli ebrei, ma per quanto riguarda i non ebrei? Questo significa limitare tutti gli attori. Penso che gli attori israeliani ed ebrei non abbiano limiti né problemi a ritrarre personaggi internazionali”, ha affermato il regista. Ashkenazi ribatte folgorante: “Diciamo che stiamo girando un film su Gesù Cristo. Chi lo interpreterà?”. Mirren stempera la tensione: “Tranquilli, non sarò io!” .
L’attrice ha tracciato un parallelo non tanto con la Thatcher – Meir era chiamata “la Lady di ferro di Israele” – quanto con la regina dei Tudor Elisabetta I, che ha interpretato nella ministerie del 2005 Elizabeth I diretta da Tom Hooper: “Era una persona incredibile in cui entrare e sperimentare dall’interno. Ne sono uscita con la più profonda ammirazione per lei, una specie di amore. Golda era straordinariamente coraggiosa e con un impegno totale nei confronti di Israele. E in un modo strano, è stato un po’ come interpretare Elisabetta I d’Inghilterra, non perché avesse la regalità o altro, ma per quell’impegno totale per il suo Paese, per l’assoluta dedizione a questo. Era molto materna, gentile nel suo aspetto. E’ qualcosa che ho in comune con lei, anche il fatto – scherza – che amasse la cucina ben equipaggiata”.
In passato Golda Meir è stata interpretata da attrici come Anne Bancroft (nello spettacolo teatrale Golda) e Ingrid Bergman (nella miniserie tv dell’82 Una donna di nome Golda). “Ho visto Bancroft interpretarla e soprattutto Bergman, che è stata davvero meravigliosa – ricorda Mirren – ma il nostro non era un biopic, riguardava una piccola parte della sua vita, la più difficile. E così mi sono concentrata su quella e ho letto tanti libri. Mi interessa molto quel che succede alle persone prima dei vent’anni, come erano da bambini. E lei è cresciuta in Ucraina nelle condizioni che conosciamo, questo non ha potuto non formarla”.
Spiega, Nattiv, la genesi del film: “Sono nato in Israele nel 1973, l’anno della guerra dello Yom Kippur. Mia madre mi ha portato nel rifugio, mio padre è andato a combattere. Sono cresciuto con le storie della guerra. C’è una canzone famosa in Israele, Choref Shiv’im Veshalosh (Inverno del ’73), che ci diceva che da grandi, dopo quella guerra, non ce ne sarebbero state altre. Sono cresciuto con la narrativa che eravamo più forti, più potenti e che abbiamo vinto. Che Golda Meir era un eroina. Da adulto ho scoperto che in quel conflitto terribile abbiamo perso quasi tremila uomini. E a parte un film tv degli anni Ottanta, nessuno aveva affrontato il suo personaggio in modo così approfondito”.
Nel film Meir è dura: “Era intelligente, esperta, colta, grande politica, sapeva gestire gli americani, sapeva come cercare aiuto – continua il regista – ed era una donna di principio. Non si fidava di molti, soprattutto non dei leader arabi, non era disposta a vedere un quadro più ampio del Medio Oriente. Sapeva come trattare le persone, ma era testarda e lo ha pagato a caro prezzo. Al tempo della guerra aveva il cancro, nessuno lo sapeva, veniva curata in ospedale”.
Una figura controversa, anche in patria. “Sarà sempre collegata al fallimento della guerra, la persona sbagliata al momento sbagliato – aggiunge Nattiv – Non voleva essere Primo ministro, l’hanno spinta perché nessun altro voleva e poi l’hanno lasciata sola. Gli israeliani sono divisi riguardo a lei, gli ebrei fuori dal mio Paese vedono la storia di una donna arrivata da Milwaukee in Israele piena di sionismo e con la speranza di aiutare il Paese. Alcuni la amano, altri no”.