“Merito” di Hitler che perseguitò Gropius e i più bravi architetti del ‘900
Tel Aviv è la città con più edifici in stile Bauhaus al mondo, oltre 4.000. Bauhaus è la scuola architettonica nata nel 1919 in Germania, che ha esercitato decisiva influenza sulla architettura moderna, inclusa quella italiana, ancorché chiamata fascista. Nella loro versione originale, i giovani architetti della Bauhaus erano di sinistra. La scuola fu riconosciuta dal Governo di Weimar nel 1919. Due anni prima c’era stata la rivoluzione in Russia, l’Europa, Italia compresa, era tutta un fermento.
Il centenario della Bauhaus, nel 2019, fu annunciato dal New York Times con un paio di articoli ma complessivamente l’evento cadde nel silenzio mondiale. Ma torniamo indietro di un secolo.
Con l’avvento di Hitler al potere, per quelli della Bauhaus fu il momento della chiusura e della persecuzione. Molti erano ebrei, una indubbia aggravante.
La maggior parte di loro (Van der Rohe in testa) emigrarono in America, esercitando una notevole influenza sulla architettura del dopoguerra. Esemplare il grattacielo noto come Seagram Building, il cui pianterreno, occupato dal ristorante Four Seasons per mezzo secolo, ospitava a pranzo e cena il top della politica e dell’editoria americana.
Alcuni seguaci della Bauhaus scelsero come meta Israele, che in quell’epoca iniziava ad assumere i caratteri di nuova terra promessa che diventò realtà dopo la guerra e la fine del nazismo e del fascismo.
Le case in stile Bauhaus di Tel Aviv sono concentrate in un quartiere conosciuto come la Città Bianca di Tel Aviv, costruìto negli anni ’30 del secolo scorso. Fu voluta dall’allora sindaco di Tel Aviv, Meir Dizengoff, col beneplacito degli inglesi, da cui dipendeva Israele fino al 1948 (anno di nascita del nuovo stato ebraico).
Furono costruiti nell’arco di pochi anni oltre 4.000 edifici, tirati su appunto secondo lo stile Bauhaus, trapiantato nella città israeliana, quando sulle dune a nord di Jaffa, antico insediamento palestinese, ebbe inizio la costruzione della moderna Tel Aviv. Solo in seguito, negli anni 70, conobbe lo sviluppo verticale che oggi caratterizza la parte più moderna della città.
Il delizioso nucleo abitativo chiamato la “città bianca”, insediato tra la Promenade che costeggia il mar Mediterraneo e il Centro, intorno all’area commerciale della città, è dal 2003 patrimonio culturale dell’Umanita’.
In una città così giovane, quelle costruzioni chiare, basse e dalle essenziali linee ondulate, quasi sempre immerse nel verde, rappresentano la zona “storica” di Tel Aviv che comunque, nella parte araba di Jaffa (la municipalità è detta Tel Aviv-Jaffa) ha una storia millenaria, in quanto secondo la leggenda semitica, fu fondata da Jafet, figlio di Noè.
Fedeli alla ispirazione socialista, quelle palazzine sono costruzioni semplici, popolari. Ma chi le abita si ritiene un privilegiato e assicura che con quello che ha speso per comprare quei 70/80 metri quadrati, a New York vivrebbe al Trump Plaza, a Roma in una residenza del ‘600 e a Londra vicino ai giardini di Kensigton.