In una discussione del 1907, un giovane studente mette in discussione addirittura il miracolo dell’olio consacrato degli otto giorni della festa. Come reagisce il rabbinato italiano a tanta temerarietà? Ce ne parla rav Jacov Di Segni
Una conferenza. È un sabato sera, 21 dicembre 1907, da poco è passata la festa di Chanukkà, e nella Comunità di Modena, alla presenza del Rabbino Capo, Giuseppe Cammeo, in una spaziosa sala sfarzosamente illuminata dell’Asilo Israelitico, “il colto giovane modenese Ecc. sig. Gustavo Castelbolognesi”, allievo del Collegio Rabbinico di Firenze, “lesse davanti a un pubblico scelto e numeroso una bellissima conferenza” dal titolo “Una delle pagine gloriose dell’Ebraismo” (resoconto di Rav G. Cammeo, Corriere Israelitico, anno XLVI n. 9, pag. 292-293). Il giovane maskil Gustavo Bonaventura Castelbolognesi (Modena, 1884 – Milano, 1947) sarebbe poi diventato Rabbino Maggiore nel 1913 e Rabbino Capo di diverse comunità, tra cui Tripoli e Milano.
A differenza del giovane studente del Collegio Rabbinico di Firenze, allievo di rav Zvi Margulies e di rav H. Peretz Chajes, il Rabbino Capo Giuseppe Cammeo (Livorno, 1854 – Vercelli, 1934) aveva studiato al Collegio Rabbinico di Livorno, diverso per tradizione e per impostazione. Giuseppe Cammeo conseguì poi il titolo di Rabbino Maggiore al Collegio Rabbinico di Roma, rilasciato dai Rabbini Leone Racah e M.G. Ottolenghi, anche loro livornesi, e dal Rabbino Marco Momigliano.
Il giovane conferenziere, figlio del Segretario della Comunità di Modena Leonello Castelbolognesi, dopo aver ringraziato “per il valido aiuto morale e materiale che ricevette dalla sua amata Comunità durante il periodo non breve dei suoi studi religiosi e civili”, parlò del celebre periodo storico dei Maccabei, sostenendo che “molti scrivono la storia sacra in modo curioso, parlando delle cose secondarie e trascurando le principali: come ad esempio nel fatto dei Maccabei, fanno risultare il miracolo dell’olio, secondo l’oratore, non vero o almeno leggendario al punto che non resiste all’osservazione critica più superficiale”.
Nella seconda parte della dotta conferenza – continua il resoconto di Rav Cammeo nel Corriere – il giovane Castelbolognesi “parlò diffusamente del libro di Daniele e di alcuni salmi, secondo lui, maccabaici, scritti allo scopo di rafforzare e destare l’amore alla fede religiosa, l’ardire a compiere atti eroici di religione e di patriottismo. Secondo l’oratore, noi ora traversiamo un periodo molto somigliante a quello dei Maccabei; gli israeliti moderni cercano con ogni studio di assimilarsi agli individui delle altre nazioni, con grave danno morale della loro antica fede. Terminò dicendo che egli spera assai dal Sionismo e dall’opera dei giovani dei Collegi Rabbinici d’Italia, i quali colle loro conferenze Pro-cultura ebraica, diffonderanno fra le folle i sentimenti religiosi di cui necessita tanto il popolo ebraico, specialmente i correligionari d’Italia. Il conferenziere fu assai applaudito e ricevette le congratulazioni dell’intiero uditorio”.
Dal canto suo però il Rabbino Capo Cammeo, con questo suo resoconto, aveva preso le distanze da alcune teorie non proprio tradizionali che il giovane rabbino aveva esposto: il miracolo dell’olio “non vero o almeno leggendario”, i Salmi di David attribuiti ad autori tardi dell’epoca Secondo Tempio, che erano teorie che un rabbino tradizionalista della Scuola di Livorno non poteva certamente accettare.
Ben presto il giovane studente da Firenze invia al Direttore dello stesso giornale una rettifica (Corriere Israelitico, Anno XLVI Nro. 10, pag. 305). Castelbolognesi infatti specifica che il relatore ha commesso due inesattezze: l’attribuzione di alcuni Salmi all’epoca maccabaica non è opinione del conferenziere, “poiché la maggior parte degli esegeti moderni della Bibbia è concorde nell’attribuire alcuni dei Salmi ai tempi della grande rivoluzione asmonea: poiché da Calvino, al Krochmall al Graetz, da questi agli scrittori contemporanei fra cui tiene buon posto il mio maestro, Prof. H. P. Chajes, tutti si sforzarono e si sforzano in studi profondi, in acute e argute osservazioni a dimostrare come non pochi tra i salmi siano necessariamente elegie dei tempi fortunosi, oppure inni di vittoria dell’esercito trionfatore sopra Antioco Epifane” (cfr. derashà del rabbino Chajes del 1914 sui Maccabei, pubblicata nel 1953 in una raccolta di Discorsi e Conferenze).
La seconda inesattezza di Cammeo, continua Castelbolognesi, fu quella di parlare, alla fine della relazione, di Collegi Rabbinici Italiani, al plurale: “Per la verità, parlando degli studi scientifici […] non potevo riferirmi e non mi riferivo ad altro se
non al Collegio Rabbinico di Firenze, del quale mi onoro essere non ultimo allievo. Questo dovevo io fare […] per mettere, come si suol dire, le cose a posto”.
La provocazione non passa inosservata, e la reazione del Rabbino Cammeo non tarda ad arrivare al Corriere (Anno XLVI Nro. 11, pag. 363): “Chi mi conosce sa che io potrei davvero mettere le cose a posto e dimostrare qual fu l’impressione di due Rabbini all’udire dalla bocca di un futuro Rabbino esser lontano dal vero il miracolo dell’olio di Hanuccà, punto pericoloso che il signor Castelbolognesi ha creduto bene di non rettificare. Tutti sanno che a me non mancherebbero argomenti per combattere le opinioni calviniste sui cosidetti Salmi Maccabaici, e sul delitto mio di aver pensato alla studiosa gioventù del Collegio Rabbinico di Livorno non meno celebre certamente di qualsiasi altro. Ma per ragioni facili a comprendersi e per i rapporti delicatissimi che mi legano al signor Castelbolognesi non rispondo…”.
A Rav Cammeo si associarono due rabbini del Collegio Rabbinico di Livorno, il Rabbino Alfredo Toaff e il Rabbino Roberto Menasci, che sostennero che “fino almeno dal 1885, fin da quando cioè il grande nostro Elia Benamozegh di v.m. [venerata memoria] fu chiamato a profondere i suoi lumi a questa scuola, si cominciarono da noi ad apprezzare, nel loro giusto valore, gli studi scientifici che intorno all’Ebraismo sono in fiore in Germania, in Inghilterra e nella lontana America”.
Anche nel Vessillo Israelitico (V.I.) il rabbino Castelbolognesi viene criticato duramente per la rettifica sul Collegio rabbinico di Livorno dal rabbino Arrigo Lattes, che rivolge a lui queste parole: “l’Italia israelitica, mentre rimarrebbe davvero disgustata dallo spettacolo di giovani che si avviano alla sacra carriera del Rabbino pungendosi e mordendosi, si compiacerebbe certo e trarrebbe buon frutto dalla sincera e leale concordia di giovani che, affratellata in un comune ideale, tendessero con sforzo unanime a diffondere la conoscenza scientifica dell’ebraismo, esercitandone praticamente le belle virtù di fratellanza ed amore” (V.I. LVL pp. 175-177).
Nel numero dell’anno successivo del Corriere troviamo un’ultima risposta del rabbino Gustavo Castelbolognesi, questa volta sul miracolo dell’olio nella storia di Chanuccà. A dimostrazione della sua tesi egli cita un intero passo del “Giudaismo Illustrato” di Samuel David Luzzatto (Padova, 1852, vol. 2 pp. 96-97): “L’antica cronaca detta Meghillat Taanit (cap. 9) seguita dai Talmudisti (Shabbath 21) narrando assai succintamente i fasti degli Eroi Asmonei, aggiunge la circostanza, che ognuno sa, del miracolo della piccola ampolla d’olio che bastò straordinariamente per otto giorni. Il silenzio di Giuseppe [Flavio] e dei libri dei Maccabei su tale miracolo, lo deve rendere assai sospetto. D’altronde, mentre nel Tempio empiamente profanato, tutto o quasi tutto dove’ rinnovarsi, mentre nuovo si fece l’altare e nuovo il candelabro, non apparisce ragione perché non si abbia dovuto fare anche dell’olio nuovo, senza attendere che per così piccolo oggetto Iddio avesse ad operare un miracolo…”. Dopo aver riportato altre dimostrazioni da un articolo del Krauss, Castelbolognesi conclude: “Dopo quanto ho riferito mi sarà da tutti riconosciuto il diritto di affermare l’insussistenza de miracolo dell’olio…”.
Diversi anni dopo, nel 1914, ricompare traccia della polemica sul Corriere Israelitico in una lettera aperta alla Direzione del Corriere, firmata da “un vecchio lettore del Corriere”, che per i freschi lettori riassume la questione (pag. 171): “Rilevo da un articolo della Settimana Israelitica del 9 corr. firmato dall’Ecc. Margulies, che il Maestro smentisce lo scolaro […]. Un giovane rabbino, allievo del C. R. di Firenze, in una pubblica conferenza aveva negato assolutamente il fatto storico del miracolo. Oggi il maestro pubblicamente smentisce lo scolaro, e ciò ci fa molto piacere. Dice l’Ecc. Margulies: Narrasi nei libri sacri che dopo le gloriose vittorie dei Maccabei, dopo aver essi sconfitto e ricacciato oltre i confini della Terra Santa l’esercito nemico, entrati trionfalmente in Gerusalemme, la loro prima cura fu quella di riconsacrare il Tempio profanato dalle orde pagane e di riaccendervi la spenta lampada eterna. Ma ahimè! Tutta la provvista di olio era contaminata né poteva più servire alla sua sacra destinazione. Solo un piccolo orciuolo di olio puro essi trovarono che portava ancora intatto il sugello del sommo sacerdote […] ma avvenne un miracolo! Dunque il maestro ammette il miracolo, e lo scolaro lo nega! Non crede, Egr. Direttore, che sia il caso di domandare perché non vanno un po’ più d’accordo? Nelle nostre scuole si è sempre insegnato quello che dice il Margulies […] ma è strano che gli scolari insegnino l’opposto di quello che vuole il Maestro!”.
Dopo alcune pagine dello stesso numero, nella cronaca della Comunità di Modena si legge che gli esami per il titolo maggiore sostenuti a Firenze dal Dott. Gustavo Castelbolognesi ebbero esito felicissimo, e si conclude con “Auguri di splendida carriera”.
Chissà se il “vecchio lettore” non era altro che il Rabbino Cammeo, che volle dare un’ultima lezione al neo-rabbino modenese!
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