Intellettuali in fuga dall’Italia fascista – Firenze, University Press 2019
Alberto Legnaioli
«Quando, nel 1938, io impartii la mia ultima lezione in questa Università, quale libero docente di lingua e letteratura ebraica non avrei creduto…», così Elia Samuele Artom apriva la commemorazione del cognato, Umberto Cassuto, il 28 maggio 1952 a Firenze, dove era appena di passaggio[1].
Fu radicale il mutamento che tante vite, come la sua, dovettero subire a seguito delle leggi antiebraiche. Artom si imbarcò, insieme al figlio minore Ruben, alla volta della Palestina mandataria nel settembre 1939. Al suo arrivo trovò una terra non semplice, la cui ‘promessa’ – al centro delle fonti della tradizione a lui tanto care – si rivelò ben più sfuggente di quanto certa retorica non indurrebbe a credere.
La giovinezza e gli studi
Elia Samuele Artom era nato a Torino il 15 giugno 1887 da Emanuele Salvador (8 dicembre 1840 – 17 giugno 1909), impiegato postale astigiano, e Giuseppina Levi (27 agosto 1849 – 1º dicembre 1924), maestra d’asilo di Carmagnola[2]. Da subito aveva mostrato peculiare attitudine allo studio: dopo essere stato istruito privatamente,[3]aveva conseguito «la licenza liceale d’onore» nel 1904, si era laureato in lettere «a pieni voti assoluti e lode» alla Facoltà di Filosofia e Lettere della R. Università di Torino e diplomato al Magistero[4]. Nutriva un marcato interesse per le discipline orientali, avendo seguito corsi di ebraico, arabo e siriaco, e per la tradizione letteraria ebraica in lingua greca, come rivela il titolo della sua tesi di laurea dedicata ai primi due libri dei Maccabei[5].
Al R. Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento (poi Università) di Firenze negli anni accademici 1908-09 e 1909-10, aveva avuto come maestri Fausto Lasinio, di cui aveva seguito i corsi di Arabo e Lingue semitiche comparate, Francesco Scerbo (1849-1927) e Hirsch Perez Chajes (1876-1927) per la lingua ebraica, per perfezionarsi nella quale aveva ottenuto una borsa di studio dal R. Collegio Carlo Alberto. Parallelamente, sotto la guida di Samuel Hirsch Margulies (1858-1922) e di Chajes aveva portato a termine gli studi rabbinici nel Collegio rabbinico italiano di Firenze, con il titolo di Maskil nel 1908, e il titolo di Chakham ha-Shalem nel 1912[6].
L’insegnamento e la carriera rabbinica
Artom si era dedicato subito all’insegnamento, dapprima nella forma di lezioni private[7]. Nel 1912 aveva insegnato ebraico nella «Scuola popolare femminile» di Firenze;[8]nel 1914 ebraico, italiano, storia e geografia presso la Scuola tecnica israelitica dell’Opera pia Colonna e Finzi di Torino, di cui poi era stato direttore. Dall’agosto del 1915 aveva prestato «servizio militare volontario» come rabbino a Belluno, ma per intervento della citata Opera pia[9], era presto tornato a Torino e ai suoi incarichi scolastici. Nel 1917-18 aveva insegnato greco presso l’Istituto privato Ricaldone di Torino, nel 1918-19 storia al R. Liceo Gioberti e nel 1919-20 materie letterarie al R. Ginnasio D’Azeglio[10]. All’insegnamento Artom aveva accompagnato un’intensa attività di scrittura, pubblicando diciassette titoli nell’arco di dieci anni (1907-1917)[11].
Nel frattempo, aveva iniziato ad esercitare l’attività rabbinica, ricoprendo la carica di vice-rabbino a Ferrara (1913-1914) e a Torino (1914-1920)[12]. L’11 agosto 1920, con decreto del Governatore della Tripolitania, Artom era stato nominato rabbino capo di Tripoli (Libia), dove si era trasferito con i figli Devorà, Emanuele e David e con la moglie Giulia Cassuto, sorella di Umberto, allora segretario della Comunità ebraica fiorentina e coadiutore del rabbino maggiore Samuel H. Margulies[13]. La permanenza della famiglia Artom in Libia fu funestata dalla morte di Devorà (1914- 1922), di 7 anni, che si spense in casa il 14 maggio 1922, mentre il padre si trovava in sinagoga[14].
A marzo dello stesso anno, colto da un improvviso malore in sinagoga, era prematuramente scomparso il rabbino capo di Firenze,[15]che appena un mese addietro aveva proposto ad Artom, già suo allievo al Collegio, di sostituire David Prato nei ruoli di chazzan (cantore nel tempio), di ispettore della beneficenza e di direttore della scuola elementare ebraica, oltre che di insegnante di ebraico nel Talmud Torà. La lettera di Margulies con quella proposta raggiunse Artom a Tripoli, insieme al telegramma sulla morte del maestro, inviatogli dal cognato Umberto Cassuto. La tragica circostanza aveva indotto Artom ad accettare l’offerta senza indugio per onorare le ultime volontà del maestro «che […] mi dimostrò chiaramente di vedere molto volentieri la mia venuta costì»[16]; ed anche perché il suo contratto a Tripoli stava per scadere, il 31 marzo, e le condizioni proposte per rinnovarlo non gli andavano bene, come scriveva al cognato[17]. A Firenze, però, per tensioni pregresse tra il defunto rabbino capo ed una parte del consiglio comunitario, la candidatura di Artom non era ben vista da tutti, ed il 1º maggio 1922 era stato lasciato libero da ogni impegno nei confronti della comunità[18]. Si era perciò trattenuto a Tripoli per un altro anno, trascorso il quale lasciò l’incarico «in seguito a volontarie dimissioni»[19]. Al suo ritorno in Italia aveva ripreso l’insegnamento: nel 1923-24 al R. Liceo scientifico G. Ferraris di Torino, nel 1924-25 al R. Liceo classico Dante di Firenze, dove al contempo aveva tenuto corsi di «Storia e letteratura ebraica postbiblica e Grammatica aramaica talmudica nel Collegio Rabbinico Italiano»[20].
Per quanto concerne l’attività pastorale, Artom aveva coperto la cattedra rabbinica di Alessandria, fino al 5 dicembre del 1926, quando si era insediato nella carica di rabbino capo a Firenze, per un periodo tenuta da suo cognato Cassuto, ponendo fine alla lunga e complessa crisi connessa alla successione del rabbino Margulies[21].
La libera docenza
Ottenuta l’abilitazione alla libera docenza in Lingua e letteratura ebraica[22], con decreto firmato dal ministro Pietro Fedele, il 17 maggio 1927 aveva chiesto di poterla esercitare presso la R. Università di Firenze[23], dove tenne infatti due corsi per un totale di due-tre ore settimanali[24], e dopo cinque anni fu confermato in via definitiva con decreto ministeriale del 19 febbraio 1932[25]. Su incarico del ministero degli Esteri (Direzione generale degli italiani all’estero), da Trieste nell’ottobre 1933 si era imbarcato per recarsi in Palestina come docente di italiano nelle scuole medie ebraiche, «nelle quali, come è noto, la lingua di insegnamento è la lingua ebraica»[26]. Aveva così lasciato temporaneamente anche la guida spirituale della comunità fiorentina, facendo «pubblica confessione delle sue colpe rabbiniche […per] tutto quel molto che poteva essere stato fatto e non è stato fatto» in un discorso definito «eccezionale di tono e di contenuto» sul settimanale Israel, diretto da Alfonso Pacifici (1899-1981)[27]. Artom aveva insegnato, tra le altre, nella scuola Tachkemoni di Tel Aviv, gettando le basi per una rete di contatti che si rivelò preziosa nel 1939, in circostanze ben meno liete[28]. Aveva avuto l’opportunità di conoscere, tra gli altri, il matematico Abraham H. Fränkel[29], futuro rettore della Hebrew University dal 1938; e aveva collaborato con Abraham Kahana (1874-1946) all’opera di traduzione e commento dei cosiddetti libri apocrifi della Bibbia, curando le edizioni della Preghiera di Manasse, dell’Epistola di Geremia e dell’Apocalisse greca di Baruch[30].
Al suo ritorno, Artom aveva ripreso il proprio incarico di rabbino capo della comunità fiorentina, ma non i corsi liberi di Lingua e letteratura ebraica all’Università, dal momento che era stato chiamato al Collegio rabbinico italiano, trasferito a Roma alla fine del 1933[31]. Aveva poi lasciato anche la cattedra rabbinica «nell’impossibilità di continuare ad attendere contemporaneamente al mio ufficio qui ed all’insegnamento a Roma»: una notizia diffusa a fine agosto 1935 ma «già nota da vari mesi», riferiva Israel[32]. Sulla sua decisione avevano certamente influito i perduranti dissidi con il consiglio comunitario[33]; ed altri dissidi, tra Dante Lattes ed il direttore del Collegio, Angelo Sacerdoti, si celavano dietro la vacanza del posto che Artom era andato a ricoprire, finendo poi anche alla direzione del Collegio dopo la scomparsa di Sacerdoti[34].
L’espulsione e la partenza per la Palestina
Per i suoi doveri a Roma, Artom non escludeva l’eventualità di dover chiedere «il trasferimento dell’esercizio della libera docenza da Firenze»[35], tuttavia era sua intenzione tenere a Firenze il suo corso libero per l’a.a. 1937-38[36]. Certo non poteva immaginare, entrando in aula il 12 maggio 1938, che quella lezione sarebbe stata l’ultima tra le mura universitarie[37].
Nel giugno del 1939 il rettore Arrigo Serpieri gli notificò la «Decadenza dall’abilitazione alla libera docenza»:
Vi informo che il Ministro della Educazione Nazionale con sua nota del 2 Giugno 1939 XVIIº nº 2190 Div. IIIº Pos. 11 ha comunicato che con Decreto Ministeriale del 18 Marzo 1939 XVIIº siete stato dichiarato decaduto dall’abilitazione alla libera docenza in «Lingua e letteratura ebraica» a decorrere dal 14 Dicembre 1938 XVIIº in quanto appartenente alla razza ebraica, in applicazione all’art. 8 del R.D.L. 15 Novembre 1938 XVIIº nº 1779 e dell’art. 8 del R.D.L. 17 Novembre 1938 XVIIº nº 1728[38].
Non si erano neppure disturbati a trascrivere correttamente il nome del collega, di cui si stavano liberando con tanta solerzia ed efficienza, quasi fosse uno scarto[39]. Artom decise, dunque, di lasciare il paese. Non ebbe dubbi sulla destinazione: Eretz Israel era l’unico luogo che potesse garantire un futuro alla sua famiglia, considerate le circostanze. «Siamo tutti sionisti di vecchia data», scriveva all’Agenzia ebraica nel richiedere un certificato di immigrazione per suo figlio Meir[40]. Il 13 settembre 1939 giunse a Haifa con Ruben, il più piccolo.[41]La moglie Giulia era deceduta tre anni prima; quanto agli altri figli, Emanuele (Menachem)[42] era rimasto in Italia a curare la spedizione della mobilia e degli effetti personali di famiglia[43]; con un certificato d’immigrazione in quanto studente procuratogli dal padre attraverso la Hebrew University di Gerusalemme, Emanuele raggiunse il padre e il fratello minore il 14 dicembre[44]. Meir si trovava nell’hakhsharà di Cevoli, nei pressi di Pisa, e sarebbe dovuto partire una volta ottenuto il certificato[45]. Arrivò prima la dichiarazione di ostilità tra Italia e Regno Unito che gli precluse ogni possibilità di raggiungere la famiglia. Invece David aveva preceduto tutti loro; in Palestina si era stabilito nel kibbutz di Rodges, nei dintorni di Petah Tikvah, nel dicembre del 1938. Pochi mesi dopo l’arrivo del padre, però, si ammalò di meningite e morì il 23 novembre 1939 a soli 21 anni[46].
La strenua ricerca di un lavoro
Al suo arrivo Artom si adoperò immediatamente per «trovare, entro un termine non troppo lungo, qualche occupazione che permetta di vivere, anche modestissimamente a me e al mio figlio minore di anni 11½». Ben conscio delle acque incerte che lui, così come tutto il paese, si trovava a solcare, nutriva poche speranze: «Non occorre dire che io sarei disposto a prendere in considerazione qualsiasi proposta di lavoro di cui io sia capace»[47]. A tal fine prese contatto con l’Irgun ‘Olè Italia, che pochi mesi più tardi si sarebbe occupata del trasferimento dei beni della famiglia Artom da Tel Aviv a Gerusalemme, dove nel frattempo padre e figli si erano stabiliti. L’organizzazione, costituita a Tel Aviv il 19 marzo 1939 dal Comitato degli ‘olim italiani, aveva come missione primaria l’assistenza agli ebrei che giungevano in Palestina dall’Italia. Tuttavia, l’Irgun, che aspirava al ruolo di centro di aggregazione sociale e culturale di coloro che sarebbero poi divenuti gli ’Italkim (la comunità ebraica di origine italiana in terra d’Israele), incontrò nei primi mesi di attività l’opposizione degli ebrei più osservanti, tra cui Alfonso Pacifici[48], che cercarono forme di organizzazione alternative.
Artom provvide, inoltre, a riattivare ed ampliare la rete locale di contatti. Già prima della partenza aveva scritto a Harry Torczyner (1886-1973, poi Naftali Herz Tur Sinai), docente di Bibbia presso la Hebrew University e futuro primo presidente dell’Academy of the Hebrew Language, perché lo aiutasse a trovare un impiego. Torczyner non aveva nascosto la difficoltà della situazione:
Amico mio stimatissimo,
ho ricevuto la tua lettera. Invero, la cosa non è semplice, ma farò tutto ciò che sarà in mio potere. E speriamo di trovare qualcosa di adatto a te.
Con grande stima[49]
In tutto simili le risposte di Hiram Pflaum (1900-1962), docente di Lingue romanze, e di Moshe Zvi Segal (1876-1968), docente di Bibbia entrambi alla Hebrew University. Segal si rallegrava «che Lei abbia intenzione di fare ‘aliyyà in Israele e di stabilirvisi». Si dichiara, nondimeno, incerto su come aiutarlo, pur promettendo che «qualora mi si presentasse l’occasione di assisterLa, lo farò con piacere. La situazione in Israele è al momento quanto mai difficile, ma speriamo che Dio ci aiuti. Sarò ben lieto se mi onorerà di una visita al Suo arrivo a Gerusalemme»[50].
A metà agosto Artom aveva ricevuto risposta anche dal collega Abraham Kahana, con il quale aveva pochi anni prima collaborato all’edizione ebraica con commento dei cosiddetti apocrifi della Bibbia:
Caro amico mio,
mi hai dato una gioia immensa alla notizia dell’approssimarsi della tua salvezza, ma le mie condizioni di salute in questi giorni non mi hanno consentito di rispondere alle tue righe. Ho riflettuto sulla tua situazione quando arriverai: niente di stabile mi è venuto in mente per il momento, ma credo che solo quando sarai qui troverai la tua strada materialmente; e vedrai ciò che hai davanti. Magari troverai da subito un lavoro di traduzione in ebraico di qualche libro. Ad ogni buon conto non dobbiamo disperare.
Credo che anche senza il mio consiglio tu sappia che tutto ciò che riuscirai a produrre da solo devi produrlo, in particolare i tuoi libri — non disprezzare le cose da poco, persino la stampa ebraica. Tutto ti sarà utile, e sappi che i libri di argomento ebraico, se anche non sono denaro, sono comunque una fonte di guadagno[51].
Artom trovò la sua «strada», ma essa si rivelò ben più tortuosa ed erta di quanto Kahana avesse previsto.
Una volta giunto «sano e salvo in Israele la sera di R[osh] H[a-shana]», il capodanno ebraico, Artom scrisse a ciascuno dei tre docenti promettendo di far loro visita a Gerusalemme subito dopo la festa Kippur, che quell’anno cadeva il 23 settembre. Fino ad allora, infatti, Artom era «occupato con tutto quanto occorre fare alla Dogana e al Ministero della Salute, oltre che in altri ministeri al fine di ottenere la carta d’identità e il permesso per viaggiare»[52]. Trascorso Kippur, Torczyner mise Artom in contatto con Eliezer Rieger (1896-1951), docente di pedagogia alla Hebrew University, e futuro secondo direttore generale del ministero dell’Educazione e della Cultura d’Israele (1951-1954), che lo «accolse calorosamente». Quest’ultimo lo presentò a Yaakov Sh. Engel, sovrintendente delle scuole del «Mizrachi» per un eventuale posto da insegnante, ma Engel «mi disse che non aveva consigli da darmi e non mi lasciò margine alcuno di sperare che avrei potuto ottenere un posto d’insegnante nelle scuole menzionate»[53].
Nel frattempo, in attesa di stabilirsi a Gerusalemme, dal 15 ottobre Artom trovò ospitalità presso la signora Esther Berliner, al n. 52 di Yarkon Rd., Tel Aviv[54]. In quegli stessi giorni Pflaum sondò il terreno presso la Hebrew University riguardo alla possibile istituzione dell’insegnamento della lingua italiana nell’istituto; gli fu risposto che, nell’eventualità si ravvisassero «la necessità e la volontà di istituire un insegnamento temporaneo», avrebbero verificato la possibilità di un piccolo finanziamento per retribuirlo. Naturalmente, Pflaum promise ad Artom che si sarebbe adoperato perché proponessero l’incarico a lui, ma non era da escludere che si presentassero altri candidati. Gli suggeriva, infine, di rivolgersi al rettore Fränkel per il tramite del cognato, Umberto Cassuto[55].
Questi però rispose ad Artom che la sua intercessione presso il rettore «non gli sembrava né possibile né d’alcun aiuto», vista la propria situazione. A pochi mesi dal suo arrivo in Palestina, Cassuto aveva lamentato l’esiguità delle 15 LP mensili del suo stipendio dovendo mantenervi un’intera famiglia. Le proteste non furono gradite ai vertici della Hebrew University, che stava attraversando una crisi finanziaria senza precedenti, dove percepivano tutti dei bassi compensi, inclusi gli altri docenti italiani come l’illustre fisico Giulio Racah, e lo psicologo fiorentino Enzo Bonaventura[56].
D’altro canto, Artom non aveva bisogno di un intermediario per arrivare a Fränkel, che conosceva da alcuni anni[57]. Si rivolse dunque direttamente a lui, pregandolo di profondere ogni sforzo affinché l’incarico gli fosse affidato. Il rettore si dichiarò ignaro di ogni eventuale progetto per l’istituzione di un insegnamento di italiano; nondimeno, assicurò il proprio sostegno alla candidatura di Artom «la cui attività di successo sia in Italia sia in Eretz Israel nel corso di numerosi anni mi è ben nota»[58]. Le speranze del rabbino erano, tuttavia, destinate ad infrangersi un mese dopo.
Nel medesimo giorno in cui Artom perse il figlio David stroncato da una meningite fulminante, Fränkel lo informava che l’Università era disposta a istituire un insegnamento di italiano «solo qualora giunga un contributo in denaro speciale per tale progetto da parte delle comunità ebraiche italiane che risiedono in Israele. Tuttavia, ad oggi non risulta chiaro se vi siano possibilità in tal senso e va da sé che l’Università per parte sua non potrà compiere passi ufficiali in tale direzione». Nella sua lettera il rettore aggiunse un post scriptum: «Tremo alla notizia della tragedia che Le è capitata con la morte di Suo figlio di b[enamata] m[emoria], che ebbi anche l’opportunità di conoscere e stimare. Il Luogo [Dio] vi consoli tra coloro che sono in lutto a Sion e Gerusalemme»[59].
Artom dette prova di non comune resilienza: «[…] nonostante tutto non mi sono perso d’animo e sono certo che dal cielo avranno compassione di me e di mio figlio». E non mancò di ribadire a Fränkel che stava «cercando un qualche impiego, di qualsiasi tipo, con il quale io possa mantenere me e la mia famiglia anche modestamente» e che gli sarebbe stato grato per l’aiuto[60].
Per metà dicembre aspettava l’arrivo del figlio Emanuele, come scrisse a Simcha Assaf (1889-1953), docente di letteratura rabbinica, membro della Commissione esecutiva alla Hebrew University e in seguito rettore (1948-1950) nonché membro della Corte suprema dello stato d’Israele.
Ieri sono dovuto partire da Gerusalemme, poiché ho ricevuto un telegramma da mio figlio Menachem – D[io] l[o] p[reservi] e l[o] f[accia] v[ivere] – (che fu tra coloro che seguirono le Sue lezioni nel 1934) nel quale mi annuncia che giungerà, s[e] D[io] v[uole], questa settimana e io voglio andargli incontro a Haifa […][61].
Il trasloco, la spedizione della mobilia e di due biciclette gravarono ulteriormente sul bilancio familiare, già duramente colpito dalla spoliazione prescritta dalle leggi antiebraiche e dalle spese per il viaggio e per vivere in Palestina:
[…] ho necessità di trovare un qualche impiego, poiché quel poco denaro che avevo a disposizione e che sono riuscito a portare qui viene meno ogni giorno di più. Ma qui non ho molte conoscenze e per tale ragione se Ella potesse e fosse così gentile da presentarmi e raccomandarmi a persone importanti che forse possono offrirmi un lavoro in una scuola o in un istituto accademico sarebbe considerata una grande mizvà […][62].
Il conto finale raggiunse la cifra non trascurabile di 19,260 LP, di cui Artom aveva già versato 9 LP e includeva le spese di trasporto a Gerusalemme – dove si era trasferito nel frattempo – e l’assistenza fornita dall’Irgun ‘Ole Italia. Un professore della Hebrew University con incarico a tempo pieno in quegli anni percepiva uno stipendio mensile di 30 LP; suo cognato Umberto Cassuto ne percepiva allora 15. Artom neppure quelle[63].
La necessità di provvedere alla famiglia indusse Artom a perseguire ogni forma di entrata. Si rivolse persino all’avvocato Joseph Aharony, che il figlio David aveva consultato per un permesso a «restare in Israele stabilmente». David allora aveva pagato una cauzione; siccome era morto, il padre chiedeva che gli venisse rimborsata[64]. Sfortunatamente, però, il visto era scaduto il 15 luglio, cosicché al «momento della morte, il Sig. ARTOM si trovava illegalmente in Palestina», come il Department of Migration di Tel Aviv non mancò di sottolineare per negare il rimborso[65].
Seguendo il consiglio dell’amico Abraham Kahana, Artom si rivolse al settimanale letterario di ispirazione religiosa Ba-mishor, al quale lo stesso Kahana contribuiva. Chiese che lo assumessero come giornalista free-lance; e loro si dissero ben lieti di accoglierlo[66]. Artom scrisse, inoltre, alla casa editrice Dvir di Tel Aviv; propose loro un progetto per un dizionario ebraico-italiano/italiano-ebraico, che riteneva poter «essere utile ora che sono aumentati in Israele gli immigrati di origine italiana e che anche in Italia vi è un buon numero di persone interessate alla lingua ebraica». Accluse numerosi nominativi, cui chiedere referenze[67], da Hanoch Albeck (1890-1972), professore di Talmud alla Hebrew University, il cui contributo agli studi sulla letteratura rabbinica fu di grande valore, a Joseph Klausner (1874-1958) storico e linguista, docente di letteratura ebraica e di Storia del Giudaismo del Secondo Tempio alla Hebrew University, che scrisse estesamente sulla riattivazione dell’ebraico e fu presidente della Academy of the Hebrew Language, prozio dello scrittore Amos Oz, nonché fervente sionista, si sarebbe candidato alle presidenziali del 1949 contro Chaim Weizmann[68]. La rete di conoscenze di Artom, dunque, si era certamente ampliata all’interno dei circoli intellettuali universitari dello Yishuv. A tal fine chiese aiuto anche ad Assaf ed a Kahana[69]. Ad ogni buon conto, la casa editrice declinò la proposta di dizionario: «nella difficile situazione attuale non possiamo pubblicarlo, poiché la cosa richiede un cospicuo investimento»[70].
L’instancabile ricerca di Artom dette i primi timidi frutti sei mesi dopo il suo arrivo in Palestina. Ebbe un posto «in prova» come insegnante di storia e letteratura presso la yeshiva (scuola religiosa ebraica) Shaare Zion di Gerusalemme, da Ben Zion Meir Hai Uziel (1880-1953), rabbino capo sefardita della Palestina mandataria, poi dello stato di Israele. Iniziò le lezioni il 26 marzo 1940, tre ore la settimana[71]. Quell’impiego non era certo sufficiente, ma Artom voleva lavoro e non beneficenza:
Ho il dubbio che forse oggi, quando ebbi l’onore di incontrare Sua Eccellenza[72] le mie parole non siano state chiare come avrebbero dovuto. Per tale ragione vengo a dirLe che ben volentieri accetterò ogni compito, che mi consenta di continuare il mio lavoro nel campo dell’insegnamento nel quale ho lavorato all’estero per trent’anni, con il quale io possa sostentarmi, ma non intendo accettare contributi in denaro da parte di alcuno, poiché, sebbene non abbia ancora un impiego stabile qui dopo otto mesi dal giorno del mio arrivo, spero ancora che il Signore nella sua misericordia mi aiuti […][73].
Negli anni seguenti la posizione di Artom all’interno della yeshiva non sarebbe migliorata. Lamentò a rav Uziel, più volte, i frequenti ritardi nel ricevere lo stipendio, mentre le ore d’insegnamento aumentavano[74]. Il 20 giugno 1940 presentò domanda, come il figlio Emanuele, all’Ufficio della Sovrintendenza del Department of Education del Jewish National Council per «essere incluso tra i candidati all’insegnamento nelle scuole di Eretz Israel»[75].Data l’adesione al sionismo religioso, entrambi espressero la preferenza per scuole del «Mizrachi». Chiese un attestato di servizio al direttore della Scuola Tachkemoni di Tel Aviv, presso la quale aveva insegnato nel 1933-34[76]. Inoltre, scrisse a David Prato (1882-1951):
Carissimo,
Per quanto il momento non sia il più propizio per fare progetti per l’avvenire, in questi giorni tanto io che Emanuele abbiamo fatto domanda ufficiale al misrad ha-mefakchim [l’Ufficio della Sovrintendenza] a Tel Aviv per avere un posto d’insegnante nelle scuole del va‘ad le’umi [Jewish National Council] per l’anno prossimo. Abbiamo allegato i documenti che avevamo a nostra disposizione […].
Però sappiamo benissimo che più di tutto questo può essere utile una buona parola d’una persona autorevole e influente. Tu certo avrai delle conoscenze fra i mefakchim [ispettori, sovrintendenti] e fra coloro cui spettano le nomine, e non dubito vorrai fare qualche cosa per noi[77].
Quasi uguale la lettera in ebraico che, lo stesso giorno, inviò a Harry Torczyner. Mancando le risposte, non sappiamo se davvero i due illustri conoscenti intervennero. Per 1940-41 gli fu offerto di insegnare ebraico e storia presso la scuola superiore del Centro «Doresh Zion» di Gerusalemme, allora diretta da Alfonso Pacifici, ma era «in dubbio che questa scuola riapra per il prossimo anno scolastico»[78]. Nell’ottobre del 1941 gli fu offerto l’insegnamento «della Lingua ebraica e della Letteratura ebraica biblica, talmudica e medievale nel Ginnasio (in Italia: Liceo) femminile ebraico Beth-Hannah», fondato e diretto da Hanna Miriam Spitzer (1886-1955), pioniera dell’istruzione femminile ebraica nella Palestina mandataria. Artom accettò di buon grado, non prima di aver chiesto a Y. Sh. Engel e a rav Yaakov Berman (1878-1974), rispettivamente sovrintendente e sovrintendente capo delle scuole Mizrachi, che fossero «così gentil[i] da acconsentire alla proposta menzionata». Artom insegnò in quella scuola femminile fino al 1952[79]. La sua ricerca non si fermò: ancora nel 1942 rispose ad un annuncio per un posto presso la scuola superiore «Moria» di Tel Aviv e chiese di raccomandarlo a Moshe Auerbach (1881-1976), rabbino e preside della scuola «Netzach Israel» di Petah Tikva[80]. Quello stesso anno, Artom fu assunto ufficialmente, con incarico retribuito, come rabbino del Tempio italiano di Gerusalemme[81].
Per far arrivare suo figlio Meir
Una costante preoccupazione di Artom fu ricongiungere la famiglia. Era riuscito ad ottenere per sé un visto valido anche per il figlioletto Ruben in quanto minorenne.
Davide era già in Palestina dal dicembre 1938, Emanuele ci arrivò dopo, grazie ad un permesso ottenuto attraverso la Hebrew University all’inizio di ottobre del 1939. Il problema rimaneva per Meir che si trovava allora nella hakhshara di Cevoli, nei pressi di Pisa, per acquisire una formazione agricola che gli consentisse di avere un certificato di ‘aliyya come agricoltore e, in seguito, un lavoro in Palestina[82]. L’Irgun ‘Ole Italia suggerì ad Artom di iscriverlo all’università, considerata la via più sicura per ottenere un permesso, e di «informarsi presso il Professore E. Bonaventura […] In pari tempo bisognerà che gli elementi dirigenti in Italia come Varadi, Renato Levi ecc. tengano presente il nome di Suo figlio per la prossima schedula per haluzim[83]83». Artom seguì il consiglio solo in parte: iscrisse Meir non alla Hebrew University, bensì alla scuola di agraria Mikveh Israel, fondata su iniziativa di Charles Netter dall’Alliance Israélite Universelle nel 1870[84]. La retta, però, era alta, troppo per lui. L’Irgun ‘Ole Italia, che si era occupato della procedura presso la scuola, informava Artom che David Prato aveva «telefonato a Miqve e […] ottenuto dal segretario, sig. Pinhas, la promessa che si terrà presente il caso speciale e si farà la massima riduzione possibile sulle tasse di internato»[85].
La tassa d’iscrizione gli fu scontata di 10 LP; ben meno di quanto prospettato. Tuttavia, il 29 maggio 1940 il certificato per Meir gli fu rilasciato con una raccomandazione: suo figlio doveva «rivolgersi subito al Consolato per il visto e di partire prima che sia troppo tardi. Non occorre dirLe che in questi giorni concitati conviene affrettarsi quanto più possibile»[86]. Artom non perse tempo: il certificato, che scadeva il 30 settembre,
mi è stato consegnato in busta chiusa, indirizzata al Consolato inglese di Roma il giorno stesso della sua emissione (29 maggio 1940) dall’Ufficio di Immigrazione di Tel Aviv. Esso fu da me stesso consegnato alla posta di Tel Aviv il giorno medesimo per l’invio a destinazione raccomandato espresso per posta aerea. […] Il 3 giugno 1940 mio figlio Meir, al quale avevo dato notizia telegrafica al conseguimento del certificato, mi scrisse che aveva avuto il mio telegr[amma] e proponeva di recarsi a Roma il giorno successivo per ricevere il certificato e ottenere il visto. Non mi è poi da lui pervenuta altra comunicazione anteriore all’entrata in guerra dell’Italia[87].
Il Regno d’Italia dichiarò guerra alla Francia e al Regno Unito il 10 giugno. Il giorno seguente Artom scrisse a Samuel Scheps (1904-1999), allora direttore del Palestine Office di Ginevra, chiedendogli se vi fosse ancora qualche possibilità per Meir di partire[88]. Al preside della scuola Tachkemoni di Tel Aviv confidò: «sono riuscito ad ottenere un certificato d’immigrazione anche per mio figlio Meir – D[io] l[o] p[reservi] e l[o] f[accia] v[ivere] – rimasto in Italia, ma chissà se e quando potrà venire»[89]. Non ci sperava molto.
Dieci giorni dopo scrisse nuovamente al preside, chiedendo la restituzione della retta, convinto che suo figlio non avrebbe potuto beneficiarne. La scuola cercò di rimandare il rimborso; le possibilità effettive di emigrare per gli ‘olim italiani, dopo la dichiarazione di guerra, non erano state chiarite, e la validità dei certificati emessi e non utilizzati venne prorogata a più riprese[90].
Alla fine di ottobre, però, il preside cedette alle insistenze di Artom; gli restituì parte della retta (70 LP) e promise di dargli l’importo residuo il gennaio successivo. A marzo, ancora nulla; solo ad aprile gli dettero quanto dovuto[91]. Durante i primi anni di guerra i contatti con il figlio si interruppero quasi del tutto[92]. Dopo lo sbarco degli alleati in Italia e l’armistizio dell’8 settembre, Artom ricevette una lettera di Meir: era fuggito in Sicilia e aveva trovato ospitalità presso la famiglia Di Piazza a Palermo. Pregava suo padre «di fare quello che è possibile per dargli modo di venire qui al più presto»: Artom avrebbe dovuto spedire un certificato che attestasse la sua residenza e, «se non fosse possibile un certificato di immigrazione a […] nome [di Meir], una richiesta che gli venga concesso di venire qui con dichiarazione che avrà modo di lavorare»[93]. Artom si rivolse a Umberto Nahon (1905-1974), membro del consiglio direttivo dell’Irgun ‘Ole Italia, mentre il figlio Emanuele incontrò il segretario Angelo Fano (1883-1966). Chiese anche alla Jewish Agency; gli risposero che attendevano ancora una risposta dal governo riguardo alla ripresa dell’emigrazione dall’Italia; lo invitavano, nondimeno, a presentare domanda presso di loro in attesa che le circostanze mutassero[94]. Artom aveva di nuovo perso i contatti con Meir. La Jewish Agency gli fornì l’indirizzo di Ephraim E. Urbach (1912-1991), allora rabbino militare nell’esercito inglese, che si trovava in Italia meridionale. Artom gli scrisse, allegando una raccomandazione del rabbino capo ashkenazita della Palestina mandataria, Yitzchak Halevi Herzog (1888-1959):
Un mese fa ricevetti una lettera da mio figlio di 23 anni – che precedentemente risiedeva in Firenze (Italia) – in cui mi diceva di trovarsi a Palermo […] In seguito, non ho più avuto sue notizie. Gli ho scritto alcune volte ma, naturalmente, non so se le mie lettere gli sono giunte. In Sicilia non ho conoscenti e per tale ragione vengo a chiederLe di essere così gentile da fare il possibile per farmi avere sue notizie. Qualora riuscisse a mettersi in contatto con lui, La prego di fargli sapere che io, i suoi fratelli e tutti i nostri parenti in Eretz Israel stiamo tutti bene, e di aiutarlo, se ve ne sarà bisogno. E poiché non so se là in Sicilia vi sia una comunità ebraica, Le chiedo anche di essere così gentile da fare il possibile per consentirgli di festeggiare la prossima Pasqua secondo la legge[95].
Pochi mesi dopo riuscì a far recapitare al figlio 5.000 lire italiane attraverso Enzo Sereni (1905-1944), il quale prometteva «di fargli avere il certificato al più presto»[96]. Sfortunatamente non ci riuscì. Il 9 luglio Meir raggiunse Bari, stabilendosi nella Hakhshara Deror[97]. Alla fine di settembre corse voce che un gruppo di rifugiati in Italia fosse pronto a partire[98]. Artom si prodigò perché fosse rinnovato il certificato emesso quattro anni prima o, in alternativa, per ottenerne uno nuovo[99]. Tuttavia, pochi giorni dopo Meir avvisò il padre che non sarebbe partito se con lui non fosse partita Miriam (1922-1997), la sua fidanzata. Era la figlia del rabbino Rodolfo Campagnano e di Anna Sacerdote; l’aveva conosciuta da poco[100]. Ottenere un permesso era impresa ardua, ottenerne due, e per giunta contestualmente, sembrava quasi impossibile. Ciononostante, la Jewish Agency raccomandò l’emissione dei certificati a favore dei due giovani, a condizione che ne facessero espressa richiesta al Palestine Office di Bari[101]. Meir si imbarcò con Miriam da Taranto il 22 marzo del 1945. Sulla stessa nave viaggiavano anche la cugina Hulda con i figli, e i nipoti, Susanna, David e Daniel, figli del cugino Nathan Cassuto e di Anna Di Gioacchino. Approdarono a Haifa alla vigilia di Pesach, il 28 marzo 1945[102]. Meir e Miriam si sposarono a Gerusalemme due anni più tardi, il 6 giugno 1947. Meir si ammalò e morì pochi mesi dopo le nozze, il 21 ottobre 1947. Miriam si sarebbe risposata cinque anni dopo con Vito Volterra.
Elia Artom dovette sopportare la perdita di un altro figlio. Anche il giovane Ruben, arruolatosi nella Hagana, perse la vita il 5 aprile 1948 nella battaglia di Motza, durante la guerra d’indipendenza[103].
La revoca del provvedimento di decadenza
Il 21 luglio 1944 Artom scrisse al ministero della Pubblica Istruzione, e chiese che lo reintegrassero «nei suoi diritti di libero docente»[104]. Tramite monsignor Silvio Oddi (1910-2001), membro della Delegazione apostolica di Gerusalemme, il ministero notificò la revoca del «provvedimento con cui a suo tempo egli venne dichiarato decaduto dalla abilitazione alla libera docenza in conseguenza delle così dette leggi razziali». Al ministero non dovevano essere peculiarmente ansiosi di accoglierlo, se si affrettavano a rilevare che «per l’esercizio della libera docenza, come per qualsiasi altro ufficio nelle Università e Istituti Superiori Italiani, è necessario fra l’altro il requisito della cittadinanza italiana»[105]. Artom non vi aveva mai rinunciato.
Similmente a quanto successe a suo cognato Umberto, cadde un velo di silenzio per i successivi cinque anni. Ma mentre Cassuto fu contattato dal ministero, in quanto titolare di cattedra, Artom invece dovette scrivere alla segreteria dell’Università di Firenze, per sapere «se ed entro quale termine egli deve tenere un corso per non incorrere nella decadenza». La questione non ebbe ulteriori sviluppi e Artom non ci tornò mai. Rivide le aule di San Marco solo in occasione del discorso commemorativo che pronunciò il 28 maggio 1952 per il cognato[106].
Il mancato ritorno alla cattedra rabbinica di Firenze
Il 17 luglio 1949 approdò a Genova; sarebbe proseguito per Torino per far visita ai parenti. Alfredo Orvieto, con parere favorevole del Consiglio della Comunità ebraica di Firenze che presiedeva, decise di andare incontro ad Artom per proporgli di tornare a ricoprire la sua vecchia cattedra[107]. La comunità fiorentina, infatti, si trovava ancora una volta in difficoltà e priva di una guida. Kalman Friedmann (1903- 1986), già rabbino di Firenze fino alla promulgazione delle leggi razziali, aveva ripreso l’incarico per pochi mesi; ad agosto del 1949 aveva rassegnato le dimissioni[108]. Secondo Orvieto, il ritorno di Artom, «che già ha coperto degnamente (Egli è senza dubbio uno dei migliori scolari di Rav Margulies) l’ufficio di Rabbino Capo di questa Comunità», avrebbe ad essa permesso «di riprendere le nobili tradizioni del passato senza di che il faticoso lavoro di ricostruzione materiale che è in gran parte compiuto, resterebbe vano» e «costituirebbe una grande mizvà poiché darebbe modo di salvare la Keillà [la comunità] nostra da un inesorabile sgretolamento»[109]. Artom si disse disposto a pensarci:
[…] debbo premettere che quando, dieci anni or sono, lasciai il mio ufficio di insegnante nel Collegio Rabbinico Italiano e l’Italia, feci questo con la ferma intenzione di stabilirmi definitivamente in Erez Israel, e non con quella di sfuggire alle difficoltà del momento per fare poi eventualmente ritorno, a tempo più opportuno, nel paese dove ero nato e dove avevo svolto la maggior parte della mia attività.
Questa intenzione si è confermata e rafforzata negli ultimi anni, tanto più che oggi anche là io esercito, come insegnante nelle scuole medie superiori ebraiche, una funzione non del tutto inutile, e là risiede quel poco della mia famiglia che, dopo le mie tante sventure a Lei ben note, mi è rimasto. Se io dunque volessi seguire soltanto il primo impulso […], dovrei senz’altro rispondere con un rifiuto […]. Ma in realtà non mi sento di fare ciò, sia per l’affetto che mi lega a cotesta Comunità, nella quale ho trascorso, nonostante alcuni contrasti ed alcune traversie, il periodo forse migliore e più fecondo della mia vita agitata, e sia perché […] mi pare di poter rilevare che si ritiene che […] dalla mia accettazione dipenda il risorgimento della vita ebraica a Firenze in questi difficili momenti[110].
Si rese perciò disponibile, ma a condizione di poter tornare in Israele per non meno di due mesi l’anno. Fiducioso che le difficoltà fossero «tutt’altro che insormontabili», Orvieto dette subito inizio alle trattative per la venuta del rabbino torinese[111].
All’inizio di novembre pareva che le parti avessero raggiunto un sostanziale accordo. Restavano da risolvere due questioni: l’autorizzazione da parte del governo israeliano a che Artom potesse muoversi liberamente tra i due paesi, e la sistemazione del rabbino a Firenze[112]. A gennaio, in maniera piuttosto casuale, Orvieto informò Artom di aver attivato «le pratiche presso il Ministero per ottenere l’abrogazione di una vigente disposizione del regolamento della Comunità, che richiede la cittadinanza italiana del Rabbino-Capo», disposizione di cui il rabbino si confessò ignaro[113]. Dal momento che Artom era ancora cittadino italiano, la norma citata non gli impediva di assumere la cattedra, tuttavia chiese che la pratica di abrogazione fosse portata a compimento, prima che fosse stabilita una data per l’assunzione dell’incarico[114].
Trascorsero i mesi; nonostante i reiterati solleciti e le numerose assicurazioni sia da parte italiana sia da parte israeliana che nulla ostasse alla nomina, le autorità israeliane non rilasciarono alcuna autorizzazione e quelle italiane non intendevano modificare il regolamento comunitario. Ad aprile Artom chiese di fissare un termine oltre il quale ogni obbligo tra le parti sarebbe venuto meno[115]. Fu fissato al 31 maggio, poi al 15 agosto e di nuovo al 15 ottobre. L’8 settembre il ministero dell’Interno, tramite la Prefettura di Firenze, comunicò «di non ravvisare la necessità della modifica richiesta»; Orvieto dichiarò così perduta ogni «lontana speranza […] di averLa come Maestro alla cattedra rabbinica della nostra Comunità»[116]. Le trattative si interruppero; ed un gelido silenzio cadde tra le due parti[117]. In seguito, Artom avrebbe sostenuto che per lui accettare l’invito a Firenze «avrebbe costituito […] un grave sacrifizio, quindi la rinunzia per parte di cotesto On. Consiglio alle trattative era in sostanza cosa a me grata»[118].
Non tornò mai stabilmente in Italia. Aveva scelto Israele animato da quegli ideali sionisti che il maestro Margulies gli aveva trasmesso. Mantenne rapporti con il paese di origine, che pure non si era fatto peculiari scrupoli a rigettarlo, a revocargli il diritto di appartenenza. Tornò di frequente per insegnare presso la scuola rabbinica «S. H. Margulies» di Torino (aa. aa. 1953-54, 1955-58), e riprese l’attività didattica presso il Collegio rabbinico italiano a Roma (aa. aa. 1959-65), portando il proprio contributo alla ricostruzione dell’ebraismo italiano, sull’orlo dell’annientamento[119].
Fu in un giorno di scuola come tanti altri che il 25 febbraio 1965 Artom venne colto da malore e morì[120]120. Lasciava il figlio Emanuele e la nuora Elena Lea, con i loro figli. In Israele il suo commento alla Bibbia – impropriamente noto come perush Cassuto,ma Cassuto in realtà ne aveva curato solo l’introduzione – divenne diffuso e apprezzato. Artom, che aveva collaborato con il cognato Umberto a numerosi progetti, inclusa l’edizione critica della Bibbia ebraica della Hebrew University, nel 1945 era divenuto membro della Academy of the Hebrew Language[121].
Dopo la sua morte, a Gerusalemme gli fu intestata una strada, rechov Hartom (via Artom), nei pressi di Sanhedria. Giace nel cimitero del Monte degli Ulivi insieme ai figli Ruben ed Emanuele.
Pubblicazioni principali
• Corso pratico di grammatica ebraica, Roma, Israel, 1928.
• Tefillat Menashe, ’iggeret Yirmeyahu, Chazon Baruch b [Preghiera di Manasse, Lettera di Geremia, Apocalisse greca di Baruch], in Abraham Kahana (a cura di), Ha-sefarim ha-chitzonim [Gli apocrifi della Bibbia], vol. 1, tomo 2, Tel Aviv, Hotza’at mekorot, 1937.
• La vita di Israele, Firenze, Israel, 1937 (2ª ed. riveduta e ampliata, Firenze, Israel, 1949).
• Con Umberto Cassuto, Takkanot Kandya ve-zikhronoteha [Gli statuti e i documenti di Kandya (Creta)], Yerushalayim, Mekitze Nirdamim, 1943.
• Sifre ha-Mikra’, meforashim perush chadash be-tzeruf mevo’ot be-‘arikhat M. D. Cassuto [La Bibbia, nuovo commento con introduzioni a cura di Umberto Cassuto], 19 voll., Tel Aviv, Yavne, 1953-1957.
• Ha-sefarim ha-chitzonim [Gli apocrifi della Bibbia], 7 voll., Tel Aviv, Yavne, 1958-1967, postumo dal 5º volume.
• Storia d’Israele, 2 voll., Roma, Fondazione per la gioventù ebraica, 1963-1964.
• Chayye Yisra’el ha-chadashim, Tel Aviv, Yavne, 1966, postumo, con elenco delle sue pubblicazioni, pp. 151-167; trad. it. La nuova vita di Israele, Roma, Comitato italiano per le onoranze funebri a Elia S. Artom, 1966.
Fonti archivistiche
• ACEFi, Verbali del Consiglio della Comunità.
• ASUFi, Fondo Liberi docenti, b. 3, f. 60, «Artom Elia Samuele». • CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171.
Bibliografia
• Elena Lea Rossi Artom, Gli Artom. Storia di una famiglia della Comunità ebraica di Asti attraverso le sue generazioni (XVI-XX secolo), Torino, S. Zamorani, 1997.
• Angelo M. Piattelli, Repertorio biografico dei Rabbini d’Italia dal 1861 al 2015, 2ª ed. rivista e aggiornata (1ª ed. 2010), online <http://www.archivio torah.it>.
• Id., La sinagoga di rito italiano e la Hevrat Yehudè Italia lif‘ulà ruhanit a Gerusalemme (1940-1952), «La Rassegna Mensile di Israel» 80, 2-3, 2014, pp. 115-140.
• Gabriele Rigano, Note sui rabbini in Italia dalle leggi razziste alla liberazione, «Zakhor. Rivista di storia degli ebrei in Italia», IX, 2006, pp. 143-182. • Augusto Segre, Elia S. Artom, «La Rassegna mensile di Israel», 31, 5, 1965, pp. 209-215.
• Lionella Viterbo, Cronache dal passato fiorentino: la difficile successione del rabbino Margulies (1920-1926), «La Rassegna mensile di Israel» 60, 3, 1994, pp. 148-178.
Cita come:
Alberto Legnaioli, Elia Samuele Artom, in Patrizia Guarnieri, Intellettuali in fuga dall’Italia fascista. Migranti, esuli e rifugiati per motivi politici e razziali, Firenze, Firenze University Press, 2019-
http://intellettualinfuga.fupress.com
e-ISBN: 978-88-6453-872-3 © 2019- Author(s)
Articolo pubblicato in Open Access con licenza CC BY-NC-ND 4.0.Data di pubblicazione: 16 ottobre 2020.
[1] Elia Samuele Artom, Umberto Cassuto, «La Rassegna mensile di Israel», 18, 1952, p. 451. Desidero ringraziare Elena Lea Rossi Artom per l’aiuto e le informazioni sulla sua famiglia, che mi ha gentilmente fornito. Un ringraziamento particolare va a Patrizia Guarnieri per i preziosi suggerimenti emersi nella revisione di questo lavoro.
[2] Si veda l’imprescindibile lavoro storico-genealogico di Elena Lea Rossi Artom, Gli Artom. Storia di una famiglia della Comunità ebraica di Asti attraverso le sue generazioni (XVI-XX secolo), Torino, Zamorani, 1997, p. 196. Emanuele Salvador era capoufficio delle «Regie Poste» a Torino, mentre Giuseppina dirigeva l’Asilo infantile israelitico oltre ad essere ispettrice presso la scuola G. A. Rayneri.
[3] Central Archives for the History of the Jewish People (d’ora in avanti CAHJP), Archivio della famiglia Artom, P171, b. 23 «Documenti riguardanti la libera docenza 1927-1964», «Certificato dell’esame di proscioglimento dall’obbligo dell’istruzione elementare inferiore», Torino, 11 luglio 1894, conseguito presso la scuola elementare pubblica G. A. Rayneri di Torino. Artom aveva riportato una votazione complessiva di 29/30.
[4] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 23, «Notizie sull’operosità scientifica e la carriera didattica di Elia Samuel Artom», Alessandria, 20 aprile 1926, documento inviato contestualmente alla sua domanda per l’abilitazione alla libera docenza.
[5]Ibidem. Alcuni capitoli furono pubblicati nella «Rivista israelitica» tra il 1909 e il 1912.
[6] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 23, «Notizie sull’operosità scientifica», cit.; CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25 «Corrispondenza e documenti riguardanti l’aliah e la ricerca di lavoro in Erez Israel», curriculum vitae sintetico, s.l., s.d. (in ebraico); minuta di lettera di E. S. Artom alla direzione della Hebrew Reali School di Haifa, s.l., 11 giugno 1940 (in ebraico). Cfr. anche le schede su Elia S. Artom in Angelo M. Piattelli, Repertorio biografico dei Rabbini d’Italia dal 1861 al 2015, 2ª ed. rivista e aggiornata (1ª ed. 2010), <http://www.archivio-torah.it> (accesso 31 agosto 2020) e in Rabbini, s.n.t. <https://www.rabbini.it> (accesso 31 agosto 2020).
[7] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 23, «Notizie sull’operosità scientifica», cit.
[8] Ivi, b. 25, minuta di lettera di E. S. Artom alla direzione della Hebrew Reali School di Haifa, s.l., 11 giugno 1940 (in ebraico).
[9] Ibidem; E. L. Rossi Artom, Gli Artom, cit., p. 203.
[10] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 23, «Notizie sull’operosità scientifica», cit., con valutazione di merito: «lodevole».
[11] Ivi, «Elenco dei documenti, titoli e pubblicazioni allegati da Elia Samuel Artom a corredo della domanda presentata per ottenere l’abilitazione alla libera docenza in Lingua e letteratura ebraica», Alessandria, 26 aprile 1926.
[12] Ivi, b. 25, minuta di lettera di E. S. Artom alla direzione della Hebrew Reali School di Haifa, s.l., 11 giugno 1940 (in ebraico).
[13] Ivi, b. 23, «Notizie sull’operosità scientifica», cit.
[14] E. L. Rossi Artom, Gli Artom, cit., p. 203.
[15] Per la complessa vicenda della successione di Margulies alla cattedra fiorentina, di cui qui si offrono solo quei pochi cenni che concernono Artom, si rimanda all’ottima e dettagliata ricostruzione di Lionella Viterbo, Cronache dal passato fiorentino: la difficile successione del rabbino Margulies (1920- 1926), «La Rassegna mensile di Israel» 60, 3, 1994, pp. 148-178 <https://www.jstor.org> (accesso 31 agosto 2020).
[16] Archivio della Comunità Ebraica di Firenze (d’ora in avanti ACEFi), lettera di E. S. Artom ad U. Cassuto, Tripoli, 16 marzo 1922, citata senza la segnatura completa in Lionella Viterbo, Cronache dal passato fiorentino, cit., pp. 174-175.
[17] Ibidem.
[18] Ivi, p. 154. Successe a Margulies proprio Umberto Cassuto, che tuttavia rassegnò presto le dimissioni, il 30 ottobre 1924, per le insoddisfacenti condizioni economiche del contratto. Pochi mesi dopo Cassuto fu nominato professore di Lingua e letteratura ebraica all’Università di Firenze. Sulla vicenda si veda ivi, pp. 155-159; Lionella Viterbo, Umberto Cassuto da segretario della Comunità a Rabbino Capo di Firenze, «La Rassegna mensile di Israel» 82, 2-3, 2016, pp. 91-106. Cfr. anche Patrizia Guarnieri, Alberto Legnaioli, Umberto (Moshe David) Cassuto, in Ead., Intellettuali in fuga dall’Italia fascista, Firenze University Press, 2019, pp. 2-3 <http://intellettualinfuga.fupress.com> (accesso 31 agosto 2020).
[19] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 23, «Notizie sull’operosità scientifica», cit.
[20] Ibidem.
[21] L. Viterbo, Cronache dal passato fiorentino, cit., pp. 162-164.
[22] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 23, «Notizie sull’operosità scientifica», cit.; «Elenco dei documenti, titoli», cit.
[23] Archivio storico dell’Università di Firenze (da ora ASUFi), Fondo Liberi docenti, b. 3, f. 60 «Artom Elia Samuele», decreto di abilitazione alla libera docenza, Roma, 29 gennaio 1927; domanda di autorizzazione all’esercizio della libera docenza al rettore dell’Università di Firenze, Firenze, 17 maggio 1927.
[24] Ivi, decreto di abilitazione alla libera docenza, Roma, 29 gennaio 1927 (copia manoscritta è conservata anche in CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 23); «Programma per corso libero di Lingua e letteratura ebraica nella R. Università di Firenze. Anno accademico 1927-1928», Firenze, 17 maggio 1927; programma del corso di libero di Lingua e letteratura ebraica per l’a.a. 1928-29, s.l., s.d., sono presenti le firme di Artom e del preside della Facoltà di lettere e filosofia, Paolo E. Pavolini; programma del corso di libero di Lingua e letteratura ebraica per l’a.a. 1929-30, Firenze, 8 novembre 1929.
[25] Ivi, lettera di E. S. Artom al preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze, Roma, 30 giugno 1937.
[26] Ibidem. La medesima precisazione riguardo alla lingua è anche in un suo successivo curriculum, CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, minuta di lettera di E.S. Artom alla direzione della Hebrew Reali School di Haifa, s.l., 11 giugno 1940 (in ebraico). L’insistere sulla padronanza dell’ebraico parlato, oltre ad avere un significato particolare per un sionista, nelle intenzioni di Artom doveva donargli particolare prestigio nella patria d’origine, e certamente rassicurava i potenziali datori di lavoro in Eretz Israel sulla sua capacità di svolgere l’incarico richiesto. Si veda anche ivi, lettera di E. S. Artom a Yehuda Marshek, s.l., s.d. (in ebraico), in cui Artom chiede al preside della Scuola Tachkemoni di Tel Aviv, prima e per molto tempo unica scuola sionista religiosa del paese, «di inviarmi cortesemente un attestato che dimostri che nell’anno 1933/1934 fui insegnante di italiano nella Scuola tecnica Tachkemoni e che la lingua d’insegnamento fu la lingua ebraica». Probabilmente la lettera risale ai primi di giugno del 1940, dal momento che Artom scrive a Marshek il 10 giugno 1940 ringraziandolo per l’invio del certificato. Sulla scuola si veda The Central Zionist Archives, «Tachkemoni» <http://www.zionistarchives.org.il> (accesso 31 agosto 2020).
[27] Discorso di congedo del Rabbino Capo, «Israel», XIX, 2, 4 ottobre 1933, p. 8.
[28] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, minuta di lettera di E. S. Artom a Abraham H. Fränkel, s.l., 23 ottobre 1939 (in ebraico). Artom afferma più volte di aver insegnato in varie scuole in quel periodo, ma non ne fa mai i nomi, fatta eccezione per la Tachkemoni di Tel Aviv.
[29] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a Hiram Pflaum, s.l., 23 ottobre 1939 (in ebraico).
[30] ASUFi, Fondo Liberi docenti, b. 3, f. 60 «Artom Elia Samuele», lettera di E. S. Artom al preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze, Roma, 30 giugno 1937. Cfr. Abraham Kahana (a cura di), Ha-sefarim ha-chitsonim [Gli apocrifi], 2 voll., Tel Aviv, Hotsa’at mekorot, 1936-1937. I testi curati da Artom sono inclusi all’interno del vol. 1, tomo 2. Kahana, di origine russa, emigrò in Palestina nel 1923, dove fu insegnante e bibliotecario, dedito agli studi biblici. Nel 1903 aveva intrapreso la pubblicazione di un’edizione della Bibbia ebraica commentata, un progetto cui tra gli altri aveva collaborato anche uno dei maestri di Artom al Collegio rabbinico di Firenze, Hirsch Perez Chajes, e che sfortunatamente era rimasto incompiuto. Cfr. Joseph E. Heller, Kahana, Abraham, in Fred Skolnik, Michael Berenbaum (eds.), Encyclopaedia Judaica, 2ª ed., vol. 11, Detroit, Macmillan Reference USA, Keter Publishing House, 2007, p. 710.
[31] La delibera del Consiglio dell’Unione delle Comunità israelitiche è del 13 settembre 1933, mentre l’inaugurazione della sede ebbe luogo il 20 dicembre. Cfr. Angelo M. Piattelli, Angelo Sacerdoti: la Federazione rabbinica italiana e il Collegio rabbinico italiano, «La Rassegna mensile di Israel» 79, 1-3, 2013, pp. 87-92, in particolare p. 89, n52. Artom vi insegnava già dal 1927, quando il Collegio si trovava ancora a Firenze. Si veda CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, minuta di lettera di E. S. Artom alla direzione della Hebrew Reali School di Haifa, s.l., 11 giugno 1940 (in ebraico); minuta di lettera di E. S. Artom s. destinatario, s.l., 8 agosto 1941 (in ebraico).
[32] Rabbì Artom lascia la cattedra rabbinica di Firenze per assumere l’insegnamento nel Collegio Rabbinico Italiano, «Israel» XX, 49, 12 settembre 1935, p. 8.
[33] Tali conflitti risalgono già al 1928-1929, CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 44, «Vertenza con il Consiglio dell’U. Israelitica di Firenze». Si veda anche Piattelli, Angelo Sacerdoti, cit., p. 92.
[34] Ivi, pp. 90-92; Rabbì Artom assume la direzione del Collegio Rabbinico Italiano, «Israel» XXI, 12, 2 gennaio 1936, p. 6.
[35] ASUFi, Fondo Liberi docenti, b. 3, f. 60 «Artom Elia Samuele», lettera di E. S. Artom al preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze, Roma, 30 giugno 1937.
[36] Ibidem.
[37] ASUFi, Fondo Liberi docenti, b. 3, f. 60 «Artom Elia Samuele», «Registro delle Lezioni di Lingua e Letteratura Ebraica dettate dal Sig. Prof. Elia Samuele Artom nell’anno scolastico 1937-1938 – XVIº, R. Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Lettere e Filosofia»; Elia S. Artom, Umberto Cassuto, cit., p. 451.
[38] Ivi, «Decadenza dall’abilitazione alla libera docenza», lettera di Arrigo Serpieri (rettore dell’Università di Firenze) a E. S. Artom, Firenze, giugno 1939.
[39] Ibidem, la lettera è, infatti, indirizzata a tale Elia Emanuele Arton (enfasi mia). A nulla era valso l’aver giurato fedeltà al regime alla presenza del rettore Serpieri, come da regolamento, appena un anno prima, così come aveva fatto il cognato Umberto Cassuto nel 1931. Ivi, «Atto di giuramento del Sig. Prof. Elia Samuele Artom», Firenze, 10 giugno 1938; su Cassuto si veda ACS, Ministero della Pubblica istruzione, Direzione generale dell’istruzione universitaria, Divisione prima, Fascicoli personali dei professori ordinari, III versamento 1940-1970, b. 105, f. «Cassuto Umberto»; P. Guarnieri, A. Legnaioli, Umberto (Moshe David) Cassuto, cit., p. 5, n17.
[40] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, lettera di E. S. Artom all’Aliyya Department della Jewish Agency, s.l., 14 gennaio 1944 (in ebraico).
[41] Ibidem.
[42] Da non confondere con l’omonimo cugino, figlio di Emilio (fratello di Elia Samuele) e di Amalia Segre, nato ad Aosta il 23 giugno 1915, esponente del movimento «Giustizia e Libertà» – al pari del padre – e partigiano, denunciato e catturato, quando si trovava in Val Germanasca. Fu torturato e ucciso da Arturo Dal Dosso, ufficiale delle SS italiane, il 7 aprile 1944. Gli fu conferita la medaglia d’argento postuma e a Torino gli furono intitolate una strada e la Scuola ebraica. Cfr. Archivio del Centro di documentazione ebraica contemporanea (d’ora in avanti CDEC), Fondo Emanuele Artom, Su Emanuele Artom, Note storico-bibliografiche, b. 1, f. 13, Processo penale contro Dal Dosso, Malanga, Peccolo Besso, <http://digital-library.cdec.it> (accesso 15 settembre 2020); E. L. Rossi Artom, Gli Artom, cit., p. 204.
[43] Il Certificate of Origin and Interest, presentato al Consolato inglese di Firenze per la spedizione della merce, è firmato da Emanuele e datato 5 dicembre 1939, CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25.
[44] Ivi, cartolina della Hebrew University, Segreteria didattica a E. S. Artom, Gerusalemme, 26 ottobre 1939 (in ebraico); lettera di E. S. Artom all’Aliyya Department della Jewish Agency, s.l., 14 gennaio 1944 (in ebraico); E. L. Rossi Artom, Gli Artom, cit., p. 209.
[45] Le hakhsharot erano dei centri agricoli di matrice sionista socialista, con programmi di formazione per giovani ebrei che intendevano stabilirsi in Palestina. Cfr. Marcella Simoni, Young Italian Jews in Israel, and Back: Voices from a Generation (1945–1953), in Francesca Bregoli, Carlotta Ferrara degli Uberti, Guri Schwarz (a cura di), Italian Jewish Networks from the Seventeenth to the Twentieth Century. Bridging Europe and the Mediterranean, New York, NY, Springer Science+Business Media, 2018, pp. 173-200, in particolare pp. 181-182 <https://doi.org> (accesso 15 settembre 2020). Meir Artom non fu il solo a trovarsi in simili circostanze: si veda al riguardo Arturo Marzano, “Prisoners of Hope” or “Amnesia”? The Italian Holocaust Survivors and Their Aliyah to Israel, in Laura Brazzo, Guri Schwarz (a cura di), Jews in Europe after the Shoah. Studies and Research Perspectives, «Quest. Issues in Contemporary Jewish History. Journal of Fondazione CDEC», 1, 2010, pp. 92-107, in particolare p. 104 <http://www.quest-cdecjournal.it> (accesso 15 settembre 2020).
[46] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, curriculum vitae, s.l., s.d. (in ebraico). Si tratta di un curriculum distinto da quello citato in nota 6 e di pochi giorni successivo al 29 maggio 1940, quando fu rilasciato il certificato d’immigrazione per Meir: «Il terzo [figlio] di 19 anni si trova ancora in Italia, ha ricevuto pochi giorni fa un certificato d’immigrazione e sta aspettando l’occasione per venire qui». Si veda anche ivi, lettera del Government of Palestine, Department of Migration, Tel-Aviv Immigration Office, al preside della scuola di agraria Mikveh Israel, Tel Aviv, 29 maggio 1940.
[47] Ivi, lettera di E. S. Artom all’Irgun Ole Italia, s.l., 13 ottobre 1939.
[48] Angelo M. Piattelli, La sinagoga di rito italiano e la Hevrat Yehudè Italia lif’ulà ruhanit a Gerusalemme (1940-1952), «La Rassegna mensile di Israel», 80, 2-3, 2014, pp. 115-140, in particolare p. 116.
[49] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, lettera di Harry Torczyner a E. S. Artom, Gerusalemme, 30 luglio 1939 (in ebraico).
[50] Ivi, lettera di Hiram Pflaum a E. S. Artom, Gerusalemme, 27 luglio 1939; lettera di Moshe Z. Segal a E. S. Artom, Gerusalemme, 4 agosto 1939 (entrambe in ebraico). Segal era stato da poco affiancato proprio dal cognato di Artom, Umberto Cassuto, nell’insegnamento di Bibbia presso la Hebrew University. Cassuto era emigrato con la moglie Bice e le figlie Milka e Lea, giungendo a Haifa il 5 giugno. Si veda P. Guarnieri, A. Legnaioli, Umberto (Moshe David) Cassuto, cit., pp. 5-7; 11-12. Su Pflaum si veda Shaked Gilboa, Peri, Hiram, in F. Skolnik, M. Berenbaum (eds.), Encyclopaedia Judaica, cit., vol. 15, p. 771.
[51] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, lettera di Abraham Kahana a E. S. Artom, Tel Aviv, 15 agosto 1939 (in ebraico).
[52] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a H. Pflaum, H. Torczyner e M. Z. Segal (invii distinti), s.l., s.d. (in ebraico). Considerati i precisi riferimenti, Artom spedì la lettera dopo il suo arrivo (13 settembre 1939), e prima del 23 settembre.
[53] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a H. Torczyner, s.l., 27 settembre 1939 (in ebraico). Il Mizrachi è un movimento sionista religioso fondato nel 1902 a Vilna. Il riferimento all’Oriente è puramente formale, dal momento che il nome costituisce l’acronimo di Merkaz Ruchani [Centro spirituale]. Sull’importante ruolo di Eliezer Rieger nel dar forma al sistema educativo israeliano si veda Alexander M. Dushkin, Rieger, Eliezer, in F. Skolnik, M. Berenbaum (eds.), Encyclopaedia Judaica, cit., vol. 17, p. 293. Riguardo a Yaakov Sh. Engel si veda Dr Yaakov Shalom Engel, in David Tidhar, Entsiklopedyah lehalutse ha-yishuv u-vonav [Enciclopedia dei pionieri dello Yishuv e dei suoi fondatori], vol. 5, Tel Aviv, Hotza’at Mechaber, 1952, p. 2230 <http://www.tidhar.tourolib.org> (accesso 15 settembre 2020, in ebraico).
[54] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, minuta di lettera di E. S. Artom a H. Pflaum, s.l., 14 ottobre 1939 (in ebraico); minuta di lettera di E. S. Artom all’Irgun ‘Ole Italia, s.l., 13 ottobre 1939.
[55] Ivi, lettera di H. Pflaum a E. S. Artom, Gerusalemme, 15 ottobre 1939 (in ebraico).
[56] P. Guarnieri, A. Legnaioli, Umberto (Moshe David) Cassuto, cit., pp. 14-18. Furono proprio questi tre studiosi gli italiani, i cui incarichi furono finanziati dall’Emergency Committee in Aid of Displaced Foreign Scholars di New York (ECADFS) dal 1940 al gennaio 1944.
[57] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, minuta di lettera di E. S. Artom a H. Pflaum, s.l., 23 ottobre 1939 (in ebraico).
[58] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a Abraham H. Fränkel, s.l., 23 ottobre 1939; lettera di A. H. Fränkel a E. S. Artom, Gerusalemme, 27 ottobre 1939 (entrambe in ebraico).
[59] Ivi, lettera di A. H. Fränkel a E. S. Artom, Gerusalemme, 23 novembre 1939 (in ebraico).
[60] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a A. H. Fränkel, s.l., s.d. (in ebraico).
[61] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a Simcha Assaf, s.l., s.d. (in ebraico). Su Assaf si veda Moshe Nahum Zobel, Assaf (Osofsky), SimÊa, in F. Skolnik, M. Berenbaum (eds.), Encyclopaedia Judaica, cit., vol. 2, pp. 594-595.
[62] Lettera citata alla nota precedente.
[63] Ivi, lettera dell’Irgun ‘Ole Italia a E. S. Artom, Tel Aviv, 10 gennaio 1940; conto della società di spedizioni Benjamin Plascow, Tel Aviv, 10 gennaio 1940. Artom saldò il conto cinque giorni dopo.
[64] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a Joseph Aharony, s.l., 24 gennaio 1940 (in ebraico).
[65] Ivi, copia di lettera di Cecil Arnott (Assistant Commissioner for Migration) a J. Aharony, Tel Aviv, 11 marzo 1940.
[66] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom alla redazione del settimanale «Ba-mishor», s.l., 17 gennaio 1940 (in ebraico); lettera della redazione del settimanale «Ba-mishor» a E. S. Artom, Gerusalemme, 22 febbraio 1940. Si veda anche <https://web.nli.org.il> (accesso 15 settembre 2020, in ebraico).
[67] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom alla casa editrice Dvir, Gerusalemme, 11 febbraio 1940 (in ebraico).
[68] Moshe David Herr, Albeck, family of talmudic scholars, in F. Skolnik, M. Berenbaum (eds.), Encyclopaedia Judaica, cit., vol. 1, pp. 587-588; Samuel Werses, Meir Medan, David Flusser, Klausner, Joseph Gedaliah, in ivi, vol. 12, pp. 215-217.
[69] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, minuta di lettera di E. S. Artom a S. Assaf, s.l., s.d.; minuta di lettera di E. S. Artom ad A. Kahana, s.l., 8 novembre 1939.
[70] Ivi, lettera di Mordekhai Bernstein (direttore della casa editrice Dvir) a E. S. Artom, Tel Aviv, 25 febbraio 1940 (in ebraico).
[71] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a Ben-Zion Meir Hai Uziel, s.l., 21 marzo 1940 (in ebraico).
[72] Artom si rivolge al rabbino capo sefardita con il titolo onorifico di ma‘alat kevod torato, qui liberamente reso con «Sua Eccellenza».
[73] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a Ben-Zion M. H. Uziel, s.l., 14 maggio 1940 (in ebraico).
[74] Ivi, varie minute di E. S. Artom a Ben-Zion M. H. Uziel, Gerusalemme, 3 febbraio 1941; 30 maggio 1941; 26 novembre 1941; 4 febbraio 1942 (tutte in ebraico). Artom non arrivò, comunque, a percepire più di 3 LP al mese per le lezioni tenute alla yeshiva.
[75] Ivi, minuta dattiloscritta di lettera di E. S. Artom all’Ufficio della Sovrintendenza del Department of Education del Jewish National Council, Gerusalemme, 20 giugno 1940 (in ebraico). Artom corresse il testo con una nota soprascritta come segue: «Il sottoscritto chiede a questo Spettabile Ufficio che mi dia un impiego da insegnante nelle scuole del Department of Education del Jewish National Council».
[76] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a Y. Marshek, s.l., s.d.; risposte di Y. Marshek a E. S. Artom, Tel Aviv, 9 giugno 1940; e di E. S. Artom a Y. Marshek, s.l., 10 giugno 1940 (tutte in ebraico). Si veda anche sopra la nota 26. Sull’invio di insegnanti incaricati di promuovere la conoscenza della lingua e della cultura italiane nella Palestina mandataria, A. M. Piattelli, La sinagoga di rito italiano, cit., p. 121, n16.
[77] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, minuta di lettera di E. S. Artom a David Prato, s.l., 24 giugno 1940. Quasi uguale la lettera in ebraico che inviò, lo stesso giorno, a H. Torczyner. Si veda A. M. Piattelli, David Prato, una vita per l’ebraismo, «La Rassegna mensile di Israel», 79, 1-3, 2013, pp. 109-232.
[78] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, minuta di lettera di E. S. Artom a destinatario ignoto, s.l., 8 agosto 1941 (in ebraico). Rispondeva ad un annuncio di «una grande scuola» alla ricerca di un «direttore che padroneggi la lingua ebraica» pubblicato sulla rivista «Davar», il quotidiano della Histadrut (il sindacato dei lavoratori), fondato da Berl Katznelson e Moshe Beilinson nel 1925. Non è chiaro se Artom risponda all’annuncio scrivendo al quotidiano o direttamente alla scuola.
[79] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, minuta di lettera di E. S. Artom a Y. Sh. Engel e rav Yaakov Berman, s.l., 23 ottobre 1941 (in ebraico); ivi, b. 23, «Cenni sulla attività didattica e scientifica del Prof. Elia S. Artom nel periodo settembre 1939-ottobre 1944», s.l., s.d. (ma posteriore al 2 novembre 1944, data della lettera di monsignor Silvio Oddi ad Artom, alla cui risposta il documento qui citato fu allegato); «Notizie generali», s.l., s.d., allegato a minuta di lettera di E. S. Artom all’Ufficio del personale dell’Università di Firenze, Gerusalemme, 21 aprile 1964. Su Hanna M. Spitzer si veda Hanna Miryam Spitzer, in D. Tidhar, Entsiklopedyah, cit., vol. 3, 1949, p. 1181, <http://www.tidhar.tourolib.org> (accesso 15 settembre 2020, in ebraico); <https://web.nli.org.il> (accesso 5 ottobre 2020). Riguardo a rav Berman si veda Ha-rav Ya‘akov Berman, in D. Tidhar, Entsiklopedyah, cit., vol. 4, 1950, pp. 1757-1758 <http://www.tidhar.tourolib.org> (accesso 5 ottobre 2020, in ebraico); Abraham Wein, Berman, Jacob, in F. Skolnik, M. Berenbaum (eds.), Encyclopaedia Judaica, cit., vol. 3, p. 462.
[80] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, minuta di lettera di E. S. Artom a Moshe Auerbach, s.l., 5 agosto 1942; risposta di M. Auerbach a E. S. Artom, Petah Tikvah, 14 agosto 1942 (entrambe in ebraico).
[81] A. M. Piattelli, La sinagoga di rito italiano, cit., pp. 122-123.
[82] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, minuta di lettera di E. S. Artom all’Irgun ‘Ole Italia, s.l., 12 febbraio 1940.
[83] Ivi, lettera dell’Irgun ‘Ole Italia a E. S. Artom, Tel Aviv, 5 marzo 1940. L’Irgun aveva già consigliato Artom in tal senso, ivi, lettera dell’Irgun ‘Ole Italia a E. S. Artom, Tel Aviv, 17 ottobre 1939, in risposta a quella di Artom del 13 ottobre. Riguardo a Enzo Bonaventura, professore di psicologia presso la Hebrew University, espulso dall’Università di Firenze e giunto a Gerusalemme un anno prima si veda P. Guarnieri, Enzo (Joseph) Bonaventura, in Ead., Intellettuali in fuga, cit.
<http://intellettualinfuga.fupress.com> (accesso 5 ottobre 2020).
[84] Efraim Orni, Shaked Gilboa, Mikveh Israel, in F. Skolnik, M. Berenbaum (eds.), Encyclopaedia Judaica, cit., vol. 14, p. 230.
[85] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, lettera dell’Irgun ‘Ole Italia a E. S. Artom, Tel Aviv, 17 maggio 1940. La somma prevista per i tre anni era di 220 LP, che potevano «in casi eccezionali» e a discrezione del direttore essere ridotti fino a 130 LP.
[86] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a B. Z. M. H. Uziel, s.l., 9 giugno 1940 (in ebraico), in cui Artom avvertiva di non poter svolgere la lezione concordata alla yeshiva Shaare Zion, perché doveva recarsi a ritirare il certificato; lettera del Department of Migration, Tel-Aviv Immigration Office, al preside della scuola di agraria Mikveh Israel, Tel Aviv, 29 maggio 1940; lettera di Eliyyahu Krause (preside della scuola di agraria Mikve Israel) a E. S. Artom, Tel Aviv, 31 maggio 1940 (in ebraico); minuta di lettera di E. S. Artom all’Irgun ‘Ole Italia, s.l., 16 agosto 1943.
[87] Ivi, lettera di E. S. Artom all’Irgun ‘Ole Italia, s.l., 16 agosto 1943.
[88] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a Samuel Scheps, s.l., 11 giugno 1940 (in francese). Le carte di Scheps relative a questo periodo e alla sua attività sionistica sono conservate presso The Central Zionist Archives, A496, Scheps, Samuel, <http://www.zionistarchives.org.il> (accesso 5 ottobre 2020). Il resto del suo archivio personale si trova a Zurigo, The Archives of Contemporary History, Nachlässe und Einzelbestände, S-Z, Scheps, Samuel, <http://onlinearchives.ethz.ch> (accesso 5 ottobre 2020).
[89] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, minuta di lettera di E. S. Artom a Y. Marshek, s.l., 10 giugno 1940 (in ebraico).
[90] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom alla Direzione della scuola Mikve Israel, s.l., 20 giugno 1940; lettera di E. Krause a E. S. Artom, Tel Aviv, 1º luglio 1940; E. S. Artom alla Direzione della scuola Mikve Israel, s.l., 2 luglio 1940 e 30 luglio 1940; E. Krause a E. S. Artom, Tel Aviv, 1º agosto 1940; E. S. Artom a E. Krause, Gerusalemme, 22 settembre 1940, in cui si legge che nel frattempo il figlio Emanuele si era recato personalmente a discutere la questione con Krause; di nuovo Artom a Krause, Gerusalemme, 10 ottobre 1940 e 27 ottobre 1940, senza aver ottenuto risposta (tutte in ebraico).
[91] Ivi, Krause ad Artom, Tel Aviv, 29 ottobre 1940; Artom a Krause, Gerusalemme, 1º novembre 1940; Artom a Krause, Gerusalemme, 18 marzo 1941; Krause ad Artom, Tel Aviv, 19 marzo 1941 e 4 aprile 1941; infine Artom alla Direzione della scuola Mikve Israel, s.l., 7 aprile 1941.
[92] Artom ricevette notizie dal figlio il 5 ottobre del 1942, ivi, minuta di lettera di E. S. Artom all’Irgun ‘Ole Italia, s.l., 3 febbraio 1943.
[93] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom all’Irgun ‘Ole Italia, s.l., 19 dicembre 1943. La famiglia Di Piazza risiedeva in via Oreto. Artom aveva già ripreso i tentativi per il necessario certificato, come emerge da, lettera di Angelo Fano (Irgun ‘Ole Italia) a E. S. Artom, Tel Aviv, 11 agosto 1943; risposta di Artom a Fano, 16 agosto 1943; ancora Fano ad Artom, 30 agosto 1943, in cui assicurava che l’Irgun avrebbe presentato domanda di rinnovo del certificato la settimana successiva.
[94] Ivi, lettera di A. Fano a E. S. Artom, Tel Aviv, 24 dicembre 1943; minuta di lettera di E. S. Artom all’Aliyah Department della Jewish Agency, s.l., 14 gennaio 1944 (in ebraico); l’Aliyah Department della Jewish Agency ad Artom, Gerusalemme, 20 gennaio 1944 (in ebraico).
[95] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a rav Ephraim E. Urbach, Gerusalemme, 26 gennaio 1944; minuta di lettera di E. S. Artom a rav Yitzchak Halevi Herzog, 26 gennaio 1944. Su Urbach si veda Isaiah M. Gafni, Ephraim Elimelech Urbach (1912-1991), «Proceedings of the American Academy for Jewish Research» 59, 5-10, 1993, <http://www.jstor.org> (accesso 5 ottobre 2020); CAHJP, Archivio E. E. Urbach, P118.
[96] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 25, lettera di A. Fano a E. S. Artom, Tel Aviv, 26 maggio 1944; minuta di lettera di E. S. Artom ad Ada Sereni, 27 giugno 1944, cui restituisce il denaro procurato al figlio, come richiesto da Sereni stesso; risposta di A. Sereni ad Artom, Giv‘at Brenner, 6 luglio 1944. Era stato Umberto Nahon a chiedere a Sereni di far avere la somma a Meir.
[97] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom all’Irgun ‘Ole Italia, s.l., 31 agosto 1944.
[98] Ivi, lettera di A. Fano a E. S. Artom, Tel Aviv, 29 settembre 1944.
[99] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom al Department of Migration, Tel Aviv Immigration Office, s.l., 18 ottobre 1944; Artom all’Aliyya Department della Jewish Agency, s.l., 30 ottobre 1944.
[100] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a Israel Libertovski, s.l., novembre 1944. Libertovski era un volontario nell’esercito britannico allora in Italia, cui Artom si rivolse per trasmettere il proprio messaggio al figlio. Il fratello di Miriam, Saul, aveva sposato la cugina di Meir, Hulda Cassuto, figlia di Umberto e Bice Corcos.
[101] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a Israel Libertovski, s.l., 13 novembre 1944.
[102] Massimo Longo Adorno, Gli ebrei fiorentini dall’emancipazione alla Shoà, Firenze, Giuntina 2003, p. 145.
[103] E. L. Rossi Artom, Gli Artom, cit., p. 203.
[104] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 23, minuta di lettera di E. S. Artom al MPI, Gerusalemme, 21 luglio 1944.
[105] Ivi, MAE, Divisione Italiani all’estero, n. 53/4535/405, «Appunto per il Mons. Clarizio della Segreteria di Stato di S. Santità», Roma, s.d., precedente al 2 novembre 1944, data della lettera di Oddi ad Artom; minuta di lettera di Artom al preside della Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze, Gerusalemme, 10 ottobre 1949.
[106] E.S. Artom, Umberto Cassuto, cit. L’Università di Firenze continuò a riportare il suo nome (in alcuni casi errato) nell’elenco dei liberi docenti fino all’anno in cui morì, Università degli Studi di Firenze, Annuario per gli anni accademici 1943-44–1952-53, Firenze, Empoli, Poligrafico Toscano, 1954, p. 74; Università degli Studi di Firenze, Annuario per gli anni accademici 1953-54–1954-55–1955-56, Firenze, Empoli, Poligrafico Toscano, 1957, p. 148; Università degli Studi di Firenze, Annuario 1956-1959, Firenze, 1960, p. 233; Università degli Studi di Firenze, Annuario 1959-1960, Firenze, 1961, p. 149; Università degli Studi di Firenze, Annuario 1960-1962, Firenze, 1963, p. 233; Università degli Studi di Firenze, Annuario 1962-1964, Firenze, 1965, p. 445; Università degli Studi di Firenze, Annuario 1964- 1965, Firenze, 1967, p. 383.
[107] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 50, lettera di Alfredo Orvieto a E. S. Artom, Firenze, 17 luglio 1949; lettera di Marcello Pacifici a E. S. Artom, Firenze, 18 luglio 1949; lettera di Fernando Belgrado a E. S. Artom, Firenze 20 luglio 1949. Avrebbero dovuto incontrarlo Marcello Pacifici, ex allievo e amico di famiglia, nonché membro del consiglio, e Fernando Belgrado (1913-1998), futuro rabbino capo di Firenze (1963-1978).
[108] A.M. Piattelli, Repertorio, cit.
[109] ACEFi, verbale del Consiglio della Comunità, Firenze, 7 luglio 1949. CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 50, lettere di A. Orvieto a E. S. Artom, Firenze, 17 e 25 luglio 1949.
[110] Ivi, minuta di lettera di E. S. Artom a A. Orvieto, Torino, 20 luglio 1949.
[111] Ivi, lettera di Orvieto ad Artom, Firenze, 25 luglio 1949
[112] Ivi, lettera di Orvieto ad Artom, Firenze, 6 novembre 1949, con allegati schema di contratto ed estratto delle «leggi vigenti in materia rabbinica»; minuta di lettera di Artom a Orvieto, s.l., 20 novembre 1949; lettera di Orvieto ad Artom, Firenze, 11 dicembre 1949, nella quale gli comunicava il prematuro ed improvviso decesso di Marcello Pacifici.
[113] Ivi, lettera di Orvieto ad Artom, Firenze, 16 gennaio 1950.
[114] Ivi, minute di lettera di Artom ad Orvieto, s.l., 25 gennaio e 20 febbraio 1950.
[115] Ivi, minuta di lettera di Artom ad Orvieto, s.l., 10 aprile 1950; lettera di Orvieto ad Artom, Firenze, 23 aprile 1950 con allegate lettera di Raffaele Cantoni (presidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane), Roma, 31 marzo 1950, e risposta di Orvieto all’UCII, Firenze, 23 aprile 1950.
[116] Ivi, copia di lettera del Prefetto di Firenze a Orvieto, Firenze, 8 settembre 1950, allegata a lettera di Orvieto ad Artom, Firenze, 17 settembre 1950.
[117] Ivi, minuta di lettera di Artom a Orvieto, s.l., 27 settembre 1950, in cui Artom prende atto della situazione e si considera sciolto da ogni obbligo; lettera di Orvieto ad Artom, Firenze, 24 novembre 1950, in cui conferma l’interruzione delle trattative. Subito dopo il Consiglio chiese a Paolo Nissim (1912-1969), che si insediò ad ottobre del 1951 e tenne la cattedra fino al settembre del 1952; cfr. ACEFi, verbale del Consiglio della Comunità, Firenze, 26 novembre 1950. Su Nissim, si veda A.M. Piattelli, Repertorio, cit.
[118] CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 50, minuta di lettera di Artom a Orvieto, s.l., 5 agosto 1952.
[119] ASUFi, Fondo Liberi docenti, b. 3, f. 60 «Artom Elia Samuele», «Notizie generali» allegate a lettera di E. S. Artom all’Ufficio del Personale dell’Università di Firenze, Gerusalemme, 21 aprile 1964 (copia presente anche in CAHJP, Archivio della famiglia Artom, P171, b. 23).
[120] Augusto Segre, Elia S. Artom, «La Rassegna mensile di Israel», 31, 5, 1965, pp. 209-215 <http://www.jstor.com> (accesso 5 ottobre 2020).
[121] Si veda <https://hebrew-academy.org.il> (accesso 5 ottobre 2020, in ebraico)