Una storia ebraica-etiope
Fulvio Beltrami
Questa storia ebraica etiope risale a circa 600 anni fa ed è tutt’ora tramandata oralmente in Israele e in Etiopia. E’ una storia che lascia ogni essere umano meravigliato e lo illumina poiché contiene un insegnamento in grado di trasformare le nostre vite. Quando mi hanno raccontato per la prima volta la storia dell’usignolo di Palestina, il mondo mi è apparso sotto una luce diversa, inedita, mai compresa prima. Spero che questa storia possa avere lo stesso effetto su tutti voi.
Siamo nella terra di Canaan a Gerusalemme all’epoca del regno del Re Salomone. Un commerciante stava girando per la città in cerca di oggetti preziosi e rari da acquistare. In uno dei tanti mercati di Gerusalemme vide un meraviglioso uccello. Quando si avvicinò vide che si trattava di un usignolo e udì il suo canto. Un canto melodioso. Un canto che attraversava il cuore.
Il commerciante stupito e meravigliato decise di acquistare l’usignolo per portalo nella sua dimora. Il commerciante aveva visto giusto. Ogni giorno poteva ascoltare il canto dell’uccello. Quel canto procurava del bene alla sua anima tanto che non poteva più farne a meno. Era diventato normale e necessario ascoltare l’usignolo cantare.
Ma un giorno l’uccello smise di cantare. Il commerciante, disperato, non comprendeva perché improvvisamente l’usignolo, che cantava così meravigliosamente bene, aveva smesso di cantare. Lo portò da un veterinario per scoprire di che malattia soffrisse, ma non era il caso. L’uccello godeva di ottima salute. Allora andò alla ricerca di esperti in uccelli che gli potessero spiegare il motivo che aveva spinto l’usignolo a smettere di cantare. Nessuno gli potè dare una risposta soddisfacente, fino a quando, un giorno, incontrò un saggio che gli consigliò di chiedere udienza a Re Salomone, il solo che aveva il dono di comprendere il linguaggio degli animali.
Il commerciante decise quindi di chiedere udienza al Sovrano Salomone. Si recò al Palazzo. Una volta giunto al cospetto del grande Re Salomone espose il suo problema. “Mio Re, ho comprato questo uccello poco tempo fa perché cantava meravigliosamente bene. Mi faceva del bene al cuore e allo spirito. Ma ha smesso di cantare e da quanto non ascolto più il suo melodioso canto il mio spirito non è più tranquillo e non riesco a comprendere perché ha deciso di non cantare più »
Salomone guardò il commerciante e gli chiese di avvicinarsi e di dargli l’uccello rinchiuso nella gabbia. Il commerciante ubbidì consegnando l’uccello al Re. Salomone prese la gabbia tra le sue mani e cominciò a parlare all’usignolo. «Parla uccello. Dimmi perché hai smesso di cantare »
L’usignolo guardò Re Salomone e gli rispose. « Un giorno stavo cantando come d’abitudine quando un corvo mi si è avvicinato e mi ha chiesto perché cantassi così bene e così forte. Gli risposi che cantavo nella speranza di essere liberato. Il corvo mi ha risposto : è perché canti così bene che ti tengono prigioniero in questa gabbia e non sarai mai libero. Mio Re, quel giorno compresi che ero destinato a vivere il resto della mia vita in questa gabbia, mi sono rassegnato ed ho deciso di smettere di cantare ».
Il Re Salomone tradusse al commerciante quello che l’usignolo gli aveva detto. Una volta che il commerciante apprese la verità fu sconvolto come se il cielo gli fosse cascato sulla testa. Questo uomo, che apprezzata e amava così tanto l’usignolo per il suo melodioso canto, prese coscienza che stava uccidendo l’anima dell’usignolo, tenendolo prigioniero nella gabbia solo per rallegrare il suo cuore e il suo spirito. Decise quindi di aprire la gabbia e liberarlo per poter sentire il meraviglioso canto per l’ultima volta prima che l’usignolo potesse vivere in pieno il suo diritto alla libertà.