La parashà che leggeremo questo shabbat apre il terzo libro della Torà, quel libro chiamato “torat ha cohanim – la legge dei sacerdoti” o “torat ha korbanot – la legge dei sacrifici”.
In esso sono comandate regole che riguardano il culto del Mishkan e, soprattutto, il comportamento dei sacerdoti verso il Tempio, verso se stessi e verso il popolo, attraverso il mantenimento e l’esecuzione delle regole delle purità e delle impurità.
Una cosa strana salta all’occhio di colui che legge dal sefer Torà:
La lettera א della parola ויקרא è scritta più piccola, rispetto alle altre lettere del testo.
Molti sono i tentativi di spiegazione, da parte dei nostri Maestri, ma una sembra essere molto profonda.
Nel talmud è scritto:
” לתורה קדמה ארץ דרך” “L’educazione ha preceduto la Torà!”.
C’è, nell’interpretare questa stranezza, un profondo insegnamento.
La א piccola vuole indicare il rispetto che il Signore D-o aveva per Mosè.
Infatti quando il Signore chiamava Mosè, anche da mezzo al popolo, lo chiamava con rispetto ed educazione.
Insegnano i Maestri che, per quanto una persona sia importante (nel caso specifico parliamo di D-o), nel momento in cui deve rivolgersi al Maestro o al Rav, ha il dovere di farlo con umiltà, rispetto ed educazione.
Anche se il Rav fosse suo figlio – insegna la halakhà – il padre in pubblico, non può chiamarlo per nome ma aspettare di avvicinarsi a lui, il più vicino possibile e se deve riprenderlo, lo faccia sottovoce e mai davanti a tutti.
Racconta il midrash che, quando il Signore doveva parlare con Mosè, gli sussurrava in un orecchio, come un lieve alito di vento.
Shabbat shalom