All’inizio della drammatica parashà in cui viene narrato l’episodio del “vitello d’oro” e le punizioni per tutti coloro che si sono macchiati di quella grave colpa, la Torà torna a ripetere tutte le regole della costruzione del Mishkan.
Oltre alle regole teoriche, il Signore indica anche coloro che saranno il braccio e la mente per la sua costruzione: Bezzalel e Aoliav.
Finita la spiegazione, la Torà si sofferma a dettare nuovamente le regole per l’osservanza dello Shabbat: “ve shamerù benè Israel et ha shabbat la’asot et ha shabbat ledorotam berit ‘olam” “….e osserveranno i figli di Israele lo Shabbat per metterlo in pratica nelle loro generazioni, come patto eterno” ( è questa la quarta volta in cui si comandano le regole per la “shemirat shabbat – l’osservanza dello shabbat”) e ancora una volta, troveremo la mizvà della shemirat shabbat, nella parashà della prossima settimana.
Per quale motivo ciò avviene? È forse lo shabbat una mizvà che il Signore ha particolarmente a cuore e per questo continua a comandarne la sua osservanza? Chiaramente si.
Spiegano i commentatori che ogni volta che viene ripetuto l’obbligo dell’osservanza sabatica, è sottintesa una o più mizvot, inerenti proprio questo precetto.
Le trentanove melakhot (le opere creative proibite di sabato) e le loro ghezerot (le decretazioni – cioè tutto ciò che deriva dalle opere creative) e le takkanot (aggiustamenti rabbinici che ampliano e chiariscono tutti i divieti), vengono imparate proprio dalla costruzione del Mishkan e da quelli che furono i lavori necessari alla sua fabbricazione e degli utensili necessari allo svolgimento dei sacrifici.
Cosa ci vuole insegnare la Torà con tutto ciò?
Molte religioni, si comportano in modo diverso: se debbono fare qualcosa considerata sacra, danno ad essa la precedenza, su qualsiasi altra anche apparentemente più importante.
Cioè: gli ebrei, nel momento in cui si accingono a costruire il Mishkan, il Santuario, la casa di D-o, quindi massimo grado di santità, avrebbero potuto pensare che la santità di quest’opera fosse più alta di ogni altra cosa e avrebbe avuto la prevalenza persino sullo shabbat.
Il Signore attraverso la ripetizione del divieto di lavorare e di profanare lo shabbat, vuole distinguere la santità del Tempio da quella di quel giorno così importante, dando delle regole ben distinte sul comportamento riguardo l’osservanza di queste due mizvot, di eguale importanza ma ben distinte tra loro.
Se il Mishkan è la testimonianza della presenza del popolo ebraico nel mondo, e la sua costruzione è considerata la massima sacralità per tutto il popolo, lo shabbat è la testimonianza del Signore, creatore del cielo e della terra che proprio dopo la loro creazione si riposò santificandolo.
Anche il popolo di Israele è il fine dei progetti divini ed il Mishkan è l’abitazione divina! La sua opera quindi, deve subire un’interruzione, una cessazione nel momento della sua costruzione; interruzione che deve avvenire proprio in quel giorno che il Signore ha proclamato santo.
Shabbat shalom