Questo shabbat leggeremo la parashà di terumà, in cui il Signore dice a Mosè di raccogliere offerte (terumot) da tutto il popolo, per costruire un Mikdash (santuario), non tanto come dimora divina, quanto come punto di riferimento e di unicità per il popolo. Il Mishkan, santuario del deserto, e poi il Bet ha Mikdash a Gerusalemme, erano considerati i punti di riferimento del popolo, sia spirituale (il Bet ha Mikdash era l’unico luogo dove venivano offerti i sacrifici), sia amministrativo della vita del popolo (lì c’era o operava il Sinedrio, che era l’organo amministrativo della giustizia).I nostri Maestri ci fanno notare che l’espressione “prendano per me una terumà” è svolta dal popolo e rivolta al popolo, il quale ha il dovere di farsi messaggero e auto responsabile della mizvà della raccolta e della costruzione del Mikdash.
La parola terumà, usata per intendere “offerta”, ha origine dal verbo “la rum” che significa “alzare” in quanto non esiste una misura precisa dell’offerta; ognuno ha il dovere di offrire a seconda delle sue possibilità economiche, ma soprattutto prelevando qualcosa dalla sua tasca, senza mettersi a contare ciò che intende donare.Il testo della parashà continua dicendo:“….e questa è l’offerta, oro, argento, rame, lana azzurra, porpora e scarlatto, lino e pelo di pecora ecc.”Per quale motivo la Torà elenca tutte queste possibilità? Forse che ognuno poteva scegliere cosa donare?Nella parashà di Ki Tissà (Esodo, 30 vv. 11 e segg.), a proposito dell’offerta del mezzo siclo, troviamo scritto che tutti avevano il dovere di offrire mezzo siclo d’argento e “il ricco non doveva offrire di più, il povero non poteva offrire di meno da quella somma”.Per quanto riguarda le offerte, a differenza di quella appena descritta, la Torà ci dice che ogni ebreo ha il dovere di fare offerte, tanto il ricco quanto il povero, chi più chi meno in funzione alle sue tasche.Ecco allora che la Torà ci fornisce un elenco delle eventuali offerte che gli ebrei dovevano donare, per la costruzione del Mishkan: il ricco l’oro, quello meno ricco l’argento e così via fino ai prodotti di provenienza naturale, come i colori o le pelli di animali per coloro che erano meno abbienti.“Ish che mattenat jadò – ognuno secondo la possibilità della sua mano” ma tutto secondo la volontà divina che faceva e che fa del popolo di Israel un popolo di ‘ashirim – ricchi, proprio come vengono chiamati dai nostri maestri “benè melakhim – principi”.Shabbat shalom