Dopo la liberazione dalla schiavitù, la donazione della Torà – il libro della Vita e della Legge – c’è ora bisogno di un Luogo che funga da cardine dove il popolo affluisca per incontrarsi, dove si amministri la giustizia, dove si svolga la vita cultuale, dove semplicemente si ritrovi l’unità di popolo.
“ve ikchù li terumà…….. ve asù li mikdash veshakhantì betokham – prendano per me le offerte…. facciano per me un santuario ed abiterò in mezzo a loro “; D-o chiede al popolo che venga costruito quel Luogo – monumento, che abbia la funzione di essere il punto di incontro per tutto il popolo.
Il termine mikdash che noi traduciamo molto superficialmente santuario, in realtà esprime il concetto di santità, come cosa astratta; non è l’ambiente ad essere sacro, ma è la finalità che lo porta alla condizione di sacralità.
Il versetto sopra citato continua dicendo: “veshakhantì betokham – abiterò in mezzo a loro” ; questo significa che D-o non vivrà nel mikdash, ma, quando il popolo sarà lì, la presenza divina si poserà su di esso.
Quindi il santuario diverrà sacro soltanto quando sarà affollato di gente appartenente al popolo.
Quando si costruisce un qualcosa a scopo divino, quel qualcosa sarà sacro solo se si attuerà la finalità per chi è stato costruito.
Un tempio vuoto, può essere bello, pieno di libri, di sifrè kodesh, ma se non c’è chi li usa e chi lo frequenta, non vi è in esso alcuna sacralità.
La funzione del mishkan del deserto prima, del Bet ha mikdash dopo e del Bet ha keneset infine, è sempre la stessa: raccogliere tutto la massa di popolo.
La libertà, la legge e la presenza di gente garantisce la vera identità di popolo.
Shabbat shalom