“Ve ‘attà al te’atzevù veal ichar be ‘enekhem… Ki le michijà shelakhani Elo-him enna –
E ora, non rattristatevi e non inquietatevi ai vostri occhi… Perché il Signore mi ha mandato qui per farci vivere” (Bereshit 45;5)
Con la nostra parashà, termina il dramma vissuto da Giacobbe per la perdita di Giuseppe e, finalmente a distanza di vent’anni si incontrano.
Finisce una storia e ne comincia una nuova: gli ebrei scendono in Egitto e ci resteranno per quattrocento anni.
Questo è l’inizio della nostra storia; una storia fatta di sofferenze, di dolore ma anche di speranza che in futuro il Signore ci riservi una vita migliore e più serena.
Non a caso, questa parashà viene letta lo shabbat che precede il digiuno del 10 di Tevet, in cui, secondo la decisione del Rabbinato centrale di Israele, viene recitato un Kaddish per tutte le vittime della Shoah.
Se la Shoah ha segnato la pagina più nera della nostra storia, ci ha lasciato però un messaggio forte, impresso nelle nostre anime e nelle nostre coscienze: non dimenticarsi mai di ciò che è stata la nostra storia e prendere il passato come esperienza per il nostro presente e il nostro futuro.
La schiavitù egiziana, le varie persecuzioni e anche la Shoah devono farci riflettere sul come rapportarci con il nostro prossimo e, soprattutto con i nostri fratelli.
Shabbat Shalom