Allora Giuda si avvicinò a lui e disse: “deh o signor mio, il tuo servo dirà ora una cosa alle orecchie del mio signore e non adirarti contro il tuo servo perché tu sei come il faraone”.
Il Ba’al ha Turim sostiene che Giuda si rivolge a Giuseppe in senso di sfida, dicendogli: “io sono come te”.
Il suo comportamento è giustificato dal fatto che Giuseppe sta accusando ormai da troppo tempo Beniamino di furto, dopo aver accusato gli altri fratelli di essere delle spie.
Secondo l’interpretazione di Rashì, si deduce che Giuda si rivolge a Giuseppe duramente.
Nel midrash (bereshit rabbà 89,7) troviamo narrato che in Egitto vigeva una regola: chiunque era stato servo di qualcuno, non poteva in seguito avere incarichi speciali alla Corte del faraone.
Giuseppe invece viene incoronato viceré dal faraone, per sua diretta volontà, dato che secondo ciò che egli stesso asserisce “non esiste nessun altro uomo saggio e intelligente come te” (bereshit 41, 39)
Per questo motivo Giuda si rivolge così aspramente a Giuseppe: egli vuole far capire a suo fratello (ancora non rivelatosi) che, se non fosse stato per le simpatie del faraone, sarebbe rimasto schiavo o almeno uno qualunque.
Davanti ai propri fratelli, come accadde per Giuseppe e i suoi fratelli, non bisogna mai elevarsi al di sopra; bisogna tenere e mantenere un atteggiamento di umiltà e rispetto reciproco; non bisogna fare troppe differenze. Si rischia di rompere un sottilissimo filo di armonia, che invece è necessario per poter convivere.
Shabbat Shalom