Nella Parashà che leggeremo questo sabato, la Torà ci narra dell’incontro dopo venti anni fra Giacobbe ed Esaù.
Giacobbe, dopo aver preso la benedizione della primogenitura, da suo padre Isacco, è costretto a scappare a causa dell’ira di Esaù che lo vuole uccidere perché si era impossessato, oltre che della primogenitura, anche della benedizione, che aveva un forte valore economico. (Il primogenito era colui che avendo la responsabilità della famiglia dopo la morte del padre, riceveva per questo una doppia eredità).
Dietro consiglio di Rebecca sua madre e di Isacco, Giacobbe va da suo zio Labano per salvarsi dalla vendetta di Esaù e vi resta per venti anni, dopo aver avuto dodici figli maschi ed una figlia femmina.
Dapprima viene detto a Giacobbe che Esaù gli stava andando incontro con quattrocento uomini, per fargli guerra, ma poi, quando si rincontrano si abbracciano e, forse perché Giacobbe ci sa fare, si riappacificano.
La parte più importante della Parashà, però è quella che ci narra della lotta di Giacobbe con un essere, probabilmente un Angelo divino, che lo intrattiene per tutta la notte in un estenuante combattimento, in cui Giacobbe ha la meglio ed appena sorge l’alba, l’Angelo gli chiede di lasciarlo andare.
Giacobbe risponde che non lo lascerà andare, finché non lo avrà benedetto ed è a questo punto che l’Angelo gli percuote l’anca con un bastone e gli cambia il nome, da Giacobbe in Israele.
E’ un nome importante; è il nome che porterà con orgoglio, essendo il capostipite di quello che sarà il popolo che discenderà dai sui figli: il popolo di Israele e che noi portiamo con orgoglio fino ai nostri giorni.
Ma quale è il motivo di questo cambiamento?
Noi sappiamo che nella Torà, ogni volta che avviene un cambiamento di nome, avviene anche un cambiamento di vita;
Abramo e Sara subiscono da parte divina un cambiamento di nome (da Avram diventa Avraham e Sarai diviene Sarà) dopodiché avranno un figlio, Isacco, all’età di cento anni Abramo e novantanove Sara; Giosuè, che prima si chiamava Oshe’a e poi Jehoshu’a, diverrà, dopo la morte di Mosè, la guida del popolo di Israele e così via.
Il nome Ja’akov, che come ci viene raccontato dalla Torà significa calcagno; come Esaù lo interpreta, “va ja’akeveni zè pa’amaim” “ è la seconda volta che mi inganna” o addirittura suo padre dirà “è venuto tuo fratello con l’inganno”, vuol dire “contorto” in quanto il suo carattere è assai contorto e difficile, diverrà, dopo l’esperienza della Golà da suo zio, Israel,che vuol dire: “colui che si comporta rettamente davanti a D-o, o come l’Angelo stesso lo definisce: colui che ha combattuto con D-o ed ha vinto.Da questo Shabbat, è uso esporre nelle Sinagoghe la Chanucchià, essendo il sabato che precede la festa, si vuole rendere noto a coloro che vengono in Tempio, che nella settimana inizierà la festa di Chanuccà e quindi affrettarsi alla sua preparazione.
Infatti venerdì sera prossimo, prima che entri lo Shabbat, accenderemo in tempio la chanucchià.
A tutti Voi un caloroso Shabbat Shalom