Un vecchio proverbio giudeo italiano, suona con le parole: “Con vaishlach viene il freddo, incalza con beshallach e se ne va a shelach”. Sembra proprio che la saggezza del nostro popolo, non sbagli affatto. Infatti già dall’inizio della nostra settimana, il freddo non si è fatto attendere!
“Vaishlach Jaakov malakhim lefanav – E Giacobbe inviò dei malakhim davanti a lui, a Esaù suo fratello “. Sembra proprio che Giacobbe avesse il pallino dei malakhim; infatti la parashà della settimana scorsa iniziava e terminava citando i malakhim (il sogno della scala e i due accampamenti di angeli).
Questa inizia e prosegue con la citazione di altri malakhim: essi sono citati già nella seconda parola della parashà e leggeremo di un malakh che combatterà con Giacobbe, colpendolo al nervo ischiatico e cambiandogli il nome in Israel.
Chi sono questi malakhim di cui più volte si parla nella Torà?
Sicuramente non sono creature divine con ali e aureola ma quasi sicuramente dei messaggeri, a volte divini a volte messaggeri umani.
Come Giacobbe invia messaggeri (malakhim) ad Esaù, sia per paura di una guerra che costui gli avrebbe potuto muovere contro sia in forma pacifica, anche Esaù invia malakhim a Giacobbe ma non con le stesse intenzioni di suo fratello.
Infatti, secondo una interpretazione, l’angelo che combatte tutta la notte con Giacobbe, non era altri che un messaggero di Esaù che tentava di ucciderlo.
Secondo altri commentatori questi malakhim non sarebbero altro che i nostri sentimenti che a volte si elevano verso l’alto a volte si abbassano, a volte hanno persino la forza di far cambiare il percorso della nostra vita.
Proprio come avviene a Giacobbe dal momento in cui cambia il suo nome in Israel.
La forza della propria volontà di uscire da certe situazioni, fa sì che possa far emergere la propria persona in cima a situazioni particolarmente critiche.
Shabbat shalom