Se con la parashà di Toledot che abbiamo letto sabato scorso, si sono delineate le strade della storia del popolo ebraico, nella parashà di Vajezzè che leggeremo questo shabbat, troviamo la promessa divina a Giacobbe, che la sua discendenza sarà numerosa come le stelle del firmamento, ma soprattutto godrà di una protezione divina particolare, rispetto agli altri popoli.
Essa inizia con il famoso sogno che Giacobbe, fuggito dalla casa paterna, per paura di una vendetta da parte di suo fratello Esaù. E’ costretto a passare la notte fuori casa ed è proprio in quella notte che si imbatte in una forte sensazione che gli proviene da un sogno (quello della scala la cui cima arrivava in cielo).
Proprio in quel sogno vi è la promessa di D-o che gli appare e gli garantisce di farlo tornare alla casa di suo padre, sano e salvo.
Giacobbe destatosi, consacra quel luogo e lo chiama Bet El (casa di D-o).
Quel luogo, secondo la tradizione esegetica, sarebbe lo stesso luogo dove Abramo avrebbe dovuto sacrificare suo figlio Isacco e, secondo ancora la tradizione, lo stesso su cui re Salomone edificherà il Bet ha Mikdash – il Tempio di Gerusalemme, conosciuto anche con l’appellativo di Bet El.
I commentatori, ci insegnano a capire il modo con cui loro arrivano a questa deduzione abbastanza strana:
Nel testo della parashà di Vajezzè è scritto:
“ Va ifgà ba makom vajalen sham ki va ha shemesh, va ikkach me avnè ha makom va jasem me raashotav, va ishkav ba makom ha ù”
(si imbattè in un luogo perchè stava tramontando il sole, prese delle pietre del luogo e le mise sotto la sua testa, si addormentò in quel luogo).
La parola makom-luogo, vuole esprimere nell’ebraico biblico un senso di sacralità: “luogo sacro” e in questo versetto è ripetuta per ben tre volte.
A proposito dell’ “Akedat Izchak”(il sacrificio di Isacco) troviamo un comportamento analogo da parte del testo: al capitolo 22 della Genesi troviamo scritto: verso 3 “ va jashkem Avraham ba boker va jachavosh et chamorò va ikkach et shenè ne’arav ittò vet Izchak benò va ivakkà ‘azzè ha ‘olà va jakom va jelekh el ha makom asher amar lo ha Elo-him” (e Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino prese con se due servi, suo figlio Isacco, radunò la legna per il sacrificio, si alzò e andò verso il luogo che gli aveva detto il Signore) verso 4 “ba jom ha shelishì va issà Avraham et ‘enav va jar et ha makom me rachok” (al terzo giorno Abramo alzò i suoi occhi e vide il luogo da lontano)
In questo brano di Torà precedente all’altro, la parola makom-luogo viene citata due volte, quindi una volta in meno.
Perchè?
Nel brano del Deuteronomio, in cui si parla dell’obbligo di festeggiare i tre pellegrinaggi, e di recarsi al Santuario in Gerusalemme, troviamo scritto:
Deut. Cap.16 v.16
“ Shalosh pe’ammim ba shanà jeraè kol zekhurekhà et penè A’ Elo-hekha ba Makom asher ivchar A’” (per tre volte all’anno ti mostrerai al cospetto del Signore tuo D-o nel luogo che Egli ha scelto).
Eccola la terza volta!
Per cui gli esegeti hanno voluto indicare che sia il luogo dove Abramo avrebbe dovuto sacrificare Isacco, sia il Luogo dove Giacobbe ha sognato la scala, sono lo stesso Luogo sacro, dove in seguito verrà costruito il Bet ha Mikdash.
Shabbat shalom