In questi giorni si celebra l’anniversario della pubblicazione del primo articolo di Albert Einstein sulla teoria della relatività (quella “speciale”), uscito nel novembre 1905. Lo vorremmo ricordare con questo gustoso passo tratto dalle Sette brevi lezioni di fisica (Adelphi 2014, pp. 47-48) di Carlo Rovelli, fisico teorico responsabile dell’Équipe de gravité quantique del Centre de physique théorique dell’Università di Aix-Marseille e grande divulgatore.
C’è una situazione paradossale al centro della nostra conoscenza del mondo fisico. Il Novecento ci ha lasciato le due gemme di cui ho parlato: la relatività generale e la meccanica quantistica. Sulla prima sono cresciute la cosmologia, l’astrofisica, lo studio delle onde gravitazionali, dei buchi neri e molto altro. La seconda è diventata la base della fisica atomica, della fisica nucleare, della fisica delle particelle elementari, della fisica della materia condensata e molto altro. Due teorie prodighe di doni e fondamentali per la tecnologia odierna, che hanno cambiato il nostro modo di vivere. Eppure le due teorie non possono essere entrambe giuste, almeno nella loro forma attuale, perché si contraddicono l’un l’altra.
Uno studente universitario che assista alle lezioni di relatività generale il mattino e a quelle di meccanica quantistica il pomeriggio non può che concludere che i professori sono citrulli, o hanno dimenticato di parlarsi da un secolo: gli stanno insegnando due immagini del mondo in completa contraddizione. La mattina, il mondo è uno spazio curvo dove tutto è continuo; il pomeriggio, il mondo è uno spazio piatto dove saltano quanti di energia.
Il paradosso è che entrambe le teorie funzionano terribilmente bene. La Natura si sta comportando con noi come quell’anziano rabbino da cui erano andati due uomini per dirimere una contesa. Ascoltato il primo, il rabbino dice: “Hai ragione”. Il secondo insiste per essere ascoltato, il rabbino lo ascolta, e gli dice: “Hai ragione anche tu”. Allora la moglie del rabbino, che orecchiava da un’altra stanza, urla: “Ma non possono avere ragione entrambi!”. Il rabbino ci pensa, annuisce, e conclude: “Anche tu hai ragione”.
Gianfranco Di Segni, Collegio rabbinico italiano